Mattino, in pensione
l’ultimo degli inviati

SONO TRASCORSI esattamente sette mesi da quando il comitato di redazione del Mattino (Aldo Balestra, Paolo Mainiero, Adolfo Pappalardo per la sede centrale, Petronilla Carillo per le distaccate e per i collaboratori contrattualizzati Marcello Colella) firmò con il presidente della società editrice Massimiliano Capece Minutolo del Sasso e con i delegati del sindacato regionale e della Fnsi l’accordo che prevede nell’arco di un biennio sette prepensionamenti e l’uscita dal giornale di Gigi Di Fiore che ha 41 anni e quattro mesi di contributi.
Da allora l’unica parte dell’accordo operativa sin da maggio è la cassa integrazione per i giornalisti. Per i prepensionamenti è tutto fermo anche

se due degli uscenti, Nicola Battista e Gino Giaculli, hanno già raggiunto i requisiti per lasciare Torre Francesco. 
Dal ministero del Lavoro non arrivano segnali. In teoria il prossimo decreto dovrebbe riguardare i redattori del Mattino ma c’è da sciogliere il nodo Messaggero. Il quotidiano romano ha concluso il biennio dello stato di crisi il 22 settembre scorso, delle venti uscite richieste però ne ha utilizzate soltanto

Gigi Di Fiore

dodici. Ha quindi chiesto la proroga dello stato di crisi per coprire le altre otto caselle. Il ministero per ora ha autorizzato la proroga della cassa integrazione ma non si è ancora pronunciato sulla seconda tranche di uscite. L'eventuale accoglimento della domanda sarebbe una decisione anomala e un precedente pericoloso: il Messaggero andrebbe infatti a scavalcare quotidiani, come il Mattino, che da mesi sono in attesa di occupare le caselle vuote. A via del Tritone sono comunque ottimisti e pensano che entro dicembre arriverà la decisione del ministero, anche perché il 12 gennaio compie i sessantadue anni e potrebbe lasciare il giornale Leonardo Iattarelli del settore Cultura.
Al Mattino ha intanto deciso con il nuovo anno di andare in pensione Gigi Di Fiore che il 2 gennaio compie sessantatré anni. Napoletano, una laurea in Giurisprudenza con Giuseppe Abbamonte (“mio padre mi voleva magistrato, ma bastò la prima lezione di preparazione al concorso per capire che non era la mia strada”), esordi nel giornalismo all’agenzia Rotopress e al settimanale Napoli Oggi di Orazio Mazzoni, due anni dopo con Gino Grassi il passaggio al quotidiano Napolinotte, quindi al Giornale di Napoli ancora con Mazzoni.
Nel 1987 la svolta: conosce l’inviato del Giornale, diretto da Indro Montanelli, Beppe Nocera che dopo qualche mese lo chiama perché si è liberato un posto a Milano. “Un’esperienza straordinaria al desk degli interni a passare i pezzi di cronisti molto bravi che dura poco più di un

Indro Montanelli e Sergio Zavoli

anno perché mi chiama il redattore capo del Mattino Giacomo Lombardi per dirmi che a via Chiatamone ci saranno delle assunzioni. Ci penso un po’ e poi decido di tornare. Il primo agosto 1988

veniamo assunti in tre: Francesco Marolda, Elio Scribani e io”. Gira tra cronaca, interni con Gianni Campili, province e nel 1991 diventa vice capo servizio. Nel ’94 con un’azione giudiziaria (un articolo 700) diventa capo servizio e Sergio Zavoli lo promuove inviato. “Allora eravamo nove inviati, oggi, e ancora per poco, ci sono soltanto io”.
Va ricordato infine che in oltre quaranta anni Di Fiore ha affiancato all’attività giornalistica la produzione di venticinque libri, dal primo nel 1987 all’ultimo quest’anno, e ha raccolto una ventina di premi.