Polverino e le malversazioni

Nel diritto penale italiano la malversazione è un reato che ha come scenario abituale gli ambienti della pubblica amministrazione perché punisce un soggetto che si fa dare soldi da un ente pubblico per attività di interesse pubblico e invece li va a spendere al casinò di Nizza oppure se li mangia ad Acapulco con qualche escort. Ora, Pietro Funaro è un giornalista, direttore della rivista regionale Arpac (tradizionale terreno di pascolo delle truppe di Clemente Mastella da Ceppaloni), autore di molti libri di successo e, come informa nelle note autobiografiche nel profilo di Facebook, plurilaureato all’università di Cassino (ateneo caro ai giornalisti napoletani e comodo per la sua vicinanza con il centro storico partenopeo). Per le imminenti amministrative Funaro è leader e portavoce di Alleanza per Napoli con te, una nuova formazione che appoggia il candidato sindaco Gianni Lettieri.
Ma dove va a parare questo lungo e noioso sproloquio? Il 24 marzo Funaro invia ai giornali una nota con la quale spiega i motivi della nascita del nuovo soggetto politico e, tra l’altro, afferma: “Il coniungo tra esperienza consolidata di esponenti della vita amministrativa della città capoluogo con le idee nuove di giovani e donne che si cimentano per la prima volta in una campagna elettorale sarà la nostra carta vincente”.
Ma il giorno dopo Funaro, alquanto contrariato, invia un secondo comunicato intitolato “Le nostre liste non sono ispirate”, polemizzando con certa stampa che ipotizza maliziosamente manovre preelettorali oscure: “Leggo con profondo stupore che alcuni colleghi giornalisti di diverse testate napoletane accostano la presentazione delle nostre liste per le prossime consultazioni amministrative ad una volontà del consigliere regionale Roberto Conte. Nulla di più sbagliato”.
Forse i colleghi giornalisti, sempre superficiali e frettolosi, si sono lasciati ingannare da quel Alleanza per Napoli con te dove le parole con te, sembrano maliziosamente abbracciate. E lo stesso Funaro nella fretta dice che quelle due parole “sono usate anche dal presidente della regione Lazio Polverino per le sue liste” e così scopriamo che il boss della camorra di Marano Giuseppe Polverino, detto ‘o barone ed erede del boss defunto Lorenzo Nuvoletta, si è insediato ai vertici della Regione Lazio al posto di Renata Polverini. E per chiarire il concetto, in un crescendo devastante che ci catapulta al centro di uno tsunami, conclude: “Vogliamo condurre e condurremo una campagna elettorale libera da vincoli ed orpelli di ogni genere e desideriamo avere i soliti, normali e cordiali rapporti con la stampa evitando ogni attrito o malversazione contro la quale siamo pronti a difenderci in ogni sede”.
Giusto, giustissimo, evitare malversazioni. Ma che c’azzecca, direbbe Antonio Di Pietro, in questo contesto? Sarà stata la foga del discorso, la legittima amarezza a confondere le idee a Funaro, dirigente di struttura presso l’Arpac, che forse intendeva parlare di vessazione, reato ugualmente odioso e che sta a indicare gravi molestie e tentativi di opprimere e perseguitare qualcuno. O forse sarà stato il ricordo della vicenda Tav e del falso ingegner Varricchio (un carabiniere infiltrato per indagare sulle tangenti per l’Alta Velocità).
Per quella inchiesta Funaro finì in carcere nel 1996. Sul Corriere della Sera, a pagina 4 del 10 ottobre 1996, Fulvio Bufi scriveva: “Ma in più occasioni è lo stesso Rocco Fusco a fare altri nomi al finto ingegner Varricchio, dicendogli, per esempio, che i garanti dell' equa spartizione tra i partiti erano Salvatore Vozza e il presidente Antonio Rastrelli. Di quest' ultimo parla anche Pietro Funaro, interrogato in carcere il 27 settembre scorso. Riferisce di un incontro che ebbe come tema l' individuazione delle imprese da coinvolgere nei lavori e spiega che "per caso c'è stato anche il presidente Rastrelli". Da quella vicenda giudiziaria Funaro uscì poi assolto, come Rocco Fusco, il 18 marzo 2003 con una sentenza emessa dal tribunale di Nola (presidente Bruno D’Urso). Insomma, quel “malversazioni” è un lapsus calami. O un lapsus freudiano.

Hans Schnier

 

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