Quando la mano destra non sa quel che sta facendo la sinistra: miglior proverbio non potrebbe applicarsi per i redattori che gestiscono le pagine Primo Piano del Mattino. Per un esempio concreto vedere cosa sono stati capaci di combinare a pagina 3 del quotidiano di sabato 20 gennaio. L'argomento è di quelli alla moda: le baby gang che stanno martoriando Napoli.
Nel pezzo di piede, a firma Daniela De Crescenzo, si tutela la privacy dei minori coinvolti nell'aggressione al povero Arturo a via Foria mettendo le sole iniziali dei presunti colpevoli: F.C (o’ nano) ed F.
Potrebbero essere Francesco, Federico o altri nomi che iniziano con quella iniziale.
A spazzare via tutti i dubbi ci pensa Gigi Di Fiore che, con una interpretazione meno restrittiva della carta di Treviso, mette per esteso il nome di entrambi, Francesco, e le iniziali del cognome dell'altro completando il lavoro della De Crescenzo.
Del resto De Crescenzo e Di Fiore non vanno molto d’accordo sui nomi. Nel pomeriggio del 13 gennaio nella sala Siani del Mattino viene organizzata una tavola rotonda sull’allarme baby gang. Tra gli ospiti ci sono il questore Antonio De Iesu, il comandante provinciale dei carabinieri Ubaldo Del Monaco, il sottosegretario alla Giustizia Gennaro Migliore, il direttore dell'ufficio scolastico regionale Luisa Franzese, il procuratore capo per i minori del distretto della Corte d’appello di Napoli Maria de Luzenberger Milnernsheim.
Il direttore Alessandro Barbano approfitta della presenza delle autorità per dedicare la lunga introduzione a un suo pallino, i parcheggiatori abusivi, e non raccoglie spunti interessanti emersi dalla discussione come la proposta di Migliore di incidere sui genitori dei baby criminali. Il giorno successivo il Mattino pubblica due pagine affidate a De Crescenzo e Di Fiore. Ne viene fuori una scelta singolare: se le risposte le scrive uno la procuratrice è de Luzenberger, se le scrive l’altra il magistrato riconquista il doppio cognome. E a nessuno del desk viene in mente di unificare il cognome.  

Vostro Gino Palumbo