Rai sconfitta in aula:
Meola è capo servizio

IL 2 NOVEMBRE comincia davanti alla sezione appello lavoro di Napoli, presidente Alessandro Bavoso e relatore Gabriele Di Maio, il giudizio di secondo grado promosso dai telecineoperatori (tco) di fatto Claudio Ciccarone e Giovanni Occhiello contro la Rai. I due giornalisti sono assistiti dall’avvocato romano Domenico D’Amati e da Rocco Truncellito del foro di Napoli, mentre la Rai è difesa dal professore Renato Scognamiglio e dall’avvocato Guido Marsiglia.
Dipendenti dell’azienda di viale Mazzini dal 1983 Occhiello (ora distaccato al Senato come responsabile dell’ufficio stampa del gruppo misto) e dal 1986

Ciccarone, entrambi professionisti dal 1998, dopo avere affrontato e superato nel marzo del ’96 le prove interne per tco organizzate dalla Rai, hanno chiesto nel maggio del ’99 alla magistratura il riconoscimento del contratto giornalistico.
“Siamo inquadrati come


Guido Marsiglia, Renato Scognamiglio e Rocco Truncellito

operatori di secondo livello; – spiega Ciccarone – eppure siamo nell’organico della redazione di via Marconi e facciamo lo stesso lavoro dei colleghi che hanno il contratto di telecineoperatori (con il coordinatore Carlo De Cesare, ci sono l’inviato Luigi Verusio, Giovanni Caruso, Giuseppe Caterino, Claudio Della Rocca, Enrico Deuringer e il componente del cdr Pasquale Piscitelli, ndr), ma non abbiamo la stessa copertura previdenziale e sanitaria e percepiamo uno stipendio di poco superiore alla metà di quello dei tco”.
In primo grado la richiesta di Ciccarone e Occhiello è stata respinta dal giudice Maria Gallo con sentenza depositata il 22 marzo 2004.
Intanto l’azienda di viale Mazzini, difesa dall’avvocato Francesco Barra Caracciolo, ha incassato una secca sconfitta nella causa promossa dalla redattrice Lelia Meola. Natali veronesi, cinquantanove anni, da ventinove professionista, esordi al Roma di Achille Lauro, in Rai dal 1987, la Meola, assistita dall’avvocato Gerardo Vitiello, poi scomparso, e dal socio Rocco Truncellito, aveva chiesto nel 2002 al magistrato di riconoscerle la qualifica di capo servizio ed è stata accontentata.
L'ha 'accontentata’ il giudice del lavoro del tribunale di Napoli Stefania Borrelli, che, con sentenza firmata il 25 maggio 2006, ha dichiarato “il diritto della ricorrente alla qualifica di capo servizio a far data dal 20 febbraio 1992”;


Giuseppe Blasi, Carlo De Cesare, Claudio Della Rocca, Luigi Verusio

ha inoltre condannato la Rai a pagare alla Meola “le differenze retributive maturate dal 20 febbraio '97 da quantificarsi in separata sede (con un nuovo giudizio o con un accordo tra le parti, ndr)” e al

risarcimento delle spese della causa, compensate per metà e liquidate “in complessivi 2500 euro”. Ha infinito dichiarato inammissibile la richiesta di risarcimento danni avanzata dalla giornalista.
In sostanza per il giudice Borrelli la Meola ha svolto attività da inviata speciale, che secondo il contratto le dà diritto alla qualifica di capo servizio. La giornalista Rai, scrive il magistrato, ha “effettuato nei due anni solari immediatamente precedenti (l’inizio del giudizio, ndr) almeno novanta giornate di trasferta per ciascuno anno”, circostanza confermata dalle prove testimoniali. I testi ascoltati sono stati Gianni Occhiello, Giuseppe Blasi, Salvatore Biazzo e Ermanno Corsi.