Fujenti e copianti

Lunedì in Albis: liturgia della frittata di maccheroni e del casatiello, ma non solo. A Sant’Anastasia, cittadina vesuviana che fu cara a Gioacchino Murat, si celebra ogni anno la festa  dedicata alla Madonna dell’Arco. È il rito dei fujenti, quelli che, come ha detto qualcuno, “corrono, piangono, pregano, gridano, strisciano, implorano, imprecano, si gettano in ginocchio e avanzano fino all’altare”. Già, chi lo ha detto? 
La liturgia è conosciuta anche come dei plagianti e dei copia-e-incollanti. Martedì 26 Cronache di Napoli, diretto da Domenico Palmiero, scrive diffusamente di questo pellegrinaggio dedicando con questo incipit l’intera pagina 15 all’evento, con accurate descrizioni di scenari e personaggi, e della tradizione.
Attento e documentatissimo cronista dell’avvenimento è Lucio Piccolo, che denota profonda conoscenza di radici popolari locali e di antropologia. Letto il suo paginone ne sappiamo davvero molto dei riti dedicati alla Pietosa Madre. Ne sappiamo talmente a sufficienza da non aver bisogno di cliccare il sito che si occupa della sagra del peperone imbottito, di quella di lagane e ceci, di tradizioni e feste religiose e che, a proposito del rito dei fujenti, apre una pagina con queste parole: Corrono, piangono, pregano, gridano, strisciano, implorano, imprecano, si gettano in ginocchio e avanzano fino all’altare”. Singolare coincidenza l’identico attacco dei due articoli.
Poi scorriamo il reportage di Cronache. Piccolo ci informa che “Lì, al cospetto della pietosa Madre dell’Arco, culmina il concitato e drammatico pellegrinaggio che porta ogni anno, il lunedì di Pasqua, una fitta, interminabile schiera di devoti scalzi a ripercorrere un antico itinerario di dolore fino al santuario di Maria Santissima dell’Arco, a Sant’Anastasia, dodici chilometri ad est di Napoli”. Il portale, invece, sottolinea in maniera originale che: “Lì, al cospetto della pietosa Madre dell’Arco culmina il concitato e drammatico pellegrinaggio che porta ogni anno, il lunedì di Pasqua, una fitta, interminabile schiera di devoti scalzi a ripercorrere un antico itinerario di dolore fino al santuario di Maria Santissima dell’Arco, a Sant’Anastasia, dodici chilometri ad est di Napoli”.
Uguali come gocce d’acqua:è la potenza della fede, che pervade tutti i fedeli di una stessa, identica emozione, di un identico afflato di devozione alla Pietosa Madre, che sembra parlare a tutti lo stesso linguaggio e alla quale tutti rispondono con le stesse parole. Un tipico caso antropologico da psicosi di massa, da studiare. Potrebbe occuparsene Marino Niola, docente universitario e scrittore  napoletano tra i più prestigiosi e esperto di tradizioni popolari e mutamenti culturali oltre che di gastronomia, tant’è (per restare nell’ambito di ceci e peperoni) che ha scritto il saggio Si fa presto a dire cotto (recita la nota: passioni, repulsioni, valori estetici, tipicità, territori) e si occupa da molti anni di fujenti con molti saggi pubblicati in libri e riviste. E apparsi anche nel sito sul museo della festa
Anche Niola è rimasto impressionato da quella massa di fedeli e li ha descritti così: “Corrono, piangono, pregano, gridano, strisciano, implorano, imprecano, si gettano in ginocchio e avanzano fino all’altare. Lì, al cospetto della pietosa Madre dell’Arco culmina il concitato e drammatico pellegrinaggio che porta ogni anno, il lunedì di Pasqua, una fitta, interminabile schiera di devoti scalzi a ripercorrere un antico itinerario di dolore fino al santuario di Maria Santissima dell’Arco, a Sant’Anastasia, dodici chilometri ad est di Napoli”. Sarebbe interessante organizzare un simposio tra questi vari esperti di antropologia che ragionano all’unisono. Qualcuno potrebbe imparare a correre, piangere, pregare, implorare, e magari scrivere.

Abel Fonseca

 

Domenico Palmiero

Marino Niola