La forfora e il kit anticamorra

Cara Iustitia cara,
non sappiamo ancora quando verrà presentato né quale società mista e desta si occuperà della sua diffusione, ma corre voce che il kit anticamorra sia pronto. L’iniziativa è di quelle da far tremare i polsini. La bozza del programma di presentazione prevede: apertura senza chiusura di una tavola rotonda (sede da decidere), forum e cineforum con clichè e buffet (catering da decidere), esca di beneficenza con ballo delle scolaresche (scuole da decidere), mostra dal titolo provvisorio Pizzo connection (museo da decidere), con creativi in delirio tra installazioni di sangue e mozzarella ‘ngoppa, e un albero, il solito abete depresso, senza fringuelli e senza foglia, piantato in qualche piazza del disagio (da decidere), carico di lettere contro ‘o sistema firmate da bambini e bamboccioni.
Da una soffiata di un ex iscritto all'Opus dei con acufene dirompente, escluso dal giro per un sit-in di forfora che ogni mattina occupava i suoi splendidi gessati blu notte, siamo venuti a sapere che l’unica sede non da decidere è quella in cui si terrà il lancio del kit: l’Istituto universitario Suor Orsola Benincasa. Di testa in testa, vivendo sulle spalle degli altri e godendo, di conseguenza, di molto tempo libero, la forfora dell’affiliato all’Opus dei ha voluto incontrarci in separata sede (sull’impermeabile di un giornalista precario) per integrare le notizie dell’ex capo e rivelarci non solo gli ideatori del kit anticamorra, ma soprattutto il suo segretissimo contenuto.
Virgolettiamo le parole della forfora che, ad un certo punto, si perdono nel vento: «Ho sentito che l’idea del kit è venuta al Comitato Siani… quel gruppo che ha istituito il premio nel nome del cronista ucciso dalla camorra vent’anni e più fa… uno del Comitato, dopo aver ascoltato il resto della combriccola, ha buttato lì una proposta di “comunicazione applicata” parlando di un kit contro la camorra… idea che è piaciuta un finimondo... successivamente la discussione è proseguita su che kit fare, su che kit dare… La potenzialità dell’idea ha galvanizzato il gruppo che si è esibito in un pauroso confronto… ognuno con il suo gadget da proporre… a finale nessuno è riuscito ad arginare l’alluvione di retorica…».
Fin qui le certezze della forfora, spazzate via all’improvviso da una scrollata di spalle con veemente vortice delle braccia del giornalista malinconico in visibilio per Papa Ratzinger che ha maledetto il precariato. Prima di raccontarvi dove siamo andati a recuperare le notizie sul contenuto del kit, è giusto informare chi non ha forfora da chi è formato il Comitato Giancarlo Siani: Ordine dei giornalisti della Campania, Associazione napoletana della stampa, Istituto universitario Suor Orsola Benincasa, Centro studi Siani, Il Mattino. Una cinquina di enti che dal 2004, ogni 23 settembre, esce sulla ruota dell’anticamorra, riunendosi alla consolle di via Chiatamone per inserire la musica della memoria. L’occasione è la consegna del premio destinato «agli autori di studi, ricerche o tesi di laurea che abbiano come oggetto prevalente il giornalismo, l’editoria, la multimedialità e il sistema di comunicazione di massa visti dai profili della storia, della sociologia e delle più avanzate tecnologie con particolare attenzione al Mezzogiorno». C’è anche una borsa di studio che s’aggira nel Comitato del 23: quella che il Suor Orsola Benincasa dà a chi si qualifica primo tra gli allievi della propria scuola di giornalismo nella graduatoria di fine anno accademico. 5000 euro il montepremi del Siani, direttamente dalla cassa dell’Ordine dei giornalisti della Campania, quest’anno cinque le coppie in giuria: Ottavio Lucarelli e Gianfranco Coppola (Ordine dei giornalisti), Enzo Colimoro e Gianni Ambrosino (Assostampa), Lucio D’Alessandro e Arturo Lando (Suor Orsola), Enzo Calise e Geppino Fiorenza (Centro Studi Siani), Mario Orfeo e Daniela Limoncelli (Il Mattino). L’ultima premiazione - caduta il 24 settembre, perché il 23 era domenica di pallone -, come sempre ma più di prima, ha registrato bella gente e sorrisi, persone «dedite all’eroismo perché non costa nulla» (rubiamo Sciascia) e governanti illuminanti quando di camorra si deve solo cianciare. Senza scosse il protocollo della giornata. Alla lama della parola si è preferito il taglierino della commemorazione. Non sono mancate le trote di allevamento retorico («Siani si è sacrificato coscientemente perché si rendeva conto di cosa stava facendo e del pericolo che correva», Rosa Russo Iervolino) né si sono fatti attendere i barracuda dell’analisi («Siani aveva fotografato la camorra non solo come fenomeno di cronaca nera, ma come sistema più ampio con connessioni con l’impresa e con la politica», Dino Di Palma); non ha risparmiato neon la stella dell’ovvietà («Siani è stato un cronista dell’anticamorra», Renato Rocco) né si è rinnovato il jukebox di Mario Orfeo, direttore d’archivio che nel 2004 dichiarava: «Siani lo ricordiamo tutti i giorni da quel 23 settembre di 19 anni fa…», e nel 2007 si è incantato: «Siani cerchiamo di ricordarlo tutti i giorni…». Nessuno, neanche a pregarlo, si è accorto dell’assenza di Ermanno Corsi, ex presidente dell’Ordine dei giornalisti della Campania che, un tempo, si calava nell’evento con la gioia di un bambino («Siani avrebbe 46 anni oggi, è morto fisicamente, ma è andata avanti un’altra vita di Siani, quella che oggi ne fa un simbolo di giustizia e legalità», 23 settembre 2005) e, oggi, due giorni prima della premiazione, con l’allegria di un attore senza più camerino, ha comunicato all’Ansa la sua non partecipazione al Siani poiché «la rappresentanza dell’Ordine dei giornalisti della Campania è affidata a chi (Ottavio Lucarelli) con il proprio voto ha impedito, tempo addietro, all’Ordine della Campania di radiare dall’Albo un iscritto condannato a 3 anni e mezzo di reclusione per estorsione a mezzo stampa…». Ruggine a pioggia, schizzetti di fango, Siani nella pozzanghera e una certezza: Ottavio si è bagnato e Lucarelli non ha aperto l’ombrello.
Beghe a parte, non perdiamo d’occhio il premio. Inglobato, di recente, in un carnet di eventi con libri, spettacoli, passerelle, scuole, è ormai diventato un cult dell’anticamorra. Dà luce, non ancora lustro. Dona tanta visibilità, possibilità di contatti: bisogna esserci. Presiedere. Farsi vedere. Circolare. Nei giorni del Siani, ad esempio, tra i Paolini dell’anticamorra, registriamo l’inarrestabile Geppino Fiorenza. Giurato del premio, «psicologo e aspirante giornalista» (vedi il peana che Generoso Picone gli dedica sul libro I napoletani), animatore dell’associazione Libera, curatore del sito ufficiale di Siani, per incontrarlo è necessario spulciare l’Ansa. Prima o dopo un assessore, vicino o dietro a un giornalista, passa le giornate nei comunicati stampa. Non è il solo, per carità. Chi dal premio, più di ogni altro, riceve promozione a go go è Lucio D’Alessandro, preside del Suor Orsola Benincasa, uomo-sandwich dell’istituto di corso Vittorio Emanuele. Al grido «O la borsa di studio o la vita!», da quando il Siani è stato istituito, ha iniziato a collezionare riflettori e a puntarne un bel po’ sulla scuola orsolina di giornalismo, l’unica a Napoli che ti consente, dopo un biennio, ben pagato dai corsisti, di accedere alla professione. Sarà una coincidenza, ma il battage pubblicitario della scuola parte a settembre in concomitanza con il Siani e, vuoi o non vuoi, il premio, da quattro anni a questa parte, è diventato il megafono del Suor Orsola. La rapida cronistoria del Siani, poi, non lascia dubbi: i dalessandrini, se si esclude il 2005, sono sempre andati a podio. Anno 2004: borsa di studio all’allieva Irene Alison; 2006: Simona Petricciulo, laureata of course al Suor Orsola, s’aggiudica non la borsa di studio, ma addirittura la terza edizione del Siani in ex aequo con un certo Roberto Saviano; 2007: gloria alla corsista Iolanda Palumbo. Al mercante in fiera di settembre, c’è sempre la carta del lattante di Lucio Giurato D’Alessandro tra le vincenti. Insomma, chi aspira a entrare nell’albo del premio, più che dannarsi nell’inviare tesi e controtesi, può iscriversi al Suor Orsola perché è da lì che si può salire più agevolmente sul treno dei «professionisti del Siani».
A proposito, quest’anno il premio è diventato anche l’occasione per promuovere un manoscritto. Sì, perché a vincere l’ambìto Siani, ancora con il rito dell’ex aequo, oltre a Filippo Ponticello e Paolo Chiariello è stato Ciro Pellegrino con, leggiamo l’Ansa, un «libro sulle nuove espressioni della Camorra». Curiosi come la forfora, siamo andati nelle librerie alla ricerca del capolavoro. «Non esiste», ci hanno detto in coro librai smarriti e signorine assai scocciate che ci fissavano con quello sguardo di chi vorrebbe gridarti in faccia: non hai un cazzo da fare oggi? Sembravamo, sotto una pioggia fetente, un pellegrino bastonato che persino nel santuario Feltrinelli non è riuscito a scovare l’agognata teca. L’altra sera, sul blog dell’altro Pellegrino, veniamo a sapere che: il libro non è mai stato pubblicato; non parla di camorra ma «sostanzialmente del telelavoro e dell’approccio a questa modalità lavorativa di un giovane giornalista napoletano»; «indegnamente» ha vinto; l’autore non ricorda dove «cavolo» ha messo l’ultima copia del documento word e del pdf e, pur apprezzando il web e l’ebook, sogna il cartaceo per il suo lavoro. Sul giallo del perché era girata la notizia di una pubblicazione sulla camorra, Pellegrino è chiaro come Prodi: «È qualche agenzia che ha sbagliato a scrivere». Cosa? Del libro o della camorra? Il Siani, dunque, ha premiato un nonlibro che non parla di boss e gang, ma di un'autobiografica esperienza lavorativa in cui, tiene a precisare l’autore ai suoi fan, «non c’è nulla di “tecnico”, è tutto molto a ridere e pazziare». Pazziamm’, allora. Come lo vogliamo chiamare questo libercolo («una settantina di pagine») sul telelavoro? Sciascia ci perdonerà, ma un titolo sbaraglia tutti: «Il giorno della gavetta».
I folli che sono arrivati fin qui - siamo a 10.013 caratteri (spazi inclusi) ovvero 1568 parole (e una sola parolaccia) – meritano di sapere dove accidenti siamo andati a recuperare le notizie sul contenuto del kit anticamorra. Da un barbiere di Santa Lucia. La nostra fonte, infatti, abbandonate le spalline di un funzionario della Regione convertitosi alla pelata, si è ritrovata sulle basette di un rockettaro senza band e, riconoscendoci, poiché la memoria della forfora non dimentica un capello, ha rivelato l’arsenale del kit: una fiaccola; una t-shirt rossa carinamente offerta dall’assessore Francesco Emilio Borrelli; una copia autografata del libro di Isaia Sales «le strade della violenza»; la compilation di un neomelodico che ce l’ha fatta; una capuzzella di Rebecca Horn, recuperata dall’installazione del 2002 di piazza del Plebiscito; un microfono; una gigantografia di un’ecoballa.
Dopo questo articolo, abbiamo saputo che il Comitato ha voluto aggiungere al kit uno shampoo antiforfora. Byte byte

Fausto Molosso
 
Giancarlo Siani
Joseph Ratzinger
Gianni Ambrosino
Lucio D'Alessandro
Arturo Lando
Enzo Calise
Daniela Limoncelli
Dino Di Palma
Renato Rocco
Ermanno Corsi
Generoso Picone
Irene Alison
Simona Petricciuolo
Roberto Saviano
Paolo Chiariello
Ciro Pellegrino
Geppino Fiorenza
Francesco Borrelli
Isaia Sales
Rebecca Horn