Il primo gennaio è morto Pasquale Nonno, nato a Napoli il 17 giugno del 1935 (ai suoi redattori si presentò dicendo: “non dimenticate che sono napoletano come voi e che vengo da via Foria”). Nel dopoguerra Nonno è stato il più importante direttore del Mattino, che ha guidato dal 23 febbraio del 1985 al 31 luglio del 1993. Personaggio dal fisico, dal carattere e dal peso politico imponente, ha governato con mano ferma il giornale dandogli una identità e una riconoscibilità fino a raggiungere alla fine degli anni Ottanta uno straordinario record di copie vendute, 179.940, dovuto anche, ma non solo, alle imprese di Diego Armando Maradona.
Con la sua direzione il Mattino si impose per l’ultima volta come giornale nazionale, letto a Roma e a Milano (dove dopo venti anni riaprì una redazione), anche per capire umori e strategie del suo amico e sponsor Ciriaco De Mita, dal 1982 segretario della Democrazia Cristiana, che per liberagli la poltrona del Mattino aveva fatto fuori l’irpino di Mirabella Eclano Franco Angrisani.
A via Chiatamone, scrisse Giampaolo Pansa, De Mita vuole “un iperfedele, il suo Salinger di piazza del Gesù: Pasquale Nonno, già bravo giornalista alla Rai, a Panorama e all’Europeo, ma anche instancabile frequentatore dell’ufficio ovale di De Mita, sempre lì, sempre all’erta, baffo cordiale, bretelle, pancia al vento e sguardo da furetto”.
Si era insediato esattamente da sei mesi, e si stava ancora assestando, quando venne ucciso il cronista ‘abusivo’ Giancarlo Siani; ne rimase sorpreso e sconcertato non riuscendo a inquadrare l’omicidio tanto da decidere di dare la notizia con un taglio a piede pagina di prima, salvo uscire il giorno dopo con una larga spalla di fascia alta dopo la rivolta di un gruppo di redattori.
Schierò il Mattino in tante battaglie, molte perdute, scegliendo sempre posizioni nette. Difficile dimenticare il cannoneggiamento sui magistrati, in primis Carlo Alemi, che indagavano sulla torbida vicenda del rapimento di Ciro Cirillo.
O nel 1986 l’attacco a Silvio Berlusconi, astro dell’imprenditoria milanese e fedelissimo di Bettino Craxi, al quale riservò due puntate da una pagina per fare luce sulla misteriosa origine delle sue fortune. Affidò l’inchiesta al giovane cronista dell’economia Roberto Napoletano (oggi direttore del Sole 24Ore), e ricevette una puntigliosa replica in diciotto punti di Berlusconi, che si domandava “per conto di chi è stata organizzata la spedizione punitiva?”, e poi presentò una querela contro l'autore degli articoli.
O i suoi attacchi furiosi quando Eugenio Scalfari annunciò lo sbarco di Repubblica a Napoli, con fuoco ad alzo zero anche contro il presidente dell’Unione industriali di Napoli Salvatore D’Amato che si era permesso di dare in fitto un prestigioso appartamento di palazzo Partanna per ospitare la squadra che avrebbe realizzato l'edizione campana..
Nel ’92 Nonno non percepì il vento di Tangentopoli che stava montando e fu l’unico tra i direttori di quotidiani medio-grandi a mettersi di traverso martellando i magistrati che conducevano le indagini sulla corruzione dei politici. Dopo diversi mesi anche la redazione cominciò a prendere le distanze, ma Nonno decise di andare avanti per la sua strada, coerente e miope tenne ferma la rotta del giornale e venne travolto dalle inchieste, e dagli arresti, del pool Mani Pulite. E nell’estate del ’93 gli editori decisero di farlo fuori per sostituirlo con il monumento Sergio Zavoli.
Il 31 luglio firmò l’editoriale di addio, triste e gonfio di orgoglio, anche se in alcuni passaggi con poca memoria. Coerente come sempre, ribadì la posizione d’attacco contro la magistratura, in particolare contro “alcuni giudici che mostrano di gradire” “la giustizia di piazza”. Aggiunse anche: ai magistrati napoletani”debbo dire francamente, ricordando il momento più tragico vissuto al Mattino, che la determinazione che ora dimostrano nel perseguire uomini politici grandi, medi, piccoli e piccolissimi con le loro corti e le loro segreterie, non l’ho riscontrata quando si è trattato di cercare gli assassini di Giancarlo Siani”. Dimenticando però il ruolo decisivo avuto dai suoi cronisti di punta nel sostenere ipotesi e indagini palesemente infondate.
La chiusa la dedicò ai successi ottenuti durante la sua direzione. “Dall’85 il Mattino è molto cresciuto. Cinquantasei pagine, otto redazioni periferiche, inserti, un supplemento. I giornalisti da 121 sono diventati 160 (venti anni dopo sono meno della metà, ndr); c’è stato anche un grande ricambio. Quasi la metà dell’attuale redazione è stata assunta da me con criteri pluralistici e professionali. Soltanto per due di essi l’influenza di una segnalazione è prevalsa su questi criteri (ma i due si sono poi dimostrati elementi validi)”. Numeri largamente inesatti per chi ricorda i tanti ‘pacchi’ imbarcati al Mattino in quegli otto anni, ma poco importa.
Alla morte di Nonno il Mattino ha giustamente dedicato grande rilievo con un servizio in prima pagina firmato da Pietro Gargano e un’intervista a Ciriaco De Mita, seguiti dalle testimonianze di alcuni redattori. Anche il Corriere del Mezzogiorno ha pubblicato un lungo articolo affidato a Francesco Durante, che con Nonno lavorò al Mattino
Imbarazzanti invece e connotate da una sciatteria purtroppo frequente le scelte del Tgr di Antonello Perillo e dell’edizione locale di Repubblica guidata Giustino Fabrizio. Poche parole lette dal conduttore per il tg campano e una notizia nel colonnino delle brevi per Repubblica Napoli.
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