Papere e papaveri
di Josef K. Byte

BUFFALMACCO

Dovete sapere, e scusate la nota personale, che abbiamo un figlio di dieci anni, la cui stupidità non ci amareggia: anzi, a ogni sciocchezza che dice, lo guardiamo inteneriti pensando "tutto suo padre". L'ultima sua trovata consiste nel farci, secondo lui, degli scherzi: torna da scuola, per esempio, e ci dice "sai, ho deciso di uscire dalla squadra di calcetto". Al nostro "e come mai?", replica entusiasta: "Ah! Ah! Ci sei cascato!". Invano tentiamo di spiegargli che una beffa, per essere tale, deve avere per oggetto qualcosa di esagerato,
di inverosimile. Altrimenti siamo, se non al sonno della ragione, almeno alla pennichella del buon senso.
Abbiamo pensato all'arguto pargolo leggendo, il primo ottobre, il commento di Pietro Lignola
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Lamberto Dini e Piero Fassino
sulla prima pagina del Roma, nella consueta rubrica "Diciamoci tutto", che è già una promessa che non ci sarà risparmiato niente. L'inizio è dotto: si parla dei "novellieri italiani del quattordicesimo e quindicesimo secolo", che "dedicarono molti dei loro racconti a memorabili beffe": citando Boccaccio, si ricordano le burle di Bruno e Buffalmacco ai danni dell'ingenuo Calandrino. Tanta premessa per parlare, nientemeno, di Carlo Taormina, l'avvocato la cui semplice apparizione, più che il Decamerone, ci evoca i racconti di Edgar Allan Poe. Sulla vicenda Telekom Serbia, e a proposito dell'inchiesta di Carlo Bonini e Giuseppe D'Avanzo pubblicata da Repubblica, Lignola scrive che Taormina "è riuscito a beffare (o a uccellare, come pur s'esprimeva ser Boccaccio) giornalisti di Repubblica e delle altre grandi testate, con l'eccezione di Libero e del Giornale, che erano stati messi a parte della beffa" (e uccellato, ironia della sorte, finisce anche il Roma, che il 27 settembre titola in prima pagina "Telekom, accuse e perquisizioni/E Taormina si dimette", con tanto di foto e trafiletto: "Carlo Taormina ha annunciato le sue dimissioni da deputato". Il Roma magari non è una delle "grandi testate" di cui parla Lignola, ma, in compenso, la grande testata la prende).
La "beffa" di Taormina consisterebbe nell'essersi autodefinito "burattinaio" delle accuse a Prodi, Dini e Fassino ("evidentemente

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Romano Prodi

coinvolti nello scandalo politico", sentenzia Lignola), annunciando le proprie dimissioni da parlamentare. "Per dimostrare come è facile fabbricare una bufala giornalistica", spiegherà il penalista con lo stesso sguardo opaco e soddisfatto di nostro figlio: "essi gli hanno creduto", chiosa Lignola, riferendosi a "tutti i leader vegetali, querce, ulivi, margherite e altre gramigne
di diverse specie" (suggerendo forse il diserbante come democratica alternativa al voto). E cosa avrebbero dovuto fare, invece, cronisti ed erbacce? Giudicate un po' voi chi è Buffalmacco e chi è Calandrino, se per una volta che si crede a Taormina si finisce beffati.
 
ECLISSI

Torniamo ancora sui tragici scontri allo stadio Partenio di Avellino, perché non vorremmo che vi foste persi il fondo che il 21 settembre ci ha consegnato sulle pagine di Repubblica Napoli il caporedattore vicario Antonio Corbo, a commento dei fatti raccontati da Marco Azzi, Fabrizio Cappella e Giovanni Marino. Sulle prime avevamo
pensato a una svolta a destra, con quel titolo "Magistrati, sono belve da stanare" che ci aveva fatto temere un duro attacco ai giudici. E anche la chiusa ci aveva confuso, con un "c'è un'eclissi di buio sull'ultimo sogno del Napoli" che metteva in crisi, oltre alla nostra fiducia nella lingua tamajo.jpg (17672 byte)
Antonio Corbo e Diego Armando Maradona
italiana, anche quella nell'astronomia; e con quel grido finale ("Ragazzi, com'è triste pensare che era solo poco tempo fa la squadra degli scudetti, la squadra di Diego, la squadra di tutti. Belve, dov'eravate?") di accorata, indecifrabile efficacia. Ma, prima, era stato tutto chiaro: "Ad Avellino c'è un questore tra i più esperti in Italia nel controllo dell'ordine pubblico (Mario Papa, ndr): ha rischiato più volte la vita quando era responsabile dei servizi al San Paolo. Evidente, non ha avuto da Roma agenti in misura adeguata, né da Napoli informazioni puntuali".
Un encomio condiviso da tutti, come conferma il Roma di quel giorno, nelle pagine del calcio curate da Raffaele Auriemma: parlando di Papa, scrive che "a finire nel mirino è proprio lui. Allo stadio i poliziotti in lacrime chiedevano le dimissioni del questore e anche dal mondo politico irpino sono arrivate dure critiche all'organizzazione delle forze dell'ordine. La poltrona di Papa in

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Raffaele Auriemma, Fabrizio Cappella e Mario Papa

queste ore è traballante". E in un lancio Ansa delle 12.57 del 21 settembre Enzo La Penna scrive che "il questore di Avellino, Mario Papa, non ci sta e replica alle critiche che da più parti sono state
rivolte alla gestione dell'ordine pubblico all'interno dello stadio Partenio". Poiché il Roma e l'Ansa non sono sospettabili di antipatia verso la polizia, viene da citare, rivolti ai cronisti di Repubblica, proprio la chiusa di Corbo: "dov'eravate?".
 
BLINDATI

Per pura documentazione, sui fatti del Partenio è interessante - e sconcertante - leggere un'altra Ansa, firmata sempre da La Penna alle 18.49 del 15 settembre, cinque giorni prima della partita.
"Saranno 600 tra poliziotti e carabinieri che sabato sera sorveglieranno il derby calcistico tra Napoli e Avellino e, tra questi, anche un reparto speciale, inviato dal Viminale, con il compito di tamajo.jpg (17672 byte)
Avellino.Gli incidenti allo stadio Partenio
svolgere attività di investigazione 'sul campo' per individuare quanti si infiltrano negli avvenimenti sportivi di richiamo per compiere devastazioni e provocare incidenti. (…) Derby blindato, dunque, che è stato al centro della riunione del comitato per l'ordine e la sicurezza convocata dal prefetto del capoluogo irpino, Claudio Meoli, a cui hanno partecipato il questore Mario Papa, i comandanti provinciali di carabinieri e guardia di finanza, il sindaco Di Nunno e i dirigenti dell'Air, l'azienda che gestisce i collegamenti extraurbani. (…) Particolari misure di prevenzione sono state disposte lungo il percorso obbligato che dal casello autostradale porta allo stadio. Capillari controlli verranno effettuati anche nell'intera zona intorno allo stadio e davanti ai cancelli di ingresso: l'area-parcheggio per le

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Antonio Di Nunno e Enzo La Penna

auto dei tifosi ospiti verrà isolata e sorvegliata dalle forze dell'ordine".
Pensiamo a questa perfetta organizzazione e pensiamo al ragazzo morto, pensiamo al vertice e pensiamo a quel carabiniere un po' ciccione (chissà se componente di uno dei "reparti speciali" ) che arranca manganellato dai
teppisti, pensiamo ai capillari controlli e pensiamo all'autentica tonnara in cui si è trasformato l'ingresso degli spogliatoi mentre i delinquenti facevano al tiro al bersaglio con aste di ferro e quant'altro. Com'è stato possibile?
 
TRASPARENTE

Abbiamo già raccontato di come Den, il mensile del Denaro diretto da Alfonso Ruffo, pubblicasse articoli firmati Pk, che per chi non lo sapesse (cioè tutti, tranne gli addetti ai lavori) è la Publikompass, concessionaria di pubblicità. E invocavamo flebilmente il protocollo d'intesa firmato dall'Ordine nazionale dei giornalisti, dalla Federazione nazionale della stampa e dalle associazioni delle agenzie di pubblicità, in cui si legge che "il lettore dovrà essere sempre in grado di riconoscere quali notizie, servizi o altre attività redazionali sono responsabilità della redazione o di singoli firmatari e quali invece sono direttamente o liberamente espresse da altri. In ogni caso la 'firma' di ciascun messaggio deve essere chiara e trasparente".
Ruffo, componente del collegio dei revisori dei conti dell'Ordine dei
giornalisti della Campania, su questo punto ci tiene a essere chiaro e trasparente. Nel numero di ottobre di Den pubblica un pezzo sull'università Parthenope, "a cura di Pk". Il lettore, magari, pensa di star leggendo un articolo di Paolo Karpov, e invece, senza accorgersene, sta seguendo i tamajo.jpg (17672 byte)
Gennaro Ferrara e Alfonso Ruffo
consigli per gli acquisti. Ma c'è di più. A un certo punto, per introdurre un'intervista, si legge "Den ne parla con il rettore, professor Gennaro Ferrara". È un passo avanti: non solo si camuffa la pubblicità, ma la si attribuisce surrettiziamente alla testata, e mai abbiamo scelto un avverbio con più cura: surrettizio è "ciò che si attua con furtività e reticenza, di nascosto, tenendone volutamente all'oscuro chi dovrebbe o vorrebbe invece saperlo" (Zingarelli).
Restava un'ultima barriera da superare, e il numero di ottobre lo fa. Appaiono, di seguito, tre articoli: "Yamamay vola verso il successo"; "Follia di Aquarama / Sensazioni profumate di un magico giorno"; "Carpisa / La tartaruga si avvicina al traguardo dei 100". Che sia pubblicità, stavolta è "chiaro e trasparente": ma i tre pezzi compaiono addirittura nel sommario. Non vorremmo sbagliarci, ma qualche giorno fa abbiamo visto Ruffo rispondere al cellulare, e la suoneria era l'indimenticabile sigla di Carosello.
 
LA MAISON

Per dimostrare che non abbiamo preconcetti, dobbiamo dire che Den, una volta sbrigate le incombenze con Pk, segue la cronaca come meglio non potrebbe fare. A corredo dell'articolo di Benedetta De Falco sulle iniziative della Fondazione Laboratorio Mediterraneo - Maison de la Méditerranée, presieduta da Michele Capasso, c'è una quantità di foto degna di un matrimonio: e non c'è dubbio che gli sposi siano Capasso e Claudio Azzolini, eurodeputato di Forza Italia ed esponente di Europa Mediterranea, quella formazione di parlamentari "azzurri" grazie alla quale il Denaro incassa soldi pubblici. Ma alla fine la spunta Capasso, che troneggia o fa capolino in dodici delle diciassette immagini, contro le sette di Azzolini. Roba da far impallidire Gabriele Paolini, il "disturbatore" delle dirette tv

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Claudio Azzolini, Michele Capasso e Benedetta De Falco

che a Parigi fu preso a calci da Paolo Frajese.
Chiude il servizio fotografico il coro del San Carlo che "esegue l'Inno del Mediterraneo composto da Marco Betta", "per la prima volta in forma corale
- si legge nel trafiletto che ricopia il comunicato stampa - e in anteprima assoluta". Miracoli degli uffici stampa: un comunicato diffuso il 4 gennaio 2002, in occasione di un'altra manifestazione della Maison a Napoli, annunciava che "è stato eseguito per la prima volta l'Inno del Mediterraneo, composto dal M° Betta ed eseguito dal Coro Polifonico e dall'Orchestra Sinfonica dell'Accademia musicale 'Enrico Caruso'"; e già l'undici ottobre 2000, un altro comunicato della Fondazione Laboratorio Mediterraneo esultava perché ad Amman "per la prima volta è stato eseguito l'Inno del Mediterraneo composto dal maestro Marco Betta". Va bene che c'è sempre una prima volta, ma non significa che la prima volta c'è per sempre.