Woodcock-Feltri 2 a 0,
ma il duello va avanti

IL TANDEM FORMATO dal direttore editoriale Vittorio Feltri e dal direttore responsabile Maurizio Belpietro, che da dicembre illumina con fuochi pirotecnici il quotidiano Libero, sta riservando grande attenzione alle indagini sulla P4 condotte dalla procura di Napoli. In particolare il fascio di luce è concentrato sul pm John Henry Woodcock, mentre una luce meno

intensa viene riservata all’altro pm, Francesco Curcio, e a Francesco Greco, il procuratore aggiunto che coordina l’inchiesta.
Feltri del resto segue da molti anni le attività del quarantaquattrenne pubblico ministero napoletano nato nella


Francesco Curcio e Francesco Greco

contea di Somerset, per un decennio operativo alla procura di Potenza, dal 2009 rientrato a Napoli. Ne ha scritto spesso e in due occasioni i suoi articoli sono stati giudicati diffamatori da Woodcock, che assistito dall’avvocato Bruno Larosa, ha presentato querela al tribunale di Monza: il primo fondo, pubblicato da Libero il 2 giugno del 2002, si intitola Cavaliere un po’ di coraggio; il secondo del 17 giugno 2006, comparso sempre sulle colonne di Libero, è intitolato Che bordello, hanno arrestato il re.
In entrambi i casi la vicenda giudiziaria non è conclusa: in primo grado Feltri è stato condannato sia per l’articolo del 2002, insieme all’allora direttore responsabile Alessandro Sallusti (oggi alla direzione del Giornale), sia per l’articolo del 2006, e difeso dagli avvocati Massimo Rossi e Pamela Picasso ha presentato appello, ma le udienze per i giudizi di secondo grado non sono state ancora fissate.
Con la prima sentenza, depositata nel gennaio del 2006, il giudice Silvia Pansini del tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio, ha condannato l’autore della diffamazione Feltri a mille euro di multa e il direttore responsabile Sallusti alla pena di 700 euro per omesso controllo, oltre al pagamento delle spese processuali e della pubblicazione della sentenza sul quotidiano Libero. La seconda condanna è del novembre 2007 e la firma il giudice Letizia Anna Brambilla della sezione di Desio (tribunale di Monza).


Bruno Larosa e Alessandro Sallusti (*)

Feltri deve pagare 30mila euro: una multa di 900 euro; ventimila euro di risarcimento danni a Woodcock;  cinquemila euro di spese legali, oltre iva, cpa e rimborso forfettario per spese generali; la pubblicazione della sentenza sul quotidiano Libero.

I due magistrati non hanno dubbi sul fatto che gli articoli di Feltri abbiano una forte valenza diffamatoria e per capirlo basta leggere le imputazioni delle due sentenze che sono molto simili nonostante il secondo articolo sia stato scritto sei mesi dopo la prima condanna. Nell’imputazione il giudice Pansini riporta un passaggio dell’articolo del giugno 2002: “Proprio un bel lavoro quello svolto dl sostituto Woodcock. Non sono un anglista, ma se ricordo bene wood significa legno e cock significa cazzo (e stupido). Non sono neanche un latinista, ma se ricordo bene, i romani, sicuramente sbagliando, dicevano: nomen omen. Amen”. Nell’imputazione relativa all’editoriale del 2006 il giudice Brambilla cita una frase di Feltri: “Nella faccenda conta molto l’attività di un pm che già si fece notare: Henry John Woodcock, un nome difficile da dimenticare non solo perché inglese ma anche per il significato; ha a che fare se non erro col cazzo”.
Il prossimo round è fissato per il 19 maggio al tribunale di Roma. Davanti al giudice della prima sezione civile Rosaria Ricciardi si terrà l’udienza per le conclusioni del giudizio promosso nell’ottobre del 2008, con il civilista Paolo De Vincenzo e il penalista Bruno Larosa, dal pm Woodcock oggetto di una “campagna diffamatoria” del quotidiano Libero per la quale ha chiesto un risarcimento danni di 400mila euro.  


(*) Da www.wakeupnews.up