Cara Iustitia cara,
seppur con qualche difficoltà per reperirne una copia, prima dell’estate ho acquistato 'Napoli Nerofuoco', con sottotitolo ‘Passioni, morte e sogni nel Golfo’, raccolta di cinque racconti noir edita, in veste non certo brillante, da Guida Editori. In copertina compare una tetra illustrazione di Francesco Lucrezi, in cui risaltano cinque corpi morti fluorescenti tra altri corpi nudi e inermi. Un impatto visivo poco consolante inaugura le storie delittuose di Sergio Califano, Giuseppe Crimaldi, Leandro Del Gaudio, Giuseppe Fiore e Manuela Mazzi che, come scrive Pietro Treccagnoli nella prefazione, “hanno evocato e portato sul palcoscenico della parola scritta i demoni a mano armata di una città che non dorme, dove è sempre mezzogiorno, altrimenti le potenze meridiane non si fiderebbero di apparire”.
Appartenendo a quella classe di lettori totalmente lontana dalla letteratura d’intrattenimento ‘gialla’ e per nulla stregata da Maurizio De Giovanni e dai suoi nipotini, l’acquisto del volume è avvenuto soprattutto perché il ricavato delle vendite, come ho letto sui social, è destinato al reparto oncologico dell'ospedale pediatrico Santobono-Pausillipon.
Un’operazione di luce, quindi, più che di noir, che nobilita l’operazione narrativa, dei cinque autori così legati alla cronaca notturna e criminale di Napoli. Il libro intrattiene e scende giù come un mojito, non propone pagine di scrittura che resta o trovate stilistiche degne di nota, sorreggendosi comunque sul mestiere e sulla scaltrezza dei narratori - tre dei quali giornalisti di solida esperienza - di donare ritmo alle storie raccontate e tenuta cinematografica negli snodi decisivi del processo narrativo.
Senza voler stilare una classifica dei racconti, ma seguendo l’ordine di apparizione delle storie, qualche nota a margine merita di essere lasciata. Il meno noir di tutti è il racconto “Gaetano” di Sergio Califano, cronista di nera e già autore di romanzi brevi, che anima una classica estate partenopea dalle notti imbalsamate e appiccicose con un ritrovo di fantasmi vaganti tra cui don Gaetano, cameriere tuttofare del Gambrinus dal 1860, innamorato da un paio di secoli della bella Carmela. Storia in cui non accade nulla perché all’autore preme esclusivamente descrivere la città sospesa tra il qua e l’oltre, con le sue luci, i suoi rumori, le sue estreme malinconie.
Impianto poliziesco e scrittura chiaramente di matrice giornalistica - qua e là interrotta da buone pennellate di colore come lo zoom sul Buvero e sul mare di Mergellina - nel racconto “L’ultima notte” di Giuseppe Crimaldi, cronista di nera al Mattino, incentrato sull’uccisione inaspettata del boss Giuseppe Caliendo, detto Manomozza. Cronaca di un’indagine, a tratti pittoresca soprattutto quando a parlare è la gente del rione, su un delitto che alla fine si rivelerà ‘etico’. Leandro Del Gaudio, cronista giudiziario al Mattino sceglie in “L’altra donna” di ambientare nei giorni del lockdown una storiaccia di abusi sessuali attraverso un’indovinata struttura da serie tv - vedi ad esempio ‘The Affair’ - miscelando in tal modo i punti di vista delle tre donne protagoniste con una ‘voce off’ che ne ricostruisce vite e retroscena. La storia consegna un finale riuscito, una confessione brutale che spiazza e scuote. In “Tutto è un numero”, Giuseppe Fiore - ex questore di Napoli e capo della Squadra Mobile dal 2001 al 2004 - racconta il lavoro investigativo del commissario Florenzi dopo il ritrovamento del corpo senza vita del pm Elisabetta D’Avino. La narrazione procede senza sussulti e si avverte che l’autore è più preoccupato nel proporre i fatti che nel creare una piacevolezza espositiva, anche se, nota di merito, ci si affeziona al ‘mastino’ Florenzi, ai suoi caffè non zuccherati, alla sua forza tranquilla nel risolvere le equazioni del crimine.
La raccolta ‘Napoli Nerofuoco’, il cui titolo non rende giustizia alla tanta pioggia che cade in alcune storie, si chiude con “Delitto d’estate” di Manuela Mazzi, magistrato, autrice di testi teatrali e pittrice. Il racconto ha una lunghezza spropositata in confronto al respiro degli altri, tanto da coprire quasi sessanta pagine di un libro che complessivamente ne tocca centoventisei, creando così un evidente effetto di squilibrio strutturale non sappiamo se dovuto a un’eccessiva galanteria degli autori gentiluomini, a una precisa scelta editoriale o a una casualità.
La storia, che con qualche intreccio in più poteva sconfinare nel romanzo breve, narra l’indagine di Fiamma Marsiglia, pubblico ministero a Napoli, sullo strano decesso per collasso cardiocircolatorio della giovane Zuzana Paroska. Lo sviluppo narrativo evidenzia la padronanza dell’autrice sia nel pianificare trama e sottotrame, sia nell’anticipare elementi preziosi per la soluzione del caso, grazie anche alla figura di Glauco, figlio dodicenne della divorziata mamma in carriera, appassionato di videogiochi e con una smodata curiosità da detective. Il ritmo del racconto regge non tanto per la bellezza della scrittura quanto per il sapiente uso dei dialoghi e per la capacità della Mazzi di mostrarci riti e routine della classe ‘digerente’ della borghesia napoletana, facendoci sentire il rumore delle posate e dei pettegolezzi di questa “specie di villaggio globale, abbastanza ristretto, dove le frequentazioni sono più o meno quelle, dalla nascita alla morte”. |