Monga comincia
con una censura

PARTE CON IL piede sbagliato Federico Monga che il 3 giugno firma l’editoriale di insediamento alla guida del Mattino dopo il licenziamento in tronco di Alessandro Barbano.
Tre delle firme più autorevoli del giornale (Biagio De Giovanni, Paolo Macry e Aldo Masullo) gli inviano una lettera perché hanno appreso “increduli” della cacciata del direttore che pure, scrivono, “aveva restituito a questa storica testata un prestigio perduto da anni”.

Intendono quindi denunciare due notizie: “il licenziamento e il silenzio tombale” di tutti, media nazionali e locali, organismi di categoria, autorità cittadine e regionali sulla vicenda Barbano.
Nonostante l’autorevolezza dei

Alessandro Barbano e Federico Monga

firmatari e nonostante i giudizi estremamente positivi che esprimono sul giornale, Monga decide di non pubblicare la lettera. Dopo il colpo di machete dell’editore sferrato il primo giugno, inutile correre il rischio di nuove frizioni. Conclusione: Macry ha pubblicato la lettera sulle sue pagine Facebook e twitter. Questo il testo firmato dai tre intellettuali.

Caro Direttore,
in un quadro politico che cambia confusamente e che accredita linguaggi semplificati, programmi fantasiosi e perfino oscure identità geopolitiche, abbiamo appreso increduli del licenziamento di Alessandro Barbano dalla direzione del Mattino. Barbano aveva restituito a questa storica testata un prestigio perduto da anni, proponendo un quotidiano aperto a un’analisi critica della realtà, ispirato a un moderno liberalismo, geloso delle istituzioni repubblicane, strenuo difensore delle garanzie e dei diritti dei cittadini. Il suo allontanamento ci sembra segnalare una pericolosa tendenza a seguire, talvolta pedissequamente, il carro della politica di Palazzo.
Ma riteniamo non meno gravi le reazioni a un atto così repentino, ufficialmente immotivato, in qualche misura drammatico. Le reazioni, infatti, non ci sono state. Quel che in altri tempi avrebbe suscitato grande scandalo, sta passando sotto silenzio. Non una parola è stata spesa da parte della stampa nazionale e perfino della stampa locale. Non una parola è venuta da una solitamente combattiva Fnsi,

Vincenzo De Luca e Luigi De Magistris

dall’Ordine dei Giornalisti della Campania, dai sindacati confederali. Non una parola dalle autorità del territorio, da Vincenzo De Luca, da Luigi de Magistris, dai partiti. Un silenzio tombale, che contrasta vistosamente con la prontezza

rumorosa con la quale qualsivoglia minaccia alle risorse del Mezzogiorno viene in genere stigmatizzata dalla sua classe politica e dalla sua opinione pubblica.
Non è per una corriva acquiescenza al retroscenismo che denunciamo le due notizie: il licenziamento e il silenzio. Esse avvengono nei giorni stessi in cui cambia il quadro governativo e sembra dilagare una lettura manichea del Paese e del mondo che sarebbe errato giudicare semplicemente ingenua. I guasti che essa può comportare per lo spirito pubblico sono sotto gli occhi di tutti. E l’appello al coraggio dei moderati, che Barbano ha voluto affidare al suo ultimo, bellissimo editoriale, suggerisce la strada da prendere.
Tutto questo non ha ovviamente nulla a che vedere con la tua scelta responsabile di prendere le redini del giornale in un momento difficile.

Biagio de Giovanni
Paolo Macry
Aldo Masullo