Marassi è
in stand by

DAL 31 OTTOBRE il Mattino ha tagliato una delle pochissime firme nazionali che aveva in organico: Riccardo Marassi. Il vignettista, che era anche l’ultimo grafico rimasto in redazione, è stato prepensionato ed ora si sta studiando una strada per poterlo riutilizzare dal momento che la legge sugli stati di crisi vieta di stipulare contratti di collaborazione con i giornalisti che lasciano le aziende grazie alle agevolazioni pubbliche.
Napoletano, sessantuno anni a marzo, professionista dal ’92, esordi alla redazione napoletana di Paese Sera, collaborazioni con il settimanale Cuore, il Manifesto, Satirycon di Repubblica e Linus, Marassi pubblica la prima

vignetta sul Mattino il 27 maggio del 1987 per diventare articolo 1 nel luglio del 1989 e dal 1999 collabora con il Messaggero.
Fino al 4 febbraio trentuno vignette, una per ogni anno a via Chiatamone, sono in mostra a Napoli, alla Feltrinelli di piazza dei Martiri. La rassegna ‘C’è poco da ridere’, scrive il giornalista, è “l’occasione per ringraziare e salutare i lettori che hanno seguito I Sassi di Marassi attraverso 18 governi, 5 presidenti della

Riccardo Marassi

Repubblica, 3 papi, 8 campagne elettorali, 7 mondiali di calcio, 8 giochi olimpici, 6 Primarie del Pd e un numero imprecisato di bunga bunga”.
Al momento il vignettista è in stand by, pubblica sulla sua pagina Facebook i 'Sassi' e attende che dal governo arrivino le risposte ai quesiti presentati dal Sindacato unitario dei giornalisti campani e dal direttore della Federazione della stampa Giancarlo Tartaglia. Il primo: Marassi può continuare a pubblicare con il Messaggero con il quale lavora da prima che entrasse in vigore la legge che vieta le collaborazioni? La seconda questione: in caso di risposta affermativa, per effetto delle sinergie il Mattino può utilizzare le vignette del Messaggero? Il terzo quesito: il divieto di collaborazione per i prepensionandi si esaurisce al temine dello stato di crisi?
La vicenda di Marassi è comunque emblematica. Il direttore del Mattino Alessandro Barbano dalle colonne del giornale predica molto, ignora la linea moderata dei suoi lettori, è integralista, attacca spesso ad alzo zero la magistratura, sostiene una linea ipergarantista con effetti a volte sorprendenti. A fine novembre il generale croato Slobodan Praljak, davanti al tribunale

Slobodan Praljak

penale internazionale dell’Aia, dopo avere ascoltato in aula la sua condanna a venti anni di carcere per crimini di guerra, beve del veleno e si uccide. Tutti i giornali pubblicano la notizia in prima pagina e ampi servizi all’interno con titoli chiari. Il Corriere della sera: “Il criminale di guerra si avvelena al processo”. La Repubblica: “Si avvelena in aula il generale che buttò giù il ponte di Mostar”.
La direzione del Mattino decide di mettere

in pagina titoli che non forniscono nessuna notizia ai lettori che ignorano le vicende agghiaccianti delle guerre nella ex Jugoslavia. In prima pagina c’è un articolo firmato dallo storico Franco Cardini: “Perché il gesto di Praljak merita rispetto”; all’interno il titolo a tutta pagina è: “Beve veleno al verdetto, suicida generale croato”. E i crimini di guerra?
Torniamo ora all’autore dei ‘Sassi’. Nel piano dei prepensionamenti d’autunno Barbano era interessato a quattro uscite: Pietro Treccagnoli, Mariano Ragusa, Luciano Pignataro e Marassi. A fine settembre Treccagnoli era deciso ad andare in pensione ma il pressing insistito del direttore, che lo considera un cronista bravo e affidabile, lo ha convinto a rimanere e gli ha cucito addosso l’incarico anomalo di responsabile dei “servizi di approfondimento e rubriche” ufficializzato con l’ordine di servizio del 4 dicembre. Il 17 ottobre il capo della redazione di Salerno Ragusa ha compiuto sessanta anni e doveva lasciare il giornale ma Barbano ha deciso di trattenerlo perché non sapeva con chi sostituirlo. A fine ottobre

toccava a Pignataro e Marassi. Più che un semplice giornalista Pignataro è una piccola azienda con il suo blog gastronomico e il movimento di soldi che riesce a creare con gli speciali sul food. Per trattenerlo si sarebbe mosso addirittura Francesco Cisco, l’amministratore delegato della Piemme, la concessionaria della pubblicità del gruppo Caltagirone. Conclusione: per l’esperto di ristoranti e pizzerie niente è cambiato perché il 31 ottobre ha

Francesco Cisco

presentato le dimissioni dal giornale ma non è andato in pensione, continua a versare i contributi all’istituto di previdenza e scrive come prima. Per Marassi non si è mosso nessuno a conferma che fedeltà, possibili rogne e soldi contano, mentre la qualità non vale niente.