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Scribani cita il Mattino spa per
dequalificazione professionale
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NEL ’99 FIRMA 169 tra articoli e inchieste; nel 2000 155; l’anno successivo ne scrive 160; 135 nel 2002; nel 2003 il crollo: ne firma 45; nel 2004 diminuiscono ancora: 41, con una media inferiore a tre articoli e mezzo al mese; nel 2005 addirittura un solo pezzo nell’intero mese di settembre: questo il percorso da gambero veloce del cronista del Mattino Elio Scribani.
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Una riduzione secca di ossigeno che ha sbiadito la presenza sulle pagine del giornale di uno dei cronisti di punta degli anni novanta.
Napoletano, cinquantasei anni, da ventiquattro professionista, Scribani, viene assunto al Mattino il primo agosto del 1988
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Gianni Ambrosino, Carlo Nicotera e Mario Orfeo |
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insieme a Gigi Di Fiore e Francesco Marolda; alle spalle ha il praticantato al settimanale Napoli Oggi, edito e diretto da Orazio Mazzoni, un’esperienza di capo cronista dal 1983 al 1985 al quotidiano Napolinotte e la lunga gavetta da collaboratore del Mattino con Giovanni Virnicchi alla redazione di Benevento e alla cronaca cittadina diretta da Carlo Franco.
Nel ’92 il direttore Pasquale Nonno promuove Scribani capo servizio, con l’incarico di responsabile della cronaca nera, incarico che tre anni più tardi il direttore Graldi raddoppia affidandogli anche la guida della giudiziaria. Nel luglio del 2002 arriva alla direzione del Mattino Mario Orfeo e a fine anno comincia l’oscuramento di Scribani. Perché?
I vertici del giornale negano che ci sia la volontà di emarginare il giornalista. Il comitato di redazione (Gianni Ambrosino, Enzo Ciaccio e Francesco Romanetti) non sa dare una spiegazione. “Siamo di fronte – dichiara Gianni Ambrosino, cdr e presidente dell’Associazione napoletana della stampa – a un caso patente di dequalificazione professionale: lo certificano le collezioni del |

Carlo Franco, Paolo Graldi e Giovanni Virnicchi
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giornale e la quotidiana marginalità nella quale è costretto a operare. Eppure parliamo di un professionista ineccepibile: capace, rigoroso, puntuale. Perché allora non utilizzarlo? È una domanda alla quale noi cdr non siamo riusciti a ottenere risposta". Nel
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settembre del 2005 Scribani scrive un solo articolo: viene arrestato Paolo Di Lauro, noto come Ciruzzo ‘o milionario, e il vice della cronaca Vittorio Del Tufo, in assenza del capo, Carlo Nicotera, gli affida un ritratto del boss di Scampia. Poi il silenzio.
Per Scribani è la goccia decisiva: cita in giudizio il Mattino, affidandosi a due avvocati del foro di Milano: Caterina Malavenda, che ha tra i suoi clienti Paolo Mieli e Ferruccio de Bortoli, e Bruno Amato, assistiti dal corrispondente su Napoli, l’avvocato Valerio Romano. Chiede all’azienda il ripristino delle mansioni e delle competenze e il risarcimento del danno subito in quattro anni di congelamento professionale, che gli ha impedito di essere inserito in tutti i pacchetti di promozioni decisi dal direttore, inchiodato al grado di capo servizio ottenuto oramai quindici anni fa.
A giugno 2006 viene presentata la citazione contro il Mattino, difeso dall’avvocato Marcello De Luca Tamajo; l’udienza d’avvio del giudizio è
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fissata per il primo febbraio davanti al giudice Michele Caroppoli.
Gli avvocati di Scribani, per dimostrare il crollo quantitativo, ma anche e soprattutto qualitativo registrato negli incarichi assegnati al loro assistito, hanno |

Marcello De Luca Tamajo, Caterina Malavenda e Valerio Romano |
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depositato oltre seicento pagine del Mattino e presentato un elenco testi da primato, con 96 nomi; il Mattino spa ne ha citati soltanto sei, di cui quattro (Orfeo, Scamardella, Nicotera e Del Tufo) sono i giornalisti indicati da Scribani come responsabili della sua emarginazione; gli altri due sono pensionati: Giuseppe Calise e Franco Mancusi.
Nel luglio scorso Scribani ha indirizzato una lettera al cdr e ai presidenti dell’Assostampa e dell’Ordine campano per chiedere di essere tutelato. “Mi sono sempre occupato - scrive – dei principali avvenimenti di cronaca, prevalentemente nera e giudiziaria, spesso firmando anche in prima pagina commenti e analisi sul fenomeno della criminalità organizzata. Da oltre tre anni, però, il direttore Mario Orfeo, l’attuale responsabile delle cronache ed ex capocronista, Claudio Scamardella, e l’attuale capocronista ed ex vice capocronista Carlo Nicotera (ora capo del settore Italia, mentre la cronaca di Napoli è affidata a Giampaolo Longo, ndr), hanno messo in atto un’azione di progressiva e inesorabile emarginazione professionale, mortificando il mio lavoro fino a portarlo per quantità e qualità a livelli da semplice collaboratore”.
Dopo l’avvio dell’azione giudiziaria la situazione non è cambiata, anzi. “Negli ultimi mesi, – denuncia Scribani nella lettera al cdr - evidentemente a seguito
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Giuseppe Calise, Enzo Ciaccio e Franco Mancusi
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della notizia dell’azione giudiziaria che avevo appena intrapreso, sono stato inserito, dopo quattordici anni e senza alcuna comunicazione scritta, nei turni di copertura notturna e sono ormai sistematicamente utilizzato in redazione per la sola titolazione di |
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pagine alla cui valutazione non sono chiamato a partecipare e delle quali mi viene semplicemente notificato di volta in volta il contenuto”.
Allora ritorna la domanda: perché Scribani è di fatto in pensione? Un vecchio cronista di via Chiatamone, con un passato da sindacalista, una risposta ce l’ha: “Guardiamo i direttori emersi negli ultimi anni; la loro principale qualità è dire sempre di sì all’editore. A loro volta i direttori piazzano nei posti di comando soltanto fedelissimi. A questo punto perché la catena degli yes men dovrebbe interrompersi nel rapporto tra graduati e bassa forza?”. “Il caso Scribani – continua l’ex sindacalista – è in qualche modo esemplare perché conferma la tendenza a emarginare chi pensa di poter dire ogni tanto anche no. Per essere ancora più chiaro: tu capo di un settore hai un cronista con un cattivo carattere e un solido bagaglio professionale, un cronista che nella costruzione continua del giornale ti costringe a confrontarti, ti smonta l’inchiesta fritta e rifritta, addirittura rifiuta lavoretti oscuri. Te ne liberi e passi a utilizzare un giovane assunto da poco o un redattore professionalmente |
modesto. Anche perché chi è bravo può farti le scarpe, operazione più difficile per chi è scarso”.
Quali riflessi ha questa scelta sul prodotto? La risposta è secca: ”Velocizzi il lavoro e impoverisci il giornale. Per rendertene conto
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Ferruccio de Bortoli, Paolo Mieli e Francesco Romanetti |
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basta guardare a chi sono affidati oggi settori strategici della cronaca. Nel caso del Mattino c’è da aggiungere che, unito a un calo di copie che appare inesorabile, l’impoverimento del prodotto rischia di essere esiziale. Pochi se ne sono accorti, ma il 2006 è l’anno che ha visto per la prima volta il Mattino fuori dalla top ten dei quotidiani (sportivi esclusi) più venduti in Italia, scavalcato da Avvenire, la voce dei vescovi, e persino dal Tirreno, il giornale di Livorno”.
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