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Filosofi da banco |
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La sensazione di venire da un altro pianeta, che fino a qualche anno fa consideravamo la nostra principale nevrosi, ci sembra col tempo un’àncora di salvezza: crepare fuori moda come ultimo rantolo di individualità. Qualcosa avevamo sospettato, ma il Corriere del Mezzogiorno del 3 febbraio ce ne dà la conferma: fare acquisti è una navigazione a vista tra Scilla e Cariddi. Da una parte l’istintiva antipatia del commerciante napoletano per chiunque osi dargli i propri soldi; dall’altra un’atmosfera indecifrabile, per cui può capitare di rivolgersi a una persona stravaccata dietro al bancone, chiedergli un paio di |
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Corriere del Mezzogiorno del 3 febbraio |
mutande e sentirsi rispondere “no, io sono solo un amico di Puccio”, presumibilmente il negoziante. È a questa seconda categoria che il quotidiano diretto da Marco Demarco dedica quel giorno l’apertura della pagina della cultura (della cultura!), curata da Mirella Armiero, con la supervisione di Francesco Durante, con tanto di richiamo in prima: “Commessi maîtres à penser”.
L’attacco del pezzo di Fuani Marino ha il merito di chiarire subito come stanno le cose: “Sono belli, tatuati e multietnici. Sono i commessi contemporanei, quelli che scardinano il cliché del semplice addetto alle vendite”. È vero, che fastidioso cliché: entrare in un negozio, scegliere, pagare e andarsene. Mai più: costoro “sanno perfino diventare amici degli habitué”, e, anche se non è scritto, sembra di percepire una sottile minaccia, “che tu lo voglia o no”. Il nuovo commesso è un “filosofo dabanco”: immaginiamo che, se gli chiedete una giacca blu, possa a sua volta chiedervi, “immanente o trascendente?”.
Ma passiamo ai casi concreti. Da NennaPop, in via Nardones, ci sono “due esemplari di razza canina che scodinzolano tra impermeabili e sandali”, e temiamo che gli impermeabili siano a protezione dei sandali, perché alla razza canina quando scappa, scappa. “Per l’atmosfera rilassata sembra di essere in una sala da tè”: ma al povero cristo che vorrebbe comprare dei sandali, e va di fretta, il nervosismo montante impedisce di assumere caffeina. “Spesso si scivola nel personale, e alcune clienti passano da qui appositamente per farmi un saluto, spiega la collaboratrice ventiseienne. ‘È perfetta’, dichiara quella di turno, mentre cerca di infilarsi una camicia visibilmente troppo stretta”, ma se chiede la taglia superiore, evidentemente, quella le leva il saluto.
Altro negozio, altro calvario: “Le scarpe di Ernesto sono delle opere d’arte, devi interpretarle”. Da Terrazzano a piazza dei Martiri siamo entrati, lo confessiamo: le scarpe ci piacevano, ma siamo caduti sul |
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Mirella Armiero, Marco Demarco, Francesco Durante e William Shakespeare (*) |
provino. Abbiamo recitato poche battute di Shakespeare che ricordavamo, ma l’interpretazione non è piaciuta. Siamo andati via mortificati, seguiti dallo sguardo severo del commesso, che si è infine rivolto a un altro cliente gridando “motore, azione!”. Fino a una rivelazione che ci ha lasciati di stucco. “Il commesso, d’altronde, c’è chi lo cerca rigorosamente gay, chi invece li preferisce belli e di colore”. Quindi quelli gay sono per forza bianchi e brutti; ma soprattutto, che differenza può mai fare? E chi lo cerca rigorosamente gay, come fa ad accertarsene? Forse se, misurando un pantalone, invece del “difetto” parla del “pregio”?
Belli e di colore sono Billy e Paco, cugini del Senegal, che lavorano da Jossa a via Carlo Poerio, e sono in Italia da dieci anni, come spiegano “sorridendo in un italiano perfetto”, e “sistemando i capi sugli scaffali con la sicurezza di chi è di casa”, diversamente da quei tamarri dell’Upim, che ripongono le camicie nel reparto cucina e sorridono in napoletano stretto.
Ci fermiamo qui, sorvolando colpevolmente sulla tatuatrice di via Chiaia per la quale “la nostra diventa quasi una seduta psicanalitica” e i due commessi di via Domenico Morelli che definiscono il loro un “lavoro di front office”. Dobbiamo andare: ci sono finite le sigarette, e ritrovare il nostro vecchio tabaccaio, che sbaglia sempre il resto e espone in bella vista la scritta “non si fa credito a nessuno”, ci sembrerà come un nuovo sbarco sul pianeta Terra. Del fatto che il suo viso antico non troverà spazio nelle pagine della cultura del Cormezz sembra essersene fatto una ragione da tempo. |
(*) Da www.karinshah.wordpress.com |
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