Nota della Procura
sull'omicidio Gatti

Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli

COMUNICATO STAMPA DEL GIORNO 1 luglio 2010

Nella mattinata odierna militari del Roni del Comando Provinciale CC di Napoli, in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip presso il Tribunale di Napoli, hanno tratto in arresto Roberti Giuseppe detto Peppe capavacante classe 1950, suo fratello Roberti Salvatore classe 1959 e suo figlio Roberti Salvatore classe 1972, con l’accusa di concorso nell’omicidio di Gatti Nicola, un giovane di circa 18 anni, il cui cadavere non è stato mai trovato e della cui scomparsa si interessò anche la trasmissione televisiva Chi l’ha visto? nell’edizione dell’11 gennaio 1994.
La vicenda è stata chiarita, a tanti anni di distanza, grazie al decisivo apporto di numerosi collaboratori di giustizia, quasi tutti appartenenti al clan Giuliano di Forcella, ciascuno dei quali ha rivelato segmenti di una verità rimasta troppo a lungo sepolta grazie ai colpevoli silenzi dei tanti che, già all’epoca, erano a conoscenza di elementi di rilevante importanza.
Le attività di indagine - condotte dalla DDA di Napoli ed effettuate dai Carabinieri della Sezione di PG-Procura e dal Roni-CC di Napoli - hanno consentito di accertare che Gatti Nicola, giovane di Napoli ma abitante al rione Salicelle di Afragola (uno dei tanti insediamenti abitativi realizzati con i fondi della ricostruzione post-terremoto 1980), era amico di Vastarella Diego, legato ai gruppi malavitosi di Secondigliano e fidanzato con una delle figlie di Roberti Giuseppe detto cavapavante e di Giuliano Erminia detta Celeste (sorella di Giuliano Luigi detto Lovigino, capo indiscusso del clan Giuliano, nonché tra i fondatori della Fratellanza napoletana, poi denominata Nuova Famiglia).
Nell’estate 1993, Vastarella Diego affidò la propria fidanzata a Gatti Nicola, affinché questi vigilasse su di lei, tanto che il giovane seguì la famiglia della ragazza durante il periodo di vacanza ad Ischia, restando presso l’abitazione estiva della famiglia Roberti anche allorquando i familiari della ragazza tornavano a Napoli.
Col tempo (secondo quanto emerso da intercettazioni telefoniche disposte all’epoca dei fatti sulle utenze dei componenti della famiglia Giuliano-Roberti nell’ambito delle indagini sui gruppi malavitosi Bosti-Contini) Gatti indirizzò le proprie attenzioni verso entrambe le figlie della coppia Giuliano-Roberti, o almeno tale fu il convincimento dei genitori delle ragazze, nei quali nacque il sospetto che il Gatti potesse iniziare le ragazze ad esperienze amorose e di droga.
Da questo sospetto iniziale partirono vari avvertimenti diretti al giovane, che, ad un certo punto, fu anche indotto a lasciare l’abitazione e ad allontanarsi.
Il giorno 30 agosto ‘93 il giovane uscì di casa per non farvi più rientro e, da allora, se ne persero le tracce.
In data 2 settembre ‘93, la madre del giovane si presentò ai Carabinieri per segnalarne oralmente la scomparsa; solo nel dicembre 1993 la denunzia venne formalizzata, ma, nell’occasione, i familiari del giovane non diedero alcuna indicazione sulle frequentazioni del loro congiunto, frequentazioni delle quali - alla luce di quanto emerge dalla rilettura delle intercettazioni telefoniche dell’epoca - erano invece a conoscenza.
In data 11 gennaio 1994 i familiari del Gatti si presentarono alla trasmissione Chi l’ha visto? per segnalare all’opinione pubblica la scomparsa del proprio congiunto, in modo da stimolare la comunicazione di eventuali notizie da parte dei telespettatori, e ciò secondo le finalità della trasmissione suddetta; tuttavia, neanche in quella occasione -come emerge dal video della trasmissione, acquisita al fascicolo- essi fecero riferimento al legame, e comunque al rapporto di frequentazione, tra il giovane e la famiglia Giuliano-Roberti, limitandosi a segnalare un improbabile legame amoroso con una ragazza del nord Italia.
A distanza di anni, il muro di complicità e di omertà intrafamiliare, che per troppo tempo aveva consentito l’impunità, è stato rotto, con le prime ammissioni dei collaboratori di giustizia del clan Giuliano. Vincendo la scontata ritrosia a riferire crimini maturati nell’ambito familiare, tali collaboratori (Giuliano Luigi Lovigino, Giuliano Raffaele ‘o zuì, Giuliano Guglielmo ‘o stuorto, Giuliano Salvatore ‘o montone) hanno raccontato quanto di rispettiva conoscenza su tale episodio, sul quale ha poi reso dichiarazioni di notevole spessore anche Garofalo Raffaele detto Pancho Villa, già legato ai fratelli Giuliano e poi tratto in arresto nell’ambito dell’operazione Piazza pulita del 2007, in conseguenza della quale ha scelto la via della collaborazione.
La vicenda è stata ricostruita faticosamente in quanto si è trattato di un omicidio che -benché non abbia motivazioni camorristiche- è tuttavia maturato in un contesto di criminalità organizzata, il che ha finito per rendere pressoché inesistente (almeno sino alle timide ammissioni della parte finale delle indagini) l’apporto da parte dei parenti della vittima.
L’omicidio è stato connotato da estrema brutalità nella fase esecutiva, terminata con un vero e proprio affondamento in mare della giovane vittima, il cui corpo non è stato infatti mai più trovato dall’epoca del fatto.
Infatti, dal complesso delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, è emerso che i tre indagati, dopo aver provveduto ad attirare con un pretesto Gatti Nicola a bordo di una barca nella disponibilità di Roberti Giuseppe, lo condussero al largo, dove lo colpirono al capo con un mezzo marinaio (strumento della navigazione marittima formato da un’asta uncinata, utilizzato per avvicinare la barca al molo durante la manovra di ormeggio), poi applicarono al corpo della vittima un’ancora al fine di accrescerne il peso, ed infine lo gettarono in mare, cagionandone la morte e contestualmente occultando il cadavere.
Ai tre indagati è contestato il delitto di concorso in omicidio premeditato, aggravato dai motivi abietti e futili (consistenti nell’intenzione di punire il Gatti, per avere questi intrapreso una relazione sentimentale con una delle figlie di Roberti Giuseppe), nonché dall’avere agito con crudeltà nei confronti della vittima.
I tre indagati sono stati associati alla Casa circondariale di Napoli Poggioreale in attesa dell’interrogatorio di garanzia da parte del Gip che ne ha disposto l’arresto.

Napoli, 1 luglio 2010

Il Procuratore aggiunto
direzione distrettuale antimafia
Alessandro Pennasilico