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Roma, sentenza severa
per diffamazione Furfaro |
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“IL GIUDICE DI Napoli, sezione undicesima, dottor Carlo Spagna, letti gli articoli 533 e 535 del codice di procedura penale, dichiara Sasso Antonio, Caselli Dario e Ausiello Gerardo colpevoli del reato loro ascritto e li condanna alla pena di sei mesi di reclusione ciascuno, oltre al pagamento in solido delle spese processuali. Pena sospesa alle condizioni di legge, per i soli Caselli e Ausiello. Condanna gli imputati Sasso, Caselli ed Ausiello in solido al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, che liquida in via |
equitativa in euro 25mila, oltre alle spese di avvocato che liquida in via equitativa, in euro 2.500 complessivi”.
Con la sentenza severa, depositata il 13 gennaio dal giudice Spagna, si è chiuso il primo round di uno dei processi aperti da oltre quattro anni tra l’ex |

Antonio Sasso e Carlo Spagna |
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assessore del comune di Napoli Rachele Furfaro, ora consulente per la Cultura di Antonio Bassolino, e una pattuglia di giornalisti del quotidiano Roma, guidata dal direttore Antonio Sasso.
Ci sono stati ripetuti tentativi di chiudere con un accordo le azioni giudiziarie promosse dall’ex assessore, in questa vicenda assistita dall’avvocato Claudio Botti, mentre il penalista che difende i giornalisti del Roma è Carmine Ippolito, ma le trattative, condotte per la Furfaro dal marito, l’avvocato Riccardo Polidoro, che pure sembravano vicine a uno sbocco positivo, si sono definitivamente arenate qualche mese fa.
La citazione giunta ora a sentenza riguarda due articoli pubblicati dal Roma nel luglio 2004 per i quali gli autori insieme al direttore responsabile sono stati rinviati a giudizio nel marzo del 2006, prima davanti al giudice Enzo Albano, poi ad Antonio Panico, per approdare nell’autunno scorso davanti a Spagna.
Il primo articolo, firmato da Dario Caselli il 20 luglio 2004, è intitolato in prima pagina “Conflitto di interessi in giunta / Il Comune finanzia il fratello e la socia dell’assessore Furfaro” e all’interno “Il caso / Dal Comune 50mila euro a fondo perduto al ristorante Trianon di proprietà del fratello e della cognata dell’assessore alla Cultura / L’esercizio commerciale è tra gli unici quattro della categoria che hanno beneficiato del massimo contributo”. Titoli duri per raccontare di un ‘conflitto di interesse’ della Furfaro perché tra i beneficiari dei finanziamenti a fondo perduto decisi dal Comune di Napoli in favore delle attività commerciali del centro storico c’era la pizzeria Trianon, tra i cui soci ci sono Giuseppe Furfaro, fratello dell’assessore, e sua moglie Giorgina |

Gerardo Ausiello e Dario Caselli
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Leone, presente insieme a Rachele Furfaro nella compagine societaria della scuola ‘Dalla parte dei bambini’.
Dopo un passaggio degno di una guida gastronomica per chiarire la legittimità del finanziamento a locali di lunga tradizione, in una zona della città certamente |
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degradata (“nella graduatoria che ha premiato la pizzeria ‘Trianon’, locale storico partenopeo, figurano anche la nota pizzeria ‘Di Matteo’, situata nel decumano superiore, e l’Antica pizzeria ‘da Michele’, meta come la ‘Trianon’ di un quotidiano pellegrinaggio”), il giudice mette in evidenza come la definizione e la gestione del bando siano stati affidati a una società esterna e questo fatto in qualche modo ha svuotato il voto favorevole espresso in giunta dalla Furfaro. E articolando e documentando i passaggi, anche attraverso le testimonianze degli assessori Nicola Oddati e Roberto De Masi, il magistrato conclude che l’imputato Caselli ha “agito con dolo intenzionale”.
Gli bastano poi poche righe per definire la posizione di Sasso: la condotta ascritta a Caselli è “sicuramente estensibile al direttore della testata se, come risulta dalla dichiarazione a sua firma prodotta dalla Difesa, egli si limitò a controllare i soli atti di visura catastale, gli unici prodotti dalla Difesa stessa unitamente a quella dichiarazione. D’altronde, se il Sasso avesse visionato personalmente o correttamente valutato l’ulteriore ‘documentazione dalla quale hanno tratto le informazioni oggetto di pubblicazione’, ed in particolare la delibera e il bando di gara di cui si è detto, avrebbe certamente colto che la rappresentazione della vicenda fatta nell’articolo di stampa, ne stravolgeva completamente l’esatta sua evoluzione”.
Spagna esamina infine l’articolo firmato da Gerardo Ausiello il 21 luglio 2004, che registra le reazioni politiche alla denuncia sul ‘conflitto di interesse’ dell’assessore; il titolo è “Caso Furfaro, è bufera sul sindaco”; l’occhiello “Il caso / La
Casa delle Libertà chiede chiarezza e ‘chiama’ la procura e la Corte dei Conti: la Iervolino smetta di coprire il conflitto di interessi”.
Secondo il giudice, il secondo articolo “è apparentemente meno allusivo ai passaggi tecnici della vicenda, limitandosi effettivamente a riportare, tra virgolette, le dichiarazioni rese da vari esponenti politici sull’indagine di stampa |
fatta il giorno precedente dalla testata; tra queste dichiarazioni spiccano, peraltro, quelle dello stesso direttore Sasso (che dunque risponde anche a titolo di partecipazione diretta, oltre che per culpa in vigilando); ciò che caratterizza però il suo |

Roberto De Masi e Nicola Oddati |
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contenuto diffamatorio, con efficacia se vogliamo anche maggiore, è l’esibizione della ‘documentazione ufficiale che prova la verità di quanto pubblicato’, corroborando di fatto una versione oramai cristallizzata , che si ribadisce in forma per così dire pre-confezionata”.
Il 9 gennaio, nell’udienza conclusiva del dibattimento, il pubblico ministero aveva chiesto “l’assoluzione per tutti gli imputati perché il fatto non sussiste” e questo passaggio ha reso per i giornalisti del Roma ancora più sorprendente la sentenza. “Sono sbalordito, - è il commento di Gerardo Ausiello – perché, pur sforzandomi, non riesco a comprendere, prima ancora dell'asprezza della condanna, il fatto stesso di essere imputato in questo processo. Le notizie da cui prendono l’avvio i servizi del Roma nascono da una denuncia fatta da esponenti del centrosinistra e hanno assunto fin dall'inizio rilevanza giornalistica. Del caso si sono occupati altri quotidiani, soffermandosi sulle stesse circostanze, senza tuttavia essere citati in giudizio. Non vorrei, insieme agli altri colleghi del Roma, essere diventato il capro espiatorio solo perché scrivevo per un giornale inviso alla querelante. Continuo, comunque, a nutrire fiducia incondizionata nella magistratura e confido che questa vicenda possa trovare presto una soluzione più equa”.
Grande fiducia nella magistratura viene ribadita anche da Carmine Ippolito, l'avvocato dei giornalisti del Roma. “Massimo rispetto per chi ha scritto la sentenza, - dichiara Ippolito a Iustitia – perché stimo molto il giudice Spagna, ma speriamo che le corti superiori vogliano rivedere la decisione del tribunale. Il magistrato ha meditato su una serie di aspetti e ha colto effettivamente un passaggio problematico nel primo servizio perché il fatto non viene raccontato compiutamente. Siamo però di fronte ad articoli che sono soltanto in parte di cronaca e mi pare che la decisione presenti aspetti preoccupanti perché emerge una forte compressione del diritto di cronaca e, soprattutto, del diritto di critica, diritti tutelati dalla Costituzione. Una compressione originata dal ritenere che inesattezze del racconto possano essere trattate allo stesso modo di un completo e deliberato travisamento del fatto”. |
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