Cicchitto al buffet

La storia, datata maggio 1992, la raccontava il settimanale Cuore, foglio satirico “di resistenza umana” nato dalla follia visionaria di Michele Serra e altri. Diceva dunque Cuore che L’opera da tre soldi di Bertolt Brecht era stata inizialmente concepita per costare un soldo, poi nell’affare si erano inseriti gli uomini della giunta di Milano presieduta da Paolo Pillitteri coniugato Rosilde Craxi. E alla fine i soldi erano diventati tre, con grande contrarietà del regista Giorgio Strehler, per il quale si poteva anche chiudere a due. E poi, sempre in quel frizzante e indimenticabile ’92 che cambiò le sorti del nostro Paese, Cuore diceva di aver trovato uno scritto sul comodino di Bettino Craxi all’hotel Raphael: Cancellare i tabulati/ Buttare gli estratti conto/ mandare affanculo i cognati/ tenere l’elicottero pronto. Andava così in quegli anni in cui ogni cosa odorava di garofano, l’unica cosa legale era l’ora, Serra e soci suggerivano che Socialisti, smettere si può.
Sarà forse ricordando quei giorni, e i mille episodi di quel periodo, che Eugenio Scalfari, partecipando il 4 marzo a Montecitorio alla presentazione del libro di Paolo Franchi su Giorgio Napolitano, a un certo punto dice che “con Tangentopoli si verificò che il Psi era diventato una banda. Eccetto Giorgio Ruffolo e pochi altri, tutti finirono in Forza Italia”.
Ad ascoltare le parole del grande vecchio del giornalismo ci sono alcuni esponenti di quella stagione del Garofano: con  Bobo Craxi, c’è Rino Formica e c’è Gianni De Michelis, oltre a Massimo D’Alema e Gianni Letta. E c’è Fabrizio Cicchitto che al buffet, addentando un babà, comunica: “È proprio un pezzo di merda”. Tutti smettono immediatamente di mangiare, ma c’è stato un equivoco: il giudizio è dedicato a Scalfari, i dolci invece sono deliziosi, il buffet ha un grande successo e torna alla memoria una vignetta con due personaggi. Sempre di quell’indimenticabile ’92, sempre di Cuore: “Non esistono mele marce nel Psi”, dice uno. E sul giudizio concorda anche l’altro: “Se so’ magnate pure quelle”.

Hans Schnier

 
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