Dopo un mese il Denaro
torna in edicola dimezzato

DOPO UN MESE di assenza, spezzata soltanto da un numero speciale pubblicato il 29 dicembre, il Denaro, il quotidiano economico locale edito e diretto da Alfonso Ruffo, torna in edicola rinnovato e dimezzato: cambia il formato che da un 28 cm x 42 si riduce a un foglio A4 (20,5 x 29); la foliazione viene sforbiciata da 40 a 32 pagine, spillate e tutte a colori; il prezzo

di una copia passa da un euro a cinquanta centesimi e il sabato da due euro a uno; cambia la tipografia, dal Centro Offset Meridionale nell’area industriale di Caserta alle Arti Grafiche Boccia di Salerno; e novità ci sono anche in gerenza: spariscono il capo


Enzo Agliardi e Alfonso Ruffo

redattore Enzo Agliardi (dopo sedici anni con Ruffo, si è dimesso il 4 gennaio), le redattrici ‘Culture’ Federica Cigala, moglie di Ruffo, e Nura Korsch e il consulente editoriale Pino Grimaldi. Infine, probabilmente per ragioni di spazio, saltano i loghi che chiudevano la gerenza con la scritta “il Denaro è socio della Fieg, Federazione editori giornali, della File, Federazione italiana liberi editori, e dell’Uoc Campania, l’Unione regionale degli operatori della comunicazione, di cui è stato presidente Enzo Ghionni, mago dei finanziamenti all’editoria, per anni pilastro del Denaro (fino al 2008 è stato presidente del collegio sindacale della cooperativa giornalistica Edizioni del Mediterraneo, la società che edita il quotidiano), coinvolto nello scorso aprile nella vicenda dei falsi contributi all’Avanti di Valter Lavitola, che gli è costata anche un breve periodo di detenzione.
La cooperativa Edizioni del Mediterraneo è presieduta da Alfonso Ruffo, con consiglieri Enzo Agliardi e Flavio Petricciuolo, mentre il collegio sindacale è


Federica Cigala e Gennaro Matino

guidato da Aldo Musella con sindaci Maurizio Bello e Paola Liguori e supplenti Domenico Allocca e Carla Buglione.
Con il nuovo formato e il ridimensionamento drastico del quotidiano Ruffo spera di dare un po’ di slancio alla sua

creatura che ha una raccolta pubblicitaria modesta con  vendite in edicola modestissime e va avanti grazie soprattutto al cospicuo finanziamento pubblico: un milione e 896mila euro per il 2011, con una riduzione di 223mila euro rispetto all’erogazione 2010, secondo i dati inseriti nell’ultimo bilancio disponibile). Abolita la vecchia ripartizione, il giornale ora, aperto da quattro pagine di Agenda e chiuso da quattro riservate alla Sanità, è articolato in quattro sezioni di news: fast, smart, smack e slow. E le pagine di smack vengono introdotte da un box con fotino nel quale don Gennaro Matino, braccio destro del cardinale Crescenzio Sepe sul versante comunicazione, annuncia che si occuperà in prima persona della sezione.
Ruffo avrà pensato che in un momento difficile può servire anche la benedizione delle autorità religiose, ma al desk non hanno mostrato la stessa attenzione a don Matino. Infatti nelle due pagine riservate all’unica inchiesta

del giornale, firmata da Tonino Ferro, che apre la sezione smack ed è dedicata all’incesto “nell’altra Scampia”, il nome del quartiere di Afragola Salicelle viene sbagliato sia nel titolo che nella didascalia: “Sanicelle”. E non è l’unica sciatteria del primo


Giovanni Capozzi e Silvia Miller

numero. Ne citiamo un'altra: nell’agenda viene segnalata alla Reggia di Caserta la mostra del fotografo Henri Cartier-Bresson, che “è possibile visitare fino al 14 gennaio”, cioè fino al giorno precedente l’uscita del giornale.
Messe da parte le minuzie, torniamo al nodo della crisi del giornale. In gerenza risultano al lavoro con il direttore sette redattori: Antonella Autero, Serena Azzolini, Giovanni Capozzi, Sergio Governale, Ettore Mautone, Silvia Miller, Angelo Vaccariello. Ma c’è qualcosa che non quadra. Nella nota integrativa al bilancio 2011 Ruffo scrive che “la società ha in media 40 dipendenti: 18 poligrafici e 14 giornalisti”. Ma dove sono? E qualche pagina più avanti l'editore dice che “il perdurare della crisi del settore apre uno scenario preoccupante sul futuro occupazionale” ed è  “opportuno evidenziare una esuberanza strutturale di organico pari a 10 unità suddivisa in 5 giornalisti e 5 poligrafici”. E quindi dalla primavera 2011 i contratti di solidarietà e quindi la cassa integrazione annunciata a breve.
Va però sottolineato che nonostante le difficoltà economiche, Ruffo si mostra ottimista e non superstizioso. Ha varato il nuovo giornale di martedì e ha


Orazio Mazzoni e Roberto Ciuni

aperto il suo fondo di lancio con “Dunque, dicevamo”. È una citazione del “Dicevamo, dunque”, le parole con le quali il suo maestro, Orazio Mazzoni, aprì l’editoriale del gennaio 1977, quando il Mattino

tornò in edicola dopo la chiusura di alcuni mesi e il passaggio della proprietà del giornale dalla Cen Banco Napoli alla Rizzoli, costretta a subire il direttore imposto dai boss della Dc. Va però ricordato che nell’autunno dell’anno successivo l’editore allontanò Mazzoni da via Chiatamone e affidò la direzione a Roberto Ciuni.