Tra Feltri e Boldrini
fa irruzione ‘l’italiano’

FORSE PENSAVA di ‘dire qualcosa di sinistra’ il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti Carlo Verna o forse voleva tornare sul caso di Vittorio Feltri che dallo scorso giugno si è dimesso dall’Ordine definendolo “presidentino dei miei stivali”. Fatto sta che Verna si è subito lanciato con una dichiarazione all’Ansa nella querelle tra il direttore dell’HuffPost Mattia Feltri, figlio di Vittorio, e Laura Boldrini, nel 2013 eletta deputata con Sel (Sinistra ecologia e libertà), per cinque anni presidente della Camera, dal 2017 al Gruppo misto, nel 2018 rieletta con Liberi e uguali, dal settembre 2019 iscritta al Pd.

La querelle è nota e la sintetizziamo. La Boldrini ha un blog sull’HuffPost e il 25 novembre, nella giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, scrive un articolo in cui cita anche Vittorio Feltri che ha definito “ingenua” la diciottenne drogata e stuprata dall’imprenditore Alberto Genovese, scaricando così sulla ragazza una parte delle responsabilità.
Mattia Feltri le telefona per chiedere di

Vittorio Feltri

eliminare il passaggio sul padre ma la Boldrini rifiuta e parte il caso.
L’ex presidente della Camera denuncia la censura e pubblica l’articolo sul manifesto, il direttore dell’HuffPost spiega le sue ragioni seguito dalla replica della Boldrini. La questione ha varie facce e non può essere tagliata con l’accetta. Mattia Feltri ammette che in questo caso sono intervenute “questioni personali”; aggiunge che per scelta “non parlo in pubblico di mio padre da venti anni perché qualsiasi cosa dica, nel bene e nel male, sarebbe usata contro di me”. E qui scrive un dato inesatto perché quando Vittorio Feltri si è dimesso dall’Ordine sull’HuffPost ha dato largo spazio al commento tutto favorevole pubblicato da Alessandro Sallusti sul Giornale. Si dichiara anche sorpreso della diffusione data dalla Boldrini della sua telefonata: “pensavo fosse una telefonata con una persona corretta e ragionevole. Ho sbagliato. Sbaglio molto spesso”. Affronta quindi due elementi che non possono non essere valutati con attenzione. Il primo interno: c’è “la policy a cui tutti i nostri blogger sono sottoposti. Sulla policy c’è scritto che la redazione e la direzione si riservano di non pubblicare i blog senza dare spiegazioni e senza neanche avvertire. Dunque avrei potuto cestinare il blog. Ma mi sembrava sgarbato. Avrei potuto chiamare l’onorevole Boldrini e restare sul vago, ma mi è sembrato disonesto. Invece sono uno stupido e le ho detto le cose come stavano nella fiducia di trovarmi a confronto con una persona con cui intrecciare un ragionamento”.
Il secondo nodo evidenziato da Mattia Feltri è una riflessione sul ruolo del direttore che gira al presidente dell’Ordine: vorrei sapere quali sono i confini del suo potere, della sua responsabilità, in che modo le scelte, fin qui considerate insindacabili, non diventino censura. E più precisamente se Verna immagini un giornalismo in cui il collaboratore

Carlo Verna

o pure il blogger abbiano la facoltà di imporre al direttore i loro articoli”.
E a Verna riserva un’ultima riflessione: “due giorni fa, dopo avere letto la denuncia dell’onorevole Boldrini, ha rilasciato una dichiarazione all’Ansa parlando di censura inspiegabile. Inspiegabile perché non ho potuto spiegarla: non mi ha nemmeno telefonato. Cioè, il presidente del mio Ordine, sulla base di uno scritto su

Facebook a firma di un’ex presidente della Camera, condanna pubblicamente un suo iscritto senza curarsi di sentirne le ragioni”.
In cinque punti la replica della Boldrini. “Ho sempre pensato a Mattia Feltri - scrive – come al direttore di HuffPost e mai come al figlio di Vittorio Feltri. È stata la sua telefonata, con l’insolita richiesta di togliere il riferimento al padre presente nel mio pezzo, a spostare la vicenda dal piano professionale a quello personale”. Dedica poi una decina di righe a Feltri padre, che “è voce ed espressione di una diffusa narrazione del femminile che politicamente contrasto”. Quindi il ritorno alla “censura”: “quando Mattia Feltri mi ha chiamata ha solo avanzato la richiesta di togliere il riferimento a Vittorio Feltri perché gli creava problemi in famiglia. Dunque anteponendo il proprio equilibrio familiare a valutazioni di natura professionale. È così che agisce un direttore, lasciandosi condizionare, nel dirigere la testata, dalle proprie questioni private?” E continua: “Mattia Feltri mi ha chiesto gentilmente di togliere quel riferimento e io gentilmente ho detto no, non posso, sono le mie idee. Allora, dopo il rifiuto, sono diventata non ‘corretta’ e non ‘ragionevole’, come ha scritto lui ieri, e il mio pezzo non viene pubblicato. Dunque non era una richiesta, non me lo stava chiedendo: me lo stava ordinando”. Sì, lo stava ordinando come fa qualsiasi direttore se non è convinto del pezzo di un redattore o di un collaboratore che rifiuta modifiche ritenute necessarie. Figuriamoci poi con un ‘ospite’ come può essere definito un blogger che per di più ha sottoscritto con il giornale un accordo, la ‘policy di cui parla Mattia Feltri.
Sulla vicenda ha deciso di reintervenire Verna pubblicando sul sito dell’Ordine nazionale un suo scritto messo in rete anche dall’HuffPost. È

sufficiente l’incipit che riserva a un iscritto all’Ordine: “ho letto del travaglio del Direttore-Figlio, me ne dispiace per lui, ma privatamente si è devoti al proprio genitore e pubblicamente si esercitano ruoli e responsabilità”.
Ed esprime la sua opinione anche sulle prerogative di chi guida un giornale: “è illimitato il potere del direttore? Anche impermeabile alla critica posto che

Alessandro Sallusti
nessuno può imporre la pubblicazione? Il blog (che ha una natura diversa rispetto a una pagina di giornale, le tecnologie di oggi impongono anche nuove riflessioni sui confini tra i diritti) al di là di policy privatistiche non dovrebbero contemplare una libertà in più per chi ne è stato chiamato a esserne titolare?
In rete il testo del presidente è stato oggetto di critiche feroci, ma pochi si sono dedicati ai contenuti mentre quasi tutti si sono concentrati sulla lingua italiana. Il sito Dagospia, guidato da Roberto D’Agostino, ne ha pubblicato una ventina, scrivendo di “una pioggia di tweet di cronisti che ironizzano su punteggiatura e sintassi”. Ve ne giriamo tre. Luciano Capone: “Capita di vedere giovani colleghi preoccupati per la prova scritta dell’esame da professionista. Ma se uno che scrive in questa maniera è diventato presidente dell’ordine dei giornalisti non c’è nulla da temere. Potete presentarvi anche ubriachi”. Grazia Santacroce: “sarebbe opportuna una traduzione dello scritto di Verna”. Federico Panichi: “Mai visto uno scritto così sconclusionato, pieno di periodi incomprensibili, con sintassi sbagliata come quello di Verna. Io non sono avvocato e sarò l’ultimo degli imbecilli ma la mia insegnante di italiano mi avrebbe bocciato all’istante. Imbarazzante”.