Per Woodcock vittoria
doppia contro Gasparri

IL SOSTITUTO DELLA procura di Napoli Henry John Woodcock, insieme ai pm Vincenzo Piscitelli, Alessandro Milita e Fabrizio Vanorio, sta agitando i sonni di Silvio Berlusconi, terrorizzato da un’eventuale richiesta d’arresto che potrebbe arrivare subito dopo la sua decadenza da senatore, ma il pubblico ministero nato in Inghilterra sta dando più di una preoccupazione anche al vice presidente del Senato Maurizio Gasparri. Sono infatti arrivate a sentenza di primo grado due querele per diffamazione presentate in anni lontani: la prima per le dichiarazioni dell’allora ministro Gasparri nel febbraio 2004 alla trasmissione radiofonica ‘Radio 3131’,

condotta da Pierluigi Diaco; la seconda per un’intervista rilasciata da Gasparri nel settembre 2006 a Mario Ajello del Messaggero, allora diretto da Roberto Napoletano. Certo ora ci sarà l’appello ed eventualmente la Cassazione, ma il successivo e inevitabile


Roberto Napoletano e Vincenzo Piscitelli

giudizio civile potrebbe portare a risarcimenti da decine di migliaia di euro, se si tiene conto che il giudice autore della condanna più recente ha fissato anche una provvisionale, immediatamente esecutiva, di diecimila euro.
Veniamo ora alle due sentenze. La prima, firmata dal giudice della decima sezione penale del tribunale di Roma Valeria Ciampelli, è stata emessa il 30 settembre 2011, con il deposito delle undici pagine della sentenza il 14 ottobre 2011, e riguarda le frasi dette da Gasparri ai microfoni di Pierluigi Diaco sull’attività di Woodcock, allora sostituto della procura di Potenza: “… è stata spazzata via una farneticante accusa di un giudice irresponsabile di Potenza …”; “… il Csm e il ministero della Giustizia porranno fine all’azione dissennata di persone che calunniano … però faremo i conti in sede giudiziaria con chi si è comportato in quel modo”.
Il giudizio è durato sette anni soprattutto per due sospensioni. La prima quando la Giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati ha dovuto decidere se le opinioni espresse da Gasparri rientrassero nell’esercizio delle sue funzioni di parlamentare. Quando nel febbraio del 2009 è stata letta in aula la delibera della Camera che riconosceva l’insindacabilità dei giudizi espressi dal deputato, il pubblico ministero e l’avvocato Bruno Larosa, difensore della parte civile Woodcock, hanno sollevato il conflitto di attribuzioni tra i


Bruno Larosa e Paola Severino

poteri dello Stato ottenendo il rinvio della decisione alla Corte costituzionale. C’è stata quindi una nuova interruzione fino al giugno 2011 quando è arrivata la sentenza della Corte che ha annullato la decisione della Camera: “Il presidio della insindacabilità

delle opinioni espresse nell’esercizio dello specifico munus (“incarico, funzione”, ndr) di parlamentare non conferisce una sorta di garanzia generalizzata di immunità quanto alla relativa divulgazione, la quale, diversamente, risulterebbe in diretto contrasto con i limiti comunque imposti a chiunque eserciti il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, ai sensi dell’articolo 21 della Costituzione”.
Saltato lo scudo del parlamento, il giudice è andato avanti nel giudizio ritenendo Gasparri responsabile di diffamazione per avere additato Woodcock come “magistrato ‘irresponsabile’, promotore di accuse ‘calunniose’ e ‘farneticanti’ è fatto che supera i limiti della critica lecita e che appare gratuitamente infamante, oltre che inutilmente umiliante del decoro professionale del querelante e della sua integrità morale”. Perciò l’ex ministro è stata condannato, per "l'incensuratezza dell'imputato", a pagare soltanto mille euro di multa e tremila euro di spese processuali.
Più severa la seconda sentenza, pronunciata dal giudice Carlo Sabatini della seconda sezione penale del tribunale di Roma, il 26 febbraio del 2013 e depositata il 22 maggio, dopo avere stralciato le posizioni di Ajello e Napoletano, assistiti dagli avvocati Paola Severino e Maurizio Bellacosa. Il giudizio riguarda un’intervista concessa nel giugno del 2006 dall’esponente del Pdl a Mario Ajello del Messaggero, intitolata: Gasparri: “Quel pm spara nomi a vanvera”. Anche in questo caso le espressioni usate sono durissime:

è un bizzarro pm, che spara a vanvera accuse ridicole …; Woodcock spara nomi a casaccio: Maradona, Arsenio Lupin, Gatto Silvestro, Briatore e il papa. Quello legge i giornali, pesca qualche nome famoso e via”.
Il percorso del secondo


Flavio Briatore (*) e Alessandro Milita

giudizio, nel quale Gasparri è difeso dall’avvocato Alessandro M. Levanti, è identico al precedente, con la Camera che delibera l’insindacabilità delle affermazioni del parlamentare, il giudice che fa ricorso alla Corte costituzionale che, valutata l’ammissibilità del conflitto, accoglie le tesi del tribunale. Il giudice Sabatini esamina quindi il merito della questione chiarendo che “le espressioni usate assumono portata oggettivamente lesiva dell’altrui onore e reputazione”. Gasparri, scrive il giudice, “attribuisce al magistrato requirente l’abitudine di abusare della sua funzione per ‘costruire’ indagini prive di reale fondamento, strumentali a creare clamore rispetto a persone note, e assume – nell’accomunare persone reali e personaggi di fantasia – chiaro valore di derisione”. E continua: “ancora più evidente è il vulnus alla onorabilità individuale dalla parte in cui Gasparri definisce il Woodcock un personaggio boccaccesco…si narra che, a Potenza, ci fosse una liaison tra lui e una magistrata donna, adibita ad altra funzione”: dunque l’attribuzione di una relazione sentimentale con una donna che – trattandosi di p.o. all’epoca già coniugata – riveste disvalore sociale e morale, accresciuto dalla definizione ‘boccaccesco’ per accentuare il riferimento alla sfera sessuale”.
Gasparri viene perciò condannato a una multa di seicento euro, al pagamento delle spese legali liquidate in ottomila euro e a versare a Woodcock “una provvisionale provvisoriamente esecutiva” di diecimila euro.


(*) Da www.calciomercato.it