Abbiamo chiesto ai legali di Maurizio Dente, il professore Abbamonte, e dell’agenzia Ansa, l’avvocato Enzo Morrico, un commento tecnico sull’ordinanza depositata il 9 novembre dal giudice del lavoro del tribunale di Napoli Gabriella Marchese.
Il professore Abbamonte ha cortesemente risposto.
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Il provvedimento di reintegra disposto dal Tribunale di Napoli in favore di Maurizio Dente si presenta fondato essenzialmente su due argomenti.
Nell’avviare il procedimento di conciliazione preordinato al giudizio contro l’Ansa, Maurizio Dente aveva fatto riferimento ad alcune circostanze di fatto che a suo giudizio dimostravano non solo un trattamento discriminatorio dell’Azienda nei suoi confronti ma anche le ragioni per le quali tale complessivo atteggiamento era nel tempo maturato. L’Ansa in risposta all’atto di avvio del contenzioso aveva preteso che Maurizio Dente le consegnasse l’intera documentazione che questi, invece, si riprometteva di esibire al giudice a tutela dei propri interessi. Dente ha ritenuto questa richiesta abnorme, giacché con essa si voleva disporre degli elementi a difesa, così potendo anticipatamente conoscere la solidità delle prove, magari così anche dimensionando la reazione aziendale. Senza contare poi che l?Azienda in tal modo si arrogava il diritto di giudicare delle prove sulla scorta delle quali il solo giudice avrebbe potuto decidere della legittimità della condotta di Dente. Insomma, l’Ansa pretendeva di decidere in re propria.
Il giudice ha considerato corretta la condotta di Dente ed in ogni caso ha ritenuto che la sua posizione soggettiva ed il contesto in cui l’intera vicenda s’era evoluta hanno reso del tutto giustificato il diniego da lui opposto alla singolare richiesta.
L’Ansa aveva inoltre disposto il pedinamento del dr. Dente (in un arco temporale di circa un trimestre), per dimostrare che lo stato di patologia derivante da mobbing – vale a dire una grave forma di sindrome ansioso depressiva post-traumatica da stress – fosse in realtà simulato: e ciò aveva creduto di poter sostenere, perché era risultato che lo stesso Dente aveva avuto una minimale vita di relazione, incontrando un amico, recandosi all’Università e ben poco altro. In realtà s’era trattato d’una condotta di vita testimoniante anche all’eccesso il ritiro dalle relazioni sociali, ed in ogni caso con la condizione del mobbizzato, al quale è anzi terapeuticamente suggerito di mantenere rapporti di crearsi interessi, oltre che d’impegnarsi in possibili attività lavorative, alternative rispetto a quelle fonti del trauma.
Anche su questo aspetto, il giudice di Napoli ha condiviso le prospettazioni difensive – ampiamente corredate da documentazione medica – ed ha quindi respinto la tesi dell’Ansa.
Che dire? A me pare ci si trovi dinanzi ad un provvedimento assolutamente equilibrato, fornito di ampia motivazione, proporzionato alla fase cautelare in cui è stato preso. Un provvedimento che fa giustizia di atteggiamenti datoriali, il cui carattere discriminatorio mi pare emerga proprio dalla loro inusualità, dall’intensificazione delle sanzioni, dall’ingiustificata contestazione di comportamenti di lavoro del tutto normali e ricorrenti.
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