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Fortapàsc: Giancarlo c'è,
assenti collusi e Mattino |
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LE RECENSIONI SU Fortapàsc, il film dedicato da Marco Risi al giornalista Giancarlo Siani, sono state pubblicate su quasi tutti i giornali il 27 marzo, giorno dell’uscita nazionale della pellicola. Sono critiche tiepidamente positive; affiora qua e là un’attenzione affettuosa nei confronti del regista Marco Risi, figlio del grande Dino, e una simpatia per un film politicamente corretto. Anche il critico del Mattino Valerio Caprara traccia un quadro di luci e ombre e soltanto il Corriere della sera, (l’articolo è di Tullio Kezich) riserva a Fortapàsc grande spazio nella pagina delle recensioni del venerdì, ma il Corriere è il giornale per il quale ha lavorato per oltre venti anni uno degli sceneggiatori, Andrea Purgatori. |

La cavalcata delle motociclette guidata da Valentino Gionta (Massimiliano Gallo) |
Di Fortapàsc Iustitia ha cercato un'altra lettura, affidata agli occhi di persone che, per strade diverse, conoscono bene la vicenda di Giancarlo Siani e ha invitato queste persone a cinema. I tre ‘esperti’ sono Francesco Barbagallo, sessantaquattro anni, ordinario di Storia contemporanea alla Federico II, direttore della rivista ‘Studi storici’, autore della prefazione ai tre volumi con gli articoli di Siani, editi nel 2006; Bruno Rinaldi, sessantatre anni, dimessosi dalla polizia quando era questore vicario a Napoli, che nel '93 da capo della squadra mobile, insieme al sostituto procuratore Armando D’Alterio, riprese e rilanciò le indagini sull’omicidio Siani che hanno poi portato alla condanna di esecutori e mandanti; Pio Russo Krauss, cinquantacinque anni, responsabile del settore Educazione sanitaria e ambientale della Asl Napoli 1, vice presidente dell’associazione Marco Mascagna, portavoce a Napoli di Rete Lilliput, nell’ottobre ‘85 tra i fondatori dell’associazione Siani, amico di Giancarlo e di Paolo Siani.
Vi ha emozionato Fortapàsc?
Russo Krauss. Il film mi ha molto emozionato perché ogni volta che vedo una foto di Giancarlo ripenso a quella sera di settembre di tanti anni fa e sto male. L’andatura e alcuni atteggiamenti dell’attore Libero Di Rienzo mi hanno fatto rivedere Giancarlo e il suo Siani mi sembra più riuscito del
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Giancarlo Siani (Libero Di Rienzo) davanti al Mattino
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personaggio interpretato da Yari Gugliucci nel film di Maurizio Fiume ‘E io ti seguo’ per due motivi: la somiglianza fisica maggiore e la parlata che nell’attore di Risi |
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è un italiano costante con qualche raro intercalare in dialetto. Ci sono però varie forzature narrative: nel rapporto con l’amico Rico Giancarlo non sarebbe mai stato così duro, perché era un mite, un pacifista, un non violento diventato sin dagli esordi nel giornalismo un punto di riferimento per chi si batteva per l’energia pulita, a cominciare dal solare, e contro il nucleare. Allora lavoravo con Legambiente e mi ricordo come si arrabbiò quando il Mattino mise in pagina un articolo a favore del nucleare largamente disinformato.
Rinaldi. La vicenda Siani l’ho conosciuta a fondo soltanto quando mi sono occupato delle indagini per l’omicidio; perciò il film non mi emozionato. Di Rienzo e gli altri attori sono bravi, ma io ho seguito la pellicola da un angolo particolare perché mi interessava vedere come veniva sviluppata la storia.
Barbagallo. Non mi ha emozionato perché è un film superficiale, giovanilista, effettistico e mi ha deluso perché ‘Il muro di gomma’, la pellicola sulla strage |
di Ustica, con la stessa coppia Risi regista e Purgatori sceneggiatore, mi era piaciuto molto, c’era tensione, c’era pathos. Invece alla fine di Fortapàsc sbadigliavo perché una storia complessa è stata banalizzata e ne è venuta fuori una vicenda disossata.
Cosa funziona nel film e cosa manca?
Russo Krauss. Se si escludono alcune furbate come l’avvio con la canzone di Vasco Rossi, il tuffo nudo dallo scoglio di Ponza e i fidanzatini a letto, il film funziona perché Risi racconta in maniera scorrevole la storia di un ragazzo che vuole fare il giornalista. E a chi mi dice che, ad esempio, il film su Peppino Impastato |

La strage di Sant’Alessandro |
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‘I
cento passi’ ha un altro spessore, rispondo che l’omicidio di Giancarlo nasce in una realtà complessa e raccontarla è impresa molto più difficile.
Barbagallo. Il regista non dà il senso della drammaticità della situazione personale di Siani e della pericolosità dei camorristi. Siani viene rappresentato come un giovane entusiasta e sprovveduto, ingenuo e scavalcamontagne, invece a me è sembrata una persona strutturata, “giornalista coraggioso, dotato di notevole cultura e di solido orientamento politico”, l’ho definito nella prefazione ai suoi scritti. La camorra di Risi è la camorra di cinquanta anni fa, sono guappi esibizionisti; invece alla metà degli anni ottanta ai vertici dei clan ci sono già criminali con rapporti ramificati in Italia e all’estero in grado di governare traffici intercontinentali. E una rappresentazione riduttiva e macchiettistica della camorra non ne fa cogliere a pieno la straordinaria capacità di penetrazione. Nel film poi manca il Mattino perché questo è un terreno che scotta ancora oggi, a ventiquattro anni di distanza dall’omicidio, e forse scotterà anche quando di anni ne saranno trascorsi cento.
Rinaldi. Se si voleva raccontare la vita di Siani come quella di un ragazzo che cerca di fare scrupolosamente il suo lavoro, il film è riuscito; se si voleva |

La Mehari verde in un campo di senzatetto
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raccontare come sono andate realmente le cose il film è fallito, perché gli autori hanno preso degli spunti, li hanno svuotati di senso e stravolti. In sostanza Fortapàsc va
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bene per chi non sa e per un pubblico di bocca buona perché mancano due capitoli: il Mattino e i personaggi ambigui e collusi che ruotano intorno a Siani; e un protagonista: Antonio Irlando. Non era facile srotolare la matassa intricata di imprenditori, politici e malaffare, ma il regista e gli sceneggiatori non ci hanno nemmeno provato. Il contesto è disegnato in maniera vaga e furba con passaggi scontati, che arrivano dopo le sentenze della magistratura, sui traffici del sindaco e dei suoi assessori. E qualche altro protagonista che in questa storia ha svolto un ruolo perlomeno oscuro, dal film viene fuori quasi come una figura positiva. E veniamo al Mattino: non c’è la presenza dei redattori di Napoli e la redazione di Castellammare si riduce a un capo che si muove e parla secondo cliché. Giancarlo sembra un corpo estraneo rispetto agli altri giornalisti. Eppure i giornalisti del Mattino sono stati a vario titolo protagonisti della vicenda di Siani e, se c’è chi ha dubbi, vada a rileggersi le carte processuali. Infine Irlando, giornalista corrispondente di un’agenzia, omonimo e nipote di un ex sindaco di Torre Annunziata, da noi arrestato nell’ambito di un filone di indagini scaturito dalle dichiarazioni di Salvatore Migliorino e di altri pentiti. Siani e Irlando stavano sempre insieme; a Torre li chiamavano il gatto e la volpe. Nel film invece Irlando viene sostituito da un |
personaggio difantasia, Rico (è uno dei protagonisti del romanzo di Antonio Franchini ‘L’abusivo’, ndr). Ma Siani con Irlando stava scrivendo un libro |

Una seduta del consiglio comunale di Torre Annunziata |
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su Torre Annunziata a un anno dalla strage di Sant’Alessandro (26 agosto 1984, ndr), un libro ormai completato o quasi se Giancarlo tre mesi prima ne descrive la copertina alla sua amica di Bologna Chiara Grattoni. Un libro che potrebbe essere stato uno dei moventi dell’omicidio e di cui non si è trovata traccia né a casa Siani, né al Mattino, né altrove. Ma di questo nel film non c’è niente, se non una cartellina che nell’ultima scena i killer, dopo l'esecuzione, portano via dalla macchina di Giancarlo”. |
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