Repubblica Napoli:
"Signorine e perete"

L’EX MAGISTRATO Bruno Tinti, nel commentare sul Fatto Quotidiano l’intervista scoop di Antonio Manzo del Mattino a Antonio Esposito, presidente della sezione feriale della Corte di cassazione che ha condannato Berlusconi, scrive: Esposito spiega “con chiarezza, sia pure inquinata dall’uso di un napoletano da mercato del pesce, perché non si può …”. Tinti è molto severo con Esposito e bolla la sua parlata come “napoletano da mercato del pesce” perché evidentemente non legge Repubblica Napoli.
Il 13 agosto il servizio di pregio delle pagine campane di Repubblica è un

reportage da Posillipo firmato da Davut Grossi sul Bagno Elena e sul Lido Sirena. Grande foto in prima pagina con un incipit che mira in alto: “Si ascende alla collina di Posillipo come a un babà ricoperto di


Napoli. Il Bagno Elena

crema, ocra come la roccia bagnata dal mare liquoroso”. Sopra la foto c'è il titolo: “Nell’acqua morbida e lasciva / del mare che bagna Posillipo”. All’interno il reportage su due pagine, corredato da sei foto.
La seconda pagina si apre con un sommarione: “Signorine e perete col pareo allacciato sullo sterno …”. E qui non soltanto Bruno Tinti, ma qualsiasi lettore che vive a nord di Secondigliano si interroga: perete? Apre il dizionario Devoto-Oli e non trova la parola, neanche come termine gergale. C’è un ‘pereto’ ed è un “terreno piantato a peri”. Accende il computer e digita su Google ‘perete’ e trova rinvii alla lingua rumena. Consulta un dizionario del dialetto napoletano e finalmente ha una risposta: “la pereta è una scorreggia molto rumorosa e poco puteolente. In senso figurato, la pereta è una donna sguaiata, volgare e vistosa che vuol farsi notare …”. È evidente che la scelta di aprire la pagina con questo termine non è casuale: è il tentativo di una titolazione brillante. E forse l’idea di puntare sul dialetto non è neanche una decisione di chi ha cucinato le pagine il 12 agosto; è magari una scelta dei vertici della redazione (il responsabile è Giustino Fabrizio e il vicario Ottavio Ragone). Ma perché chi legge l’edizione campana di Repubblica deve comprare un dizionario del dialetto napoletano?