Rino Genovese:
mi dimetto dal cdr

From: Genovese Pellegrino
Sent: Saturday, February 02, 2013 8:12:33 PM
To: Milone Massimo Enrico; Luise Silvio; Mirabella Procolo; Angelone Annalisa Giulia; Damiano Anna Teresa; Fracchiolla Lettieri Antonietta; Ghidini Francesca; Nocchetti Gennaro; Spasiano Ferdinando; Compagnone Sandro; Forni Antonio; Albano Adriano; Castellano Giuseppe; Coppola Francesca; Dionoro Diego; Messina Giovanni; Rosciano Margherita; Fancelli Gabriella; Calise Vincenzo; Capezzuto Valeria; Calenda Massimo; Massa Maria Laura; Cappella Fabrizio; De Lorenzo Ettore; Fidora Corrado; Testa Anna; Cafiero Letizia; Carbone Luigi; Perillo Antonello Paolo; Coppola Gianfranco; Carione Carlo; Donadio Cecilia; Perone Vincenzo; Pocobelli Ragosta Guido; Deuringer Enrico; Piscitelli Pasquale; De Cesare Carlo; Caterino Giuseppe; Occhiello Giovanni; Ciccarone Claudio; Della Rocca Claudio; Genovese Pellegrino; Verna Carlo; Maffei Antonietta; Ruggiero Carlo

Cari colleghi,
quando un giorno andrò in pensione e mi ritroverò a navigare nei ricordi della mia esperienza in Rai, rivivrò costantemente questo momento. È uno dei più amari degli ultimi anni. Sono deluso. Molto. Innanzitutto di me stesso.
Chi ricopre un ruolo sindacale deve avere la forza di sopportare umiliazioni e ingratitudine, replicare con calma a ciò che ritiene ingiusto, mediare con grande diplomazia, spiegare e rispiegare fino alla noia, e sempre nel massimo rispetto dei colleghi e dell’azienda che rappresenta. Io tre sere fa non l’ho fatto, sono stato scorretto nei confronti della collega Donadio, e nulla mi giustifica, né lo stress personale né il desiderio di sostenere un principio di giustizia.
Per questo vi comunico la mia decisione di dimettermi dal Cdr.
Permettetemi solo di darvi qualche chiarimento.
Ho letto la lettera pubblicata da Cecilia. Le cose non sono andate esattamente come da lei riportate e ci sono tanti testimoni che potrebbero attestarlo (ad esempio Perillo e Coppola, presenti alla scena).
Vengo accusato di aver offeso la collega Damiano definendola “nessuno”. Ma non si precisa in quale contesto ho pronunciato questa parola. Eravamo a mensa e tutti i presenti sanno che le mie parole sono state: “Teresa, tu sei un’egregia collega, una bravissima giornalista, una delle migliori inviate che abbia mai conosciuto, ma non sei nessuno in termini di line. Non puoi pretendere che il caporedattore chieda il permesso a te se ha in mente una diversa organizzazione della segreteria”. 
L’oggetto della discussione era la richiesta fatta dal caporedattore al collega Pocobelli di collaborare, in caso di bisogno, con la segreteria di redazione. Da sempre sono schierato, e sempre lo sarò, con i precari e con chi viene definito da qualcuno in redazione “l’ultimo/a arrivato/a”. Lo sono sindacalmente perché parliamo degli anelli più deboli della categoria, lo sono professionalmente, perché mi riconosco nelle parole di Gubitosi: siamo un’azienda vecchia, le nostre redazioni sono vecchie, dobbiamo solo ringraziare questi giovani e questi “ultimi arrivati” che con il loro entusiasmo e la loro forza ci permettono di andare avanti, valorizzarli e non intralciarli, usarne le potenzialità e non invidiarli.
Vengo accusato di aver alzato la voce nei confronti di Anna Teresa, ma chiunque sia stato presente a quella conversazione sa che, resomi conto che si stava esagerando nel tono del colloquio, ho preferito alzarmi dal tavolo che condividevo con lei e Cecilia e spostarmi in un altro tavolo, proprio per non far degenerare la discussione.
Vengo accusato di essermi rifiutato di chiedere scusa alla collega, ma non viene riferito che, a chi me lo chiedeva, ho risposto: “Anche se ritengo di non aver fatto nulla di male sono pronto a chiedere scusa, ma spero che Teresa con grande onestà intellettuale ammetta che non ho mai usato parole offensive nei suoi confronti”.
Vengo accusato di aver “origliato” dietro la porta del caporedattore, quando si può facilmente appurare che sono stato chiuso in saletta montaggio fino a pochi minuti prima della messa in onda, e quindi potrei aver ascoltato al massimo qualche frase pronunciata mentre ritornavo nella mia stanza prima di andare a mensa. Non è colpa mia se nel corridoio silenzioso del terzo piano anche i bisbigli nelle stanze a porta chiusa sembrano discorsi fatti al megafono.
Vengo accusato di aver inviato un messaggio in cui definivo con parole disdicevoli la collega Donadio. E’ vero. Ho scritto quelle parole e me ne sono pentito un secondo dopo. Di questo chiedo scusa a Cecilia pubblicamente. Anche il solo pensare certi concetti è inaccettabile.
Potrei spiegare che nemmeno per un attimo ho pensato di inviare quel messaggio. L’ho scritto e chiuso, credendo di averlo cancellato. Devo aver premuto qualche tasto sbagliato con i nuovi cellulari Rai ed inavvertitamente è partito.  Il fatto stesso che non sia arrivato al destinatario originale, spero attesti l’errore materiale e la mia assoluta non volontà di inviarlo. Ma non è questo il punto, perché ripeto: sono colpevole per il solo fatto di aver pensato quelle parole. Ma quando ho scritto il messaggio l’amarezza e la delusione per quanto stava accadendo erano enormi. Mi sono sentito ingiustamente sul banco degli imputati, al punto di reagire utilizzando termini a me non consoni.
Ma queste sono vicende umane (amplificate dalla speranza che il rapporto tra colleghi, da anni legati dalla condivisione di un turno disagiato come quello notturno, possa essere fondato su basi più solide) che spero il tempo ci permetterà di chiarire.
Ringrazio Ettore per il suo lavoro di mediazione, e per l’impagabile pazienza dimostrata in questi anni di durissimo impegno sindacale. Condivido la sua preoccupazione per un clima redazionale al limite dell’insostenibilità. Ringrazio Silvio per la saggezza con la quale ci ha accompagnati, e il grande dono della sua preziosa esperienza.
Ora però dovremmo sforzarci di capire che viviamo un momento in cui le epocali trasformazioni della nostra azienda necessitano di forza e coesione redazionale. È urgente creare le condizioni di un nuovo patto sindacale. Spero che sia possibile con l’elezione del nuovo Cdr.

 

RINO GENOVESE