Anche al Messaggero
va un Caltagirone boy

VA AVANTI IL lavoro metodico dell’editore Francesco Gaetano Caltagirone per piazzare ai vertici dei suoi quotidiani direttori ‘suoi’. Con un colpo a sorpresa nel giugno del 2002 ha assunto per la direzione del Mattino Mario Orfeo, allora trentaseienne redattore capo centrale di Repubblica. Più laborioso il cambio al vertice dell’ammiraglia del gruppo, Il Messaggero, realizzato con un’operazione in due tempi: nel giugno 2004, con decorrenza primo settembre, ha nominato Roberto Napoletano condirettore, per affidargli, il timone del quotidiano romano dopo un periodo di ambientamento, utile soprattutto per ammorbidire l’atterraggio dello ‘straniero’ sulla redazione di via del Tritone. La staffetta con Paolo Gambescia, rimasto in carica tre anni e mezzo, ci sarà il primo febbraio.

LA QUALUNQUE
“Ho compiuto sessanta anni – ha dichiarato Gambescia all’Adn Kronos il 9 gennaio, quando la Caltagirone Editore ha ufficializzato il cambio al vertice del Messaggero – e sono quaranta anni che faccio questo mestiere; arriva un momento in cui bisogna mettere un punto e secondo me occorre farlo quando ti sembra di aver dato il massimo. Questo è un mestiere che quando viene fatto bene comporta un grande dispendio. Io ho cercato di farlo come mi

hanno insegnato, da artigiano. Perché noi giornalisti non siamo né artisti, né suggeritori di strategie politiche, ma semplici artigiani del raccontare”. Le ultime battute dettate da Gambescia all’Adn sembrano confermare le voci di una candidatura alle prossime politiche nella sua terra, l’Abruzzo, nel Lazio o nelle Marche. “Di mestieri - ha detto - se ne possono


Paolo Gambescia e Mario Orfeo

fare tanti. Io sento di poter fare ancora ‘la qualunque’, come si dice al sud; vedremo quello che si prospetta. Per ora penso ai miei ragazzi dell’università (la Sapienza, dove insegna Giornalismo, e l’università di Teramo, dove è docente di Comunicazione politica, ndr)”. Può fare la qualunque, Gambescia, ma il giornalismo gli appare una storia definitivamente conclusa: “Intendiamoci, tutte le storie possono ricominciare, ma questa è finita, in tutta serenità, tranquillità e semplicità”.
Chi invece si sta preparando al debutto da direttore con un tour nelle redazioni periferiche del Messaggero è Napoletano, originario del Vallo di Lauro, la zona dell’Avellinese che confina con l’Agro nolano, natali spezzini, quarantacinque anni a maggio, da venti professionista.

LE STELLE

“Sin da quando ha mosso i primi passi professionali – racconta chi ha lavorato con lui alla metà degli anno Ottanta – ha dimostrato di essere un redattore ‘moderno’, attento al lavoro, ma soprattutto ai rapporti con chi comanda. Più che giornalista, lo definirei un astronomo perché ha sempre azzeccato la stella


Giusy Franzese, Cesare Marcucci e Max Vajro

giusta per crescere. C’è stata forse una sola eccezione, quando ha lasciato il Mattino e Napoli per trasferirsi a Roma all’Informazione, il quotidiano fondato e diretto da Mario Pendinelli”.
Vediamo allora le stelle che hanno illuminato la sua

carriera. La prima è Orazio Mazzoni, che lo mette alla prova a Napoli Oggi, il settimanale inventato dopo che nel novembre del ’78 viene sollevato della direzione del Mattino per fare posto a Roberto Ciuni. Alcuni anni più tardi, nel febbraio del 1985, Mazzoni coinvolge Napoletano nella sua nuova avventura: il varo del Giornale di Napoli, affidandogli la responsabilità del settore Economia. Per le radici piantate nell’hinterland contadino (la moglie, Giusy Franzese, giornalista della redazione romana del Mattino, è nativa di Nola), per le giacche vistose, per i quadroni che marcano le cravatte e le camicie viene preso in giro dai colleghi come ‘o cafone.
Tra Napoli oggi e Il Giornale di Napoli, il direttore incaricato del Messaggero

lavora al quotidiano Napolinotte, con tre direttori: Gino Grassi, Cesare Marcucci, Max Vajro. Dopo tre giornali con Napoli nella testata, nel febbraio 1986 approda finalmente al giornale della città: Il Mattino. Da un anno lo dirige Pasquale Nonno,


Orazio Mazzoni(*), Pasquale Nonno e Ferdinando Ventriglia

l’uomo scelto da Ciriaco De Mita per dare peso nazionale e spessore politico al primo quotidiano del Mezzogiorno. La stella cometa che gli fa trovare la strada di via Chiatamone è Ferdinando Ventriglia, l’uomo tutto del Banco di Napoli.

LA QUERELA

Sono gli anni dello scontro frontale tra De Mita e Craxi e il Mattino fa la sua parte. A Milano c’è un fedelissimo di Craxi, Silvio Berlusconi, già tycoon delle tv e neo proprietario del Milan (che per Nonno, tifosissimo del Napoli di Maradona, è altra colpa grave) . Su Berlusconi il direttore del Mattino commissiona un’inchiesta che faccia luce sulla misteriosa origine della sua ricchezza. L’incarico viene affidato al puledro dell’Economia, Roberto Napoletano, e il 25 e 26 settembre il Mattino dedica al Cavaliere due puntate al vetriolo. La reazione non si fa attendere. Berlusconi scrive al Mattino una puntigliosa rettifica in diciotto punti (che viene messa in pagina con tagli e con


Silvio Berlusconi, Bettino Craxi e Ciriaco De Mita

la replica del redattore) e, su un mensile specializzato, pone una domanda: “Per conto di chi è stata organizzata la spedizione punitiva?”. Su Napoletano Berlusconi scrive: “Il servizio è letteralmente costruito su affermazioni false, è pervaso da un malanimo

incomprensibile ed appare mirato a fornire del gruppo Fininvest e del sottoscritto, un’immagine distorta e deteriore”. Prima che scadano i novanta giorni dalla pubblicazione degli articoli (siamo al 24 dicembre dell’86), Berlusconi querela Napoletano. La denuncia non fa molta strada: nel giro di sei mesi viene archiviata dal gip Sergio Visconti, su richiesta del sostituto procuratore Fausto Esposito. All’archiviazione Nonno riserva addirittura una pagina con la pubblicazione quasi integrale del decreto di Visconti, che sulla veloce e opaca crescita della galassia Berlusconi scrive: “L’accertamento sulla verità oggettiva dei fatti attinente alla situazione patrimoniale di Berlusconi e della Fininvest richiederebbe tempi biblici senza mai probabilmente arrivare

a una verità certa, stante il coacervo di società interessate, di crediti e debiti contratti, di personaggi coinvolti, di differenti attività finanziarie”. La pagina viene arricchita con due articoli dello scrittore Luigi Compagnone e del docente universitario


Luigi Compagnone, Fausto Esposito e Gustavo Minervini

Gustavo Minervini, già deputato della Sinistra indipendente. Sono recensioni del libro su Berlusconi pubblicato dagli Editori Riuniti e firmato da Giovanni Ruggeri e Mario Guarino.

IL PREMIO

Napoletano è lanciato. Con Nonno il rapporto è ottimo, con Ventriglia di più. Problematici invece i rapporti con senatori del settore economia come Dino De Lorenzo, Luciano Grasso e Carlo Dell’Orefice, fedelissimo di un pilastro del Mattino, il redattore capo Giacomo Lombardi. Le gerarchie non si possono azzerare e il direttore inventa un giocattolo, il supplemento economico Lettera sud, per dare spazio al cronista scalpitante. Non gliene affida la responsabilità, ma gli dà mano libera. Il giovanotto si impegna a fondo e va premiato. Dal 1980 si svolge a Ischia un ricco premio di giornalismo. Nell’edizione del 1990 vengono premiati un’icona del giornalismo mondiale come Harrison Evans Salisbury e un monumento come Sergio Zavoli, ex presidente della Rai e futuro direttore del Mattino. “Il premio Ischia – dichiara in quell’occasione Zavoli – lo ricevi, suppongo, per una lunga attività


Paolo Graldi, Giacomo Lombardi e Sergio Zavoli

professionale, averla rispettata, esserne usciti indenni con la salute e la coscienza, o viceversa”. Non era così: il terzo riconoscimento va al ventinovenne Napoletano. Con i premi arrivano i gradi, fino alla qualifica di vice redattore capo.
Ma nel febbraio del '92,

con l’arresto di Mario Chiesa a Milano, comincia l’onda di Tangentopoli, all’inizio da quasi tutti sottovalutata. Un po’ alla volta direttori e giornalisti capiscono che l’onda sta diventando travolgente. Nell’autunno-inverno del ’92 a difendere la cosiddetta Prima repubblica rimane soltanto Nonno che pensa di opporsi allo tsunami con la barchetta Mattino. Verrà travolto: il primo agosto del ’93 alla direzione di via Chiatamone si insedia Zavoli, che ha coinvolto nella spedizione napoletana Paolo Graldi e sta per restituire un ruolo centrale a Giacomo Lombardi.
Napoletano capisce che l’aria si sta facendo pesante; nel disegnare il nuovo organigramma Lombardi gli propone il passaggio in cronaca cittadina come responsabile della sindacale. È più di uno schiaffo; oltre dieci anni di rapporti con banchieri, economisti, imprenditori da buttare via per ripartire daccapo. Comincia a guardarsi in giro e accetta l’offerta di Mario Pendinelli di fare il capo dell’economia all’Informazione, quotidiano che esordisce nell’aprile del ’94, con la benedizione della Banca di Roma di Pellegrino Capaldo e Cesare Geronzi”.

LA CAPITALE

In pochi mesi L’Informazione brucia decine e decine di miliardi e si inabissa rapidamente. Napoletano si dà alle collaborazioni e impiega il tempo scrivendo libri, un’attività che si rivelerà molto importante per le scalate successive. Intanto nel suo cielo brilla una nuova stella: è Antonio D’Amato, imprenditore di Arzano, leader europeo nel settore degli imballaggi, dal 1986

al ’90 presidente nazionale dei giovani di Confindustria, al quale dedicherà un libro intervista: ‘Mezzogiorno risorsa nascosta’. Per Napoletano l’assunzione al Sole 24Ore, il quotidiano della Confindustria, arriva nel settembre del ’96 con la qualifica di capo servizio all’economia italiana.
Decisamente gli anni con il sei finale sono gli anni buoni per


Antonio D'Amato e Guido Gentili

Napoletano: nel 1986 l’arrivo al Mattino, nel ’96 l’assunzione al Sole, nel 2006 la direzione del Messaggero. Al Sole cresce nella scia di D’Amato, che nella primavera del 2000 conquista la poltrona più ambita di viale dell’Astronomia: dal primo ottobre 2001 aggiunge la vice direzione alla guida della redazione romana.
Chi ha lavorato con lui al Sole ne traccia un quadro con molte luci e ombre lunghe: “Tecnicamente è molto dotato: è veloce ed è un gran lavoratore, ha il senso della notizia ed è un buon gestore delle risorse umane, perché non è aggressivo, ma piacione. È bulimico di tutto: conoscenze, contatti, relazioni, libri. Ha il piacere della tavola, e si vede; è sensibile al fascino femminile (e questo a Milano gli è costato un microscopico incidente di percorso). Per il


Ernesto Auci e Ferruccio De Bortoli

suo carattere e per una certa trasandatezza lo chiamavamo er piotta. Si schiera subito con chi vince. Se non ricordo male, al Sole è stato assunto durante la direzione di Salvatore Carruba; quando al vertice è arrivato Ernesto Auci, ne è diventato un fedelissimo, per diventare un fedelissimo di Guido Gentili quando ha sostituito Auci. Tra l’altro, non gli è costato

grande fatica perché Gentili era il direttore fortemente voluto da D’Amato. Ma il dato che connota la generazione dei direttori quarantenni che sta occupando i vertici dei quotidiani è l’allineamento senza sforzo ai desiderata del padrone, che vengono anticipati e fatti propri prima di qualunque input. C’è un abisso tra i De Bortoli e i Mauro e gli emergenti: i primi hanno uno spessore professionale alto e una loro soglia di dignità; sanno che devono fare dei compromessi, non li rifiutano, perché non possono rifiutarli, ma si impegnano a gestirli”.

VIA DEL TRITONE

La stella di D’Amato comincia a spegnersi quando è ancora al vertice di Confindustria, ma questa volta Napoletano si attrezza per tempo, deciso a non rimanere al buio. Se si esclude l’anomalia Berlusconi, nell’intera penisola l’imprenditore più liquido e più aggressivo sul fronte dell’editoria è Francesco Gaetano Caltagirone. Proprio a Caltagirone Napoletano dedica il capitolo più lungo, quarantaquattro pagine, del libro ‘Padroni d’Italia’, che pubblica nel maggio 2004 con la Sperling & Kupfer. Ma il rapporto tra i due va avanti già da tempo, tanto che gli esegeti delle strategie dell’industriale di origine siciliana sono convinti che nell’estate del 2002 la prima scelta per la direzione del

Mattino fosse proprio Napoletano, che avrebbe preferito aspettare.
Ora bisognerà attendere il battesimo alla direzione di via del Tritone, con tre tappe già fissate: il primo febbraio l’editoriale, qualche giorno più tardi l’incontro con la redazione per la presentazione del piano editoriale, subito dopo il voto di gradimento.
Il 18 gennaio è stato eletto il nuovo


Corrado Giustiniani e Fabio Morabito

cdr; ne fanno parte Corrado Giustiniani, Fiorella Iannucci e l'uscente Fabio Morabito. In redazione sperano che sia più aggressivo del precedente perchè sono in ballo il rognoso rinnovo del contratto nazionale, l'integrativo aziendale e l'avvio della nuova direzione. Il 6 ottobre nella votazione per Napoletano condirettore gli aventi diritto erano 223 (calati a 216 a metà gennaio nell'elezione per il cdr), i votanti 166, con 107 favorevoli, 53 contrari e sei bianche.
"Salvo sorprese sempre possibili, - dichiara un vecchio sindacalista - difficilmente ci sarà una bocciatura perchè non è nella tradizione del Messaggero dare un voto negativo al buio".


(*) La foto di Mazzoni è di Isaia Iannaccone