Non risponde Rutelli,
ma il sottosegretario

L’iter dell’interpellanza firmata da Sodano e da altri trentatrè senatori si è concluso il 4 ottobre: il primo firmatario ha illustrato l’interpellanza, il sottosegretario ai Beni culturali Andrea Marcucci ha risposto, Sodano ha replicato. Questo il testo della discussione nell'aula di palazzo Madama.
 
Sodano (RC-SE). Signor Presidente, colleghi, prenderò qualche minuto in meno per l'illustrazione di questa interpellanza, che riguarda quello che viene definito l'ecomostro di Alimuri, uno scheletro in cemento armato costruito nel 1964 in un'area naturalistica di grande pregio ambientale nel Comune di Vico Equense, in provincia di Napoli, sulla costiera sorrentina: una concessione edilizia rilasciata nel 1964 e revocata nel 1971, rispetto alla quale c'è stata una serie di sentenze successive che non hanno mai riconosciuto la legittimità di questo manufatto.
Espongo il motivo di questa interpellanza. Il 19 luglio di quest'anno, un accordo firmato dal ministro per i beni culturali, onorevole Francesco Rutelli, dalla Regione Campania, dalla Provincia di Napoli e dall'Amministrazione comunale di Vico Equense con la società proprietaria dell'immobile (quindi di un manufatto illegale in località Alimuri a Vico Equense) dispone l'abbattimento della struttura di 18.000 metri cubi ed il ripristino del fronte a mare e del costone alle spalle del manufatto.
Fermo restando che gli interpellanti sono d'accordo che, dopo quarant'anni, si ponga fine e si abbatta quel manufatto, tuttavia vi sono diverse clausole all'interno di quell'accordo che appaiono, a nostro avviso, fortemente discutibili, perché eccessivamente vantaggiose per la società proprietaria dell'immobile.
In primo luogo, la società, la SaAn, ha ottenuto che Stato e Regione finanzino per oltre la metà - 600.000 euro su un 1.100.000 euro complessivi - le spese di demolizione e consolidamento del costone; un'altra clausola include la possibilità che un qualsiasi aumento dei costi durante le operazioni di abbattimento vada a carico degli enti pubblici firmatari dell'accordo. È plausibile che lo Stato e la Regione si facciano carico di tali spese, tenuto conto che la lievitazione dei costi è molto probabile considerato che siamo in una zona ad altissimo rischio idrogeologico, la zona rossa della fascia costiera della Provincia di Napoli?
In secondo luogo, in base a quell'accordo la società, una volta demolito quel manufatto, ha diritto a una permuta in cubatura, ossia le viene data la possibilità di costruire, negli ambiti 4 e 5 del piano regolatore del Comune di Vico Equense, un nuovo albergo con le stesse cubature del manufatto illegale. Nell'accordo è scritto testualmente: "la delocalizzazione della volumetria equivalente a quella del manufatto da abbattere".
Un primo dubbio riguarda il fatto che ci troviamo davanti ad uno scheletro non ad una struttura esistente, quindi non vi è già un albergo in funzione, e ci sono diverse sentenze del Consiglio di Stato che sanciscono che un rustico non completato non dà diritto a volumetria, a cubatura alcuna per i proprietari. Quei 18.000 metri cubi, pertanto, correttamente non sono inseriti nel piano regolatore del Comune di Vico Equense, quindi l'eventuale riconoscimento dell'accordo del 19 luglio consentirebbe la costruzione di nuovi 18.000 metri cubi su una zona, come la penisola sorrentina, che ha problemi serissimi di natura opposta, di decongestionamento, di riduzione dei volumi, se si vuole rendere anche la sicurezza oltre che la vivibilità di quel territorio.
Tra l'altro, c'è il rischio concreto che lo stesso nuovo albergo possa nascere in una zona vincolata, anche se ciò viene escluso nell'accordo, perché si dà facoltà ai proprietari dell'immobile da abbattere di individuare una area. La domanda sorge spontanea: nel caso in cui individuassero un'area e i proprietari non fossero disponibili alla vendita, in quel caso interverrebbe lo Stato con un esproprio per pubblica utilità, essendo prevista la facoltà di elevare una costruzione per volumi?
In terzo luogo, sempre ai proprietari dell'immobile - un immobile, ripeto, illegale - viene concessa la possibilità di costruire e gestire uno stabilimento balneare su una parte dei suoli su cui insiste l'immobile da abbattere. Quindi, si abbatte l'immobile, i proprietari possono avere uno stabilimento balneare nelle medesime zone e i volumi dell'immobile abbattuto possono costruirli altrove: ci sembra veramente troppo come concessione.
Infine, non si comprende per quale motivo sia cambiata, a distanza di pochi mesi, la volontà di alcuni dei soggetti in campo, in particolare della Regione Campania che aveva, pochi mesi prima, nel mese di maggio, scritto che si stavano avviando le procedure per l'abbattimento di forza dell'immobile.
Allora, innanzitutto vorremmo comprendere i motivi di un accordo così vantaggioso, considerando che nel 2004 la stessa società aveva scritto dimostrando disponibilità ad abbattere e al recupero solamente della metà dei volumi, facendosi carico interamente dei costi per l'abbattimento. (Applausi dal Gruppo RC-SE).

Marcucci, sottosegretario per i Beni e le attività culturali. Signor Presidente, onorevoli senatori, il fabbricato individuato come "ecomostro" di Alimuri a ridosso della linea di battigia dell'omonima località, allo stato è un fatiscente scheletro in cemento armato costituito da due corpi multipiano contigui.
Tale fabbricato è stato realizzato in virtù della concessione edilizia n. 67, rilasciata il 9 marzo 1964 dal Comune di Vico Equense. L'area di intervento è sottoposta a vincolo paesaggistico con decreto ministeriale del 5 novembre 1955, per cui l'allora Soprintendenza ai monumenti della Campania il 23 novembre 1963 ha rilasciato l'autorizzazione paesaggistica n. 5666.
Già dall'inizio dei lavori le associazioni ambientaliste (in testa Italia Nostra) si sono attivate per impedirne la prosecuzione.
L'11 giugno 1967 il Comune ha rinnovato la concessione edilizia n. 67 del 1964 e ha limitato la struttura a «soli» 50 vani e accessori, stabilendo che l'altezza della stessa non dovesse superare i 16 metri. La nuova licenza edilizia n. 68 è stata rilasciata dal Comune il 31 agosto 1968.
La Soprintendenza di Napoli, con l'ordinanza n. 5122 dell'8 aprile 1971, ha intimato alla società proprietaria la sospensione dei lavori per essere scaduta, rispetto ai termini di validità quinquennale, l'autorizzazione paesaggistica del 23 novembre 1963.
Con ordinanza del sindaco di Vico Equense del 2 aprile 1971 è stata disposta la sospensione dei lavori e con la successiva ordinanza comunale n. 40 del 28 maggio 1971 è stata disposta la demolizione della opere fino allora realizzate.
I proprietari hanno promosso ricorso gerarchico al Ministero della pubblica istruzione, allora competente per la materia, contro l'ordinanza della Soprintendenza; il ricorso è stato accolto dal Ministero con la nota n. 6637/71 Div. II del 12 giugno 1972, che ha dichiarato nulla l'ordinanza della Soprintendenza.
A seguito delle denunce dell'associazione Italia Nostra, i responsabili delle opere sono stati sottoposti a procedimento penale. Il pretore di Sorrento, con sentenza del 4 dicembre 1972, ha assolto gli imputati per non aver commesso il fatto.
Nelle more del contenzioso amministrativo, i lavori sono proseguiti fino alla configurazione che attualmente presenta la struttura.
Dopo nutrita corrispondenza tra Comune e Regione, con il decreto n. 3796 dell'11 novembre 1976, il Presidente della Giunta regionale ha annullato le licenze edilizie del 1964 e del 1968, poiché rilasciate in violazione dello strumento urbanistico allora vigente. A seguito di ricorso proposto dalla parte contro tale deliberazione, il TAR della Campania, con la sentenza n. 568 del 1979, ha dichiarato illegittimo il provvedimento regionale, perché emesso oltre i 18 mesi dal compimento dell'accertamento delle violazioni. Il 21 dicembre 1979 la Regione ha avanzato ricorso al Consiglio di Stato, che, con la sentenza n. 724 del 19 ottobre 1982, ha confermato il positivo giudizio del TAR.
Con nota del 2 aprile 1986, l'allora società proprietaria ha comunicato la ripresa dei lavori, ma il Comune di Vico Equense, il 15 maggio 1986, ha diffidato la stessa dal riprendere le opere fino al consolidamento del retrostante costone e ha confermato la sospensione dei lavori fino all'esecuzione di tale consolidamento, ad oggi non ancora realizzato. Inoltre, con l'ordinanza n. 26/86 del 12 maggio 1986, ancora vigente, ha vietato il transito e la sosta di persone o cose nell'area ove è posto il manufatto.
L'Amministrazione comunale, con la delibera n. 27 dell'1 marzo 2001, ha espresso l'indirizzo di demolire lo scheletro in cemento armato in argomento, nel frattempo trasformatosi in una fatiscente struttura che, oltre a deturpare fortemente il paesaggio costiero, è diventata ritrovo per lo spaccio e l'uso di stupefacenti.
Nel 2003, presso il settore politica del territorio della Regione Campania, è stato attivato un tavolo tecnico, con la presenza della Regione, dei Comuni di Vico Equense e di Meta e della società SaAn, per studiare la possibilità di demolire l'ecomostro con la realizzazione, in sostituzione, di strutture balneari di tipo stagionale e la delocalizzazione in altro sito del Comune di Vico Equense delle volumetrie da demolire.
Il 16 novembre 2006, la Giunta comunale di Vico Equense, preso atto dell'avvio, da parte della Regione Campania, del tavolo tecnico finalizzato alla riqualificazione dell'area in località Conca di Alimuri, ha ratificato gli impegni afferenti al consolidamento del costone roccioso soprastante l'area e si è determinata, per la demolizione del manufatto esistente e, la delocalizzazione dello stesso in altro sito del territorio comunale.
L'11 maggio 2007, la Soprintendenza di Napoli e Provincia e l'Assessorato all'urbanistica della regione Campania hanno avviato il procedimento per l'eventuale esercizio dei poteri ex articolo 21 quinquies della legge n. 241 del 1990 di revoca degli atti autorizzativi precedentemente adottati afferenti alla realizzazione del manufatto in argomento.
La società proprietaria del manufatto si è resa disponibile ad assumere gli oneri economici connessi alla demolizione del manufatto, così come alla riqualificazione dell'area, mentre il Comune di Vico Equense ha comunicato che l'Amministrazione provinciale, competente per la materia, con delibera del 3 agosto 2006 aveva approvato il progetto generale di consolidamento del costone di Alimuri, per l'importo complessivo di 5 milioni di euro.
Con l'accordo firmato il 19 luglio 2007 tra il Ministro per i beni e le attività culturali, il Presidente della Giunta regionale della Campania, il Presidente dell'Amministrazione provinciale di Napoli e il Sindaco del Comune di Vico Equense si è stabilito, tra l'altro, che la spesa per il consolidamento del tratto di costone necessario per poter effettuare in sicurezza le operazioni di demolizione dell'ecomostro è stata quantificata in circa 800.000 euro. Tale consolidamento rientra tra le competenze istituzionali della Regione e, per delega di questa, della Provincia. Lo stesso costone, tra l'altro, non è proprietà della società SaAn.
L'accordo del 19 luglio 2007 prevede che il relativo onere economico sia a carico della società proprietaria dell'ecomostro per 500.000 euro e a carico dell'Amministrazione regionale per 300.000 euro. Il Ministero per i beni e le attività culturali si è fatto carico dell'abbattimento dell'ecomostro e lo sgombero delle relative macerie, operazione quantificata in 300.000 euro e rientrante tra le competenze istituzionali del Ministero.
Questo accordo comporta che la società proprietaria dell'ecomostro si farà carico di una cifra maggiore di 200.000 euro rispetto a quanto le spetterebbe per la demolizione e lo sgombero delle macerie, cifra che, ovviamente, va detratta dagli impegni economici a carico della pubblica amministrazione. Gli eventuali maggiori costi del consolidamento del costone sono legati esclusivamente all'estensione dell'area di consolidamento da realizzare. Solo nel caso in cui si prevedesse di consolidare una superficie di costone maggiore di quella necessaria alle operazioni di abbattimento, gli oneri connessi sarebbero, per competenza, a carico dell'Amministrazione regionale.
È opportuno chiarire che l'ammissibilità della edificazione di una nuova struttura edilizia in compensazione di quella da demolire discende dalla legittimità della costruzione esistente. Del resto, già il tavolo tecnico attivato dal settore politica del territorio della Regione Campania nel 2003 ha assunto tra gli obiettivi la delocalizzazione della volumetria da demolire in altro sito del Comune di Vico Equense.
Per quanto concerne l'area di sedime della struttura da demolire, va segnalato che l'accordo del 19 luglio 2007 non prevede la realizzazione di alcuna struttura ricettiva, ma di strutture ricreative stagionali (per la balneazione) di facile rimozione e di bassissimo impatto ambientale (servizi igienici e spogliatoi, per esempio).
Assicuro l'onorevole senatore interrogante che il Ministero ha comunque avviato ulteriori verifiche giuridico-amministrative per accertare se vi siano percorsi tecnico-procedurali che risultino più vantaggiosi per lo Stato e gli enti interessati e consentano di migliorare ulteriormente lo scenario che ho appena delineato. È uno scrupolo in più e daremo volentieri informazione al Parlamento in ordine a questi ulteriori approfondimenti che stiamo operando.
Infine, l'area dove andrebbe edificata la volumetria da demolire, ricadendo nel territorio comunale di Vico Equense, è sottoposta a vincolo paesaggistico. La nuova localizzazione non è contemplata nell'accordo del 19 luglio 2007. Ovviamente la stessa va attentamente valutata per l'elevato valore paesaggistico del territorio comunale di Vico Equense. A tale scopo il Ministero per i beni e le attività culturali si è fatto carico di impegnare le Amministrazioni firmatarie dell'atto alla costituzione di un tavolo tecnico finalizzato a valutare la proposta relativa alla delocalizzazione della volumetria da demolire, che potrà essere ricostruita esclusivamente nelle zone territoriali 4 o 5 del vigente piano urbanistico territoriale della penisola sorrentino-amalfitana, zone nelle quali lo stesso piano prevede la possibilità della creazione di nuove volumetrie turistico-ricettive.
Il tavolo tecnico è stato insediato il 24 luglio 2007 presso il Comune di Vico Equense e vede presenti, oltre alle Amministrazioni regionale e provinciale, anche il Ministero attraverso la direzione generale per i beni architettonici e il paesaggio, la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania e la Soprintendenza di Napoli e Provincia.

Sodano (RC-SE). Domando di parlare. Signor Presidente, è difficile per me e mi costa molto dichiarare la mia insoddisfazione per la risposta del Sottosegretario, anche perché nella sua ricostruzione, in larga parte riprendendo ciò che è scritto nell'interpellanza e anche quello che avevo esposto nell'illustrazione in modo abbastanza puntuale, c'è un "buco nero" tra maggio 2007 e luglio 2007, perché la ricostruzione che egli fa si ferma a maggio 2007, quando si manifesta una volontà da parte del Ministero e della Regione di procedere con un atto di forza all'abbattimento. Improvvisamente poi la proprietà mostra disponibilità ad abbattere e si arriva alla definizione di un protocollo che - come lei conferma, signor Sottosegretario - è del tutto vantaggioso per la proprietà.
Voglio ricordare che la proprietà dopo 20 anni, nel 1984, ha comprato uno scheletro su cui esisteva una concessione edilizia del 1964, quindi scaduta. Essa è stata dichiarata illegittima e revocata dalla Regione e non è mai stato emesso un giudizio a favore della proprietà; sono intervenuti solamente il TAR della Campania e poi il Consiglio di Stato, che non hanno attestato la legittimità delle licenze ma hanno semplicemente dichiarato che i termini entro cui si erano prodotti i ricorsi erano scaduti. Quindi, l'illegittimità dell'atto era del tutto palese.
Del resto, in merito ad uno scheletro che è rimasto in piedi per 43 anni il Governo potrebbe sollevare l'obiezione che forse la strada dell'azione giudiziaria o dell'atto di imperio per arrivare all'abbattimento avrebbe richiesto ancora qualche mese o qualche anno. Per quale motivo, però, non si è nuovamente chiesto alla proprietà di presentare il nullaosta ambientale che - come lei sa meglio di me - scade ogni cinque anni e dal 1964 è scaduto diverse volte? Se fosse stato richiesto il nullaosta ambientale, trovandosi la costruzione in zona vincolata dal punto di vista paesaggistico-ambientale, questo non sarebbe stato ottenuto, e quindi l'abbattimento sarebbe stato un atto dovuto. Inoltre, se proprio si doveva raggiungere un accordo, per quale motivo non si è scelta la strada dell'accordo di tre anni prima, o di qualche mese prima, in cui la proprietà chiedeva solamente di abbattere la costruzione e di poter utilizzare una parte del territorio per l'insediamento di uno stabilimento balneare?
E, ancora, per quale motivo dobbiamo compensare un rudere con un albergo di uguale volume? È un aspetto della vicenda veramente incomprensibile e dalla sua risposta, signor Sottosegretario, non emergono chiarimenti. Non c'è alcun altro esempio nel nostro Paese per cui davanti ad un atto illegale, la costruzione di un manufatto abusivo, di un ecomostro, le autorità pubbliche procedano all'abbattimento e compensino la società proprietaria con la concessione della costruzione di una struttura di uguali volumi, sapendo, peraltro, che il manufatto originario consisteva solo in uno scheletro, illegittimo, edificato in una zona per la quale non era possibile concedere licenze. Sono veramente esterrefatto dalla modalità con cui si è proceduto.
Inoltre, non l'ho detto in premessa ma sussiste anche un motivo di opportunità. Credo non sfuggirà al Governo che la proprietà dell'albergo ha legami di parentela molto stretti con un esponente di spicco della Giunta regionale.
L'unico apprezzamento che esprimo circa la risposta del Governo riguarda la volontà di procedere ad un approfondimento ma non capisco per quale motivo tale approfondimento non è stato effettuato prima di redigere un protocollo; un protocollo è in qualche modo vincolante. Oggi abbiamo fatto un grande regalo alla proprietà, che può vantare un protocollo d'intesa e può esigere il rispetto dei termini e delle modalità con cui è stato sottoscritto.
Quanto meno il Governo dovrebbe bloccare questo accordo e condurre gli opportuni approfondimenti. Peraltro, sulla base di una comunicazione di pochi minuti fa pervenutami da un'associazione ambientalista mi risulta che a metà settembre è stata disposta con ordinanza di Protezione civile la messa in sicurezza del costone, operazione che costa 5 milioni di euro.
Abbiamo quindi di fronte il proprietario di una costruzione abusiva, illegittima, che con 500.000 euro realizza sulla penisola sorrentina un albergo di 18.000 metri cubi di volume. Vorrei che il Governo riflettesse su tutto questo. (Applausi dal Gruppo RC-SE).