Diffamazione, Lignola
deve risarcire Mancuso

UNA MAZZATA DA 125mila euro si è abbattuta sull’editore del Roma Italo Bocchino, sui giornalisti Luigi Casciello e Roberto Paolo e sul giudice-editorialista Pietro Lignola. L’ha sferrata il giudice Anna Maria Pagliari della prima sezione civile del tribunale di Roma, accogliendo la richiesta di risarcimento presentata dai magistrati della procura di Napoli Paolo Mancuso, Francesco Cascini e Marco Del Gaudio.
All’origine della citazione dei tre pm una dozzina di articoli pubblicati dal

Roma tra il 27 aprile e il 24 maggio 2002, firmati dall’allora direttore Luigi Casciello, da Paolo Chiariello, dal 2003 a Sky Tg24, da Leandro Del Gaudio, da un anno passato al Mattino, dal responsabile della giudiziaria Roberto Paolo e dall’editorialista Pietro


Francesco Cascini e Marco Del Gaudio

Lignola, napoletano, settantadue anni, presidente di sezione della corte d’assise d'appello. Tutti gli articoli sono molto critici sulle indagini condotte dai tre pm sul comportamento di diversi poliziotti durante e dopo la manifestazione dei No global tenuta a Napoli il 17 marzo 2001 in occasione del terzo Global Forum. Le indagini si conclusero con la richiesta di arresto, richiesta accolta dal gip Isabella Iaselli, nei confronti dei poliziotti accusati di sequestro di persona, violenza privata e lesioni personali.
Nella sentenza emessa il 3 ottobre scorso (e pubblicata il 24 ottobre), il giudice Pagliari esamina nel dettaglio tutti gli articoli del Roma, a cominciare dal fondo del 27 aprile (“Attacco alla Questura”) firmato dal direttore Casciello: “La ricostruzione dei fatti – è scritto nella sentenza – è distorta, arbitraria e mistificatrice della realtà processuale, peraltro facilmente verificabile dal direttore-giornalista”.
Decisamente diffamatorio, secondo il magistrato romano, anche l’articolo “La Polizia merita rispetto” scritto da Lignola: “Il contenuto travisato della realtà


Luigi Casciello e Roberto Paolo

dei fatti (collegando gli arresti dei poliziotti a dichiarazioni accusatorie inattendibili dei facinorosi autori della premeditata aggressione alle forze di polizia) è qui ancora più palesemente orientato a fornire ai lettori l’immagine degli attori quali magistrati faziosi, responsabili di

un’azione penale con finalità eversive politiche al servizio dello schieramento di opposizione al governo di centrodestra”. Così come sono ritenuti diffamatori altri due fondi di Lignola: “I magistrati in piazza che errore” del primo maggio e “L’imparzialità non ammette due pesi e due misure” dell’otto maggio.
Identico giudizio negativo la Pagliari riserva all’articolo del 4 maggio “Anche un teste al convegno dei pm”, di cui è autore Roberto Paolo: “L’immagine degli attori (Mancuso, Cascini e Del Gaudio, ndr) come magistrati di parte che hanno condotto un’indagine orientata politicamente sui presunti pestaggi ai danni dei manifestanti è suffragata dalla falsa notizia della compartecipazione al convegno già sopra menzionato (‘Le forme del dissenso fra riformismo e globalizzazione’, ndr) degli attori e dei manifestanti , in ragione della presenza del musicista napoletano Daniele Sepe, indicato inesattamente quale teste d’accusa contro i poliziotti. Il travisamento della realtà processuale trova unica ragione nella finalità di indurre il lettore al sospetto di imparzialità (forse parzialità, ndr) e 'mancanza di equilibrio' degli inquirenti che sottoponendo a

procedimento agenti della polizia non avevano compreso che ‘questi ultimi si erano limitati a reagire per contenere l’attacco di centinaia di persone' ".
Viene invece ritenuto corretto l’articolo del 29 aprile, “Giudici schierati. Via l’inchiesta da Napoli”,


Paolo Chiariello e Leandro Del Gaudio

firmato da Paolo Chiariello: “Il contenuto dell’articolo si limita a riportare le opinioni dei legali e dei rappresentanti sindacali dei poliziotti arrestati, rappresentative di un timore di mancanza di serenità ambientale, senza alcun commento ulteriore del giornalista. Non sussiste diffamazione giacché traspare l’oggettiva finalità di informare il lettore su opinioni ufficialmente espresse dalle categorie suddette, senza alcun discredito individuale delle persone degli attori”.
Respinta infine la richiesta avanzata dai pm partenopei nei confronti di Leandro Del Gaudio, che non si è neanche costituito in udienza ed è “risultato estraneo ad alcuna attività giornalistica oggetto di causa”.
Al termine delle tredici pagine di sentenza il giudice Pagliari ha condannato Casciello, Paolo, Lignola e la società Edizioni del Roma, “in solido tra loro, al pagamento, a titolo di risarcimento del danno in favore di Paolo Mancuso, Francesco Cascini e Marco Del Gaudio, della somma di euro 35mila ciascuno oltre interessi legali a decorrere dalla pubblicazione della sentenza”; ha inoltre


Isabella Iaselli e Daniele Sepe

condannato Casciello, Paolo e Lignola, “in solido tra loro, al pagamento della somma di euro quattromila a titolo di riparazione pecuniaria in favore di ciascun attore”; ha compensato tra le parti le spese processuali nella misura di un terzo e ha condannato i convenuti “in

solido tra loro, al pagamento delle spese processuali residue”, che ha liquidato in ottomila euro. Ha infine condannato i pm napoletani “al pagamento, in favore di Paolo Chiariello, delle spese processuali liquidate in complessivi 2500 euro”.
Cinque mesi prima della sentenza della Pagliari, sempre davanti alla prima sezione civile del tribunale di Roma, Mancuso, Cascini e Del Gaudio avevano incassato un risultato di segno opposto. Per alcuni articoli pubblicati dal settimanale Panorama del 9 maggio 2002 sugli arresti dei poliziotti coinvolti nelle vicende del terzo Global Forum del marzo 2001, i tre pm avevano citato in giudizio la casa editrice Mondadori, il direttore Carlo Rossella, e gli autori degli articoli Paolo Chiariello, Giuliano Ferrara e Augusto Minzolini.
Il 17 maggio 2006 il giudice del tribunale di Roma Maurizio Durante aveva liquidato la richiesta di risarcimento con una motivazione secca: diciannove righe chiuse così: “Negli articoli in questione vi è stato legittimo esercizio del diritto di cronaca e di critica per cui la domanda deve essere rigettata”. Ha quindi compensato interamente le spese tra le parti.
Uscito indenne dalle due richieste di risarcimento danni, Chiariello dichiara a Iustitia: “Non conoscevo e non conosco i tre magistrati della procura di

Napoli che mi hanno citato in giudizio senza che, mi pare di capire dalla letture delle sentenze, ne ricorressero i motivi. Vorrei aggiungere due considerazioni lampo. Le pesanti condanne inflitte ai giornalisti del Roma confermano l’urgenza di arrivare a una modifica


Italo Bocchino e Giuliano Ferrara

radicale delle norme che regolano la diffamazione a mezzo stampa. La seconda riflessione riguarda la scelta compiuta da quasi tutti i magistrati di affidare la tutela della loro onorabilità a un giudizio civile, scartando la strada del processo penale che consentirebbe di fare fino in fondo luce sulle vicende oggetto degli articoli incriminati. Spero che la scelta di monetizzare il risarcimento della propria onorabilità sia dettata da motivi umanitari, destinare cioè i soldi incassati all’acquisto di farmaci da spedire in Palestina o di cibo per i bambini del Saharawi”.