Cormezz: esce d’Errico,
al vertice Paolo Grassi

LAVORO DAL 1977 e già da tempo pensavo di andare via. Quando nello scorso agosto ho visto che in Campania abbiamo superato il numero di copie vendute da Repubblica ho pensato che era giunto il momento di lasciare. Senza contare che per me è emozionante chiudere la carriera da ‘direttore’ nel quotidiano per il quale ho lavorato tutta la vita”: Enzo d’Errico, napoletano, sessantasei anni da compiere a dicembre, risponde così alla domanda sul perché dopo oltre dieci anni abbandona il timone del Corriere del Mezzogiorno. E aggiunge: “Sulle

vendite intendiamoci: è un sorpasso in retromarcia perché tutti i quotidiani perdono copie ma c’è chi ne perde di più e chi di meno. Va anche ricordato che quando è nato il Cormezz nel

Matteo Cosenza e Giuseppe Mariconda

giugno del 1997 il rapporto con Repubblica era sei copie a uno a favore del giornale romano e quando nel giugno 2015 sono arrivato alla direzione del Corriere del Mezzogiorno il rapporto era tre a uno”.
Presa la decisione di andare via ha raggiunto un accordo in tre punti con via Solferino: contratto da editorialista del Corriere della Sera; responsabile dei rapporti con le firme e i rubrichisti del Cormezz; curatore del festival di Casa Corriere, iniziativa avviata con la direzione di Antonio Polito ma che ha visto la luce nel primo anno di d’Errico e che quest’anno si svolgerà dal 28 al 30 novembre a Palazzo Reale.
Dal 31 ottobre la guida del Cormezz è affidata a Paolo Grassi, nato a Napoli nell’aprile del 1969, professionista dal luglio 1990, da anni numero due del giornale. Non è più tempo di nomi prestigiosi paracadutati da fuori perché non ci sono giornalisti in carriera disposti a lasciare Milano per trasferirsi nella periferia della galassia Rcs e, comunque, sono una scelta costosa. Grassi è la soluzione più comoda e più economica.
Vediamo ora il percorso professionale del ‘direttore’ che va in pensione. Al liceo Sannazaro non aveva le idee chiare sul suo futuro ma alla professoressa di italiano che chiede agli alunni cosa volessero fare dopo

Giuseppe D’Avanzo e Fulvio Milone

la maturità risponde “il giornalista”. Così insieme ai primi e brevi passi universitari (sei esami a Giurisprudenza e due a Lettere e filosofia) ottiene un incontro con il capo della sede

napoletana di Paese Sera Luciano Scateni che lo affida al titolare degli Spettacoli Enrico Fiore. “Nel novembre del ’77, non avevo ancora diciotto anni, pubblicai il primo articolo, ‘Non si vive di solo rugby’, perché avevo capito che dovevo seguire un piccolo settore per scrivere con continuità e mi dedicai ai resoconti delle partite del campionato di rugby. E devo molto a Geppino Mariconda che mi ha seguito nei primi anni e poi a Matteo Cosenza che quando è diventato responsabile della redazione mi ha dato grande spazio”. Nel 1982 a Paese Sera comincia lo stato di crisi “e Peppe D’Avanzo e io facciamo un accordo con l’azienda rinunciando alle spettanze maturate in cambio del riconoscimento del praticantato”. Vengono assunti e messi in cassa integrazione.
Nel maggio 1982 diventa giornalista professionista. Comincia a collaborare con varie testate, tra cui il Secolo XIX di Genova, e nel febbraio 1985 viene assunto in prova per tre mesi, insieme a Fulvio Milone al Giornale di Napoli, fondato e diretto da Orazio Mazzoni. “Dopo due mesi Milone e io veniamo licenziati perché volevamo fare il comitato di redazione”.
Segue il periodo dell’autogestione di Paese Sera ma si rivelerà decisiva la corrispondenza con il Secolo XIX, una collaborazione grazie alla quale conosce Giulio Anselmi che nel 1987 passa al Corriere della Sera come vice del direttore Ugo Stille (pseudonimo di Mikhail Kamenetzky).

Nel settembre 1988 Anselmi mi convoca a Milano e mi offre la corrispondenza da Napoli, prima coperta dal capo cronista del Mattino Gianni Campili; devo però lasciare tutte le

Giulio Anselmi e Paolo Mieli

collaborazioni e il ruolo di numero due della redazione napoletana di Paese Sera guidata da Nora Puntillo. Il contratto prevede uno stipendio mensile di due milioni di lire con una verifica dopo dodici mesi che in caso positivo avrebbe portato all’assunzione. Impegno che Anselmi mantiene perché nell’autunno del 1989 mi assume come redattore con base Napoli. Sarò poi promosso capo servizio con mansioni di inviato per il Mezzogiorno”.
Nei primi mesi del ’97 è coinvolto nel lavoro di progettazione dello sbarco del CorSera al Sud con il varo del Corriere del Mezzogiorno. “Venni invitato dal direttore del Corriere Paolo Mieli, il motore dell’operazione, a casa sua a Milano. C’erano anche il vice direttore Paolo Ermini e Giorgio Dell’Arti per realizzare un numero zero. Forse avevano pensato a me per il ruolo di direttore; io però espressi forti perplessità sulla soluzione che vedeva il nuovo giornale affidato a un gruppo di imprenditori meridionali. Pensavo che fosse preferibile fare nascere il nuovo giornale come redazione distaccata del CorSera. Nei passaggi successivi non sono stato più coinvolto”. Il Corriere del Mezzogiorno vedrà la luce il 17 giugno 1997 con la direzione di Marco Demarco, già vice direttore dell’Unità. E diventerà, con le edizioni di Napoli e Bari, insieme a tutti i dorsi locali del Corriere della Sera interamente di proprietà della Rcs soltanto dal 2 gennaio 2023.

Alessandro Cannavò e Mario Orfeo

Anche Mario Orfeo, direttore del Mattino dal 2002 al 2009, incontra d’Errico perché vuole affidargli la vice direzione del giornale ma per il primo anno gli propone il ruolo di redattore capo che

però già ricopre a Milano. Vede pure l’allora presidente della società Albino Majore, però l’operazione non va in porto.
Nel 2007 viene chiamato a via Solferino da Paolo Ermini su mandato del direttore Paolo Mieli per lavorare all’ufficio centrale. “Rientro a Napoli nel 2012 per questioni familiari e faccio smart working ante litteram. Con Alessandro Cannavò mi occupo delle pagine di eventi e ho imparato a realizzare un buon prodotto giornalistico anche se dietro c’è il marketing. Nell’aprile del 2015 arriva al vertice del Corriere Luciano Fontana che mi propone la direzione del Corriere del Mezzogiorno”.
Per il progressivo e inarrestabile calo delle vendite e per il trasferimento di diversi giornalisti in direzione di Milano e di Torino d’Errico dopo dieci anni lascia organici molto ‘dimagriti’: nel 2015 Napoli contava 23 unità e Bari 16, oggi sono 18 in Campania e 9 in Puglia. E la redazione partenopea dal primo novembre perde anche la cronista politica Simona Brandolini che per sei mesi va all’ufficio centrale della sede romana. 
Un rimpianto che ho è non essere riuscito ad assumere giovani, con l’eccezione di Fabio Postiglione (passato al Corriere della Sera nel novembre del 2020 e morto  a Milano a 44 anni in un incidente stradale nello scorso gennaio, ndr), che avrebbero sicuramente migliorato il giornale. E avrei introdotto contratti a termine di quattro anni

rinnovabili per non avere redazioni intorpidite da cronisti ultracinquantenni con ormai pochi stimoli professionali.  La carta stampata è stata via via abbandonata dagli

Simona Brandolini e Fabio Postiglione
editori e dai giornalisti mentre ho sempre pensato che si sarebbe potuto realizzare un prodotto di grande qualità, con una platea di lettori più ristretta ma di fascia alta, una sorta di vinile”.
D’Errico non parla volentieri della stampa napoletana. Si limita a qualche flash. “Le pagine locali di Repubblica mi sembrano troppo assennate e prive di commenti significativi. Il direttore del Mattino Napoletano forse crede in quello che scrive ma non condivido questa linea di ‘Napoli caput mundi’. Viviamo in una città in cui già si pensa che 'guai a chi tocca Napoli' e in cui sono diffusi una autoreferenzialità e un provincialismo che non andrebbero incoraggiati”.
Chiudiamo con pochi cenni sul versante familiare. Nel 1983, a ventiquattro anni, d’Errico si sposa con Silvana Del Gaizo, consulente dell’Arpac, prematuramente scomparsa nel 2012. Nel 1997 nasce una bambina, Giulia, affetta da una malattia genetica rara, la sclerosi tuberosa, che comporta anche l’autismo. “E negli anni ho scoperto le difficoltà drammatiche che affrontano ogni giorno i genitori di figli disabili, anche quando hanno una situazione economica soddisfacente, soprattutto a causa delle gravissime carenze dell’assistenza pubblica Mia figlia oggi è una donna serena che vive per quindici giorni al mese insieme a suoi coetanei disabili in una casa gestita da una associazione
Enzo d'Errico e Laura Valente

che si chiama Tma dove fa attività ricreative e pratica sport. Per tutto questo io pago 2400 euro al mese. Senza contare poi l’angoscia al pensiero di che cosa accadrà dopo di noi”.

Nel 2016 d'Errico sposa Laura Valente, giornalista pubblicista dal '97 e professionista dal 2014, già ufficio stampa della Scala e del San Carlo, direttrice del Festival di Ravello dal 2016 al 2018 ed ex presidente del museo Madre; oggi è direttrice artistica delle celebrazioni per i 2500 anni della città di Napoli. Ha alle spalle due matrimoni e ha due figli: Luigi, insegnante di Lettere, e Rebecca, attrice.