Al Mattino "il clima è pessimo",
la redazione decide lo sciopero

ALLE CINQUE DELLA sera di venerdì 21 luglio il comitato di redazione proclama uno sciopero per il giorno successivo e a via Chiatamone è festa. Per giornalisti abituati a pensare subito a quanto pesa la protesta in busta paga è una novità: allora perché la festa e, prima ancora, perché lo sciopero?
Il comunicato del cdr (Ambrosino, Ciaccio e Romanetti) denuncia: “Un’estate all’insegna della quotidiana precarietà, un’estate che sta mettendo

a dura prova l’impegno e l’abnegazione di questa redazione, che pure aveva lanciato per tempo un responsabile allarme sulle gravi carenze strutturali, organizzative e di organico, nonché sulla necessità di procedere a un adeguato numero di sostituzioni estive di


Gianni Ambrosino, Enzo Ciaccio e Francesco Romanetti

giornalisti, sull’inderogabile esigenza di coprire i vuoti (negli ultimi tre mesi sono andati via i graduati Franco Mancusi e Manuela Piancastelli e non si parla di sostituirli, ndr) che numerosi si sono venuti a creare, sull’opportunità di prevedere una foliazione che, salvaguardando la qualità del prodotto, facesse i conti con tale insostenibile situazione”.
Le richieste dei giornalisti e del cdr si sono arenate di fronte al traccheggio del direttore Mario Orfeo e al silenzio indifferente dei vertici dell’Edime (l’amministratore delegato Albino Majore, il direttore amministrativo Massimo Garzilli, il capo del personale Raffaele Del Noce).
“L’allarme lanciato dalla redazione – continua il comunicato del cdr – non ha purtroppo trovato, ancora una volta, risposte costruttive da parte degli altri soggetti: azienda e direttore hanno dimostrato di ritenere adeguato al prestigio e alla storia del Mattino un prodotto condizionato da una persistente, esplicita, devastante logica di dimensionamento (forse, ridimensionamento, ndr) delle risorse, di tutte le risorse a cominciare da quelle professionali. A ciò si


Napoli, Centro direzionale. La torre Francesco

aggiunga che il Mattino appare sempre più un prodotto non episodicamente alla mercè di gravissimi guasti tecnici, che addirittura mettono in discussione la già discutibile vivibilità degli spazi nonché la prima delle connotazioni di un giornale quotidiano e cioè la puntualità della presenza nelle edicole”.
E allora tutti d’accordo: si sciopera. “Lo sciopero – dice un ex sindacalista – andava proclamato prima, ma va bene anche così. Il clima in redazione è via via peggiorato e oggi è pessimo. Significherà pure

qualcosa se vanno via due giornalisti che al Mattino hanno speso decenni della loro vita e non c’è una festa e neppure un saluto. Senza contare che chi va via, o sta per farlo a breve, non va in pensione, ma sceglie un altro giornale o un altro lavoro. E il clima in redazione è pessimo anche perché si è rotto il sistema di condizionamento e l’azienda è intervenuta con inaccettabile lentezza”.
I condizionatori di via Chiatamone hanno due motori, uno è guasto da tempo, l’altro si ferma il 24 giugno : è sabato, nel week end al giornale non c’è nessuno dell’amministrazione in grado di affrontare il problema; tutto è rinviato a lunedì 26 giugno, quando l’Edime fa sapere che la riparazione slitta di un altro giorno. Si autoconvoca un’assemblea e c’è chi propone uno sciopero immediato; viene presentato un documento che invita i giornalisti a sospendere ogni attività fin quando la Asl non verifichi le condizioni di lavoro in redazione.

“La proposta – continua l’ex sindacalista – raccoglie soltanto due voti a favore. La bocciatura è dettata da due motivi: il senso di responsabilità dei giornalisti che non vogliono far saltare il giornale nel giorno in cui ci sono i risultati del referendum sulla


Francesco Gaetano Caltagirone e Paolo Serventi Longhi

devolution e il match tra Italia e Australia; il timore che il guasto ai condizionatori venga accentuato dall’azienda che mira a trasferire la redazione al Centro direzionale, alla Torre Francesco di proprietà di Caltagirone”.
L’otto luglio, quarto anniversario dell’insediamento di Orfeo, il cdr finalmente partorisce un documento: scrupoloso rispetto contrattuale di orari, ruoli e di mansioni, stato di agitazione e un pacchetto di tre giorni di sciopero. Sulle pagine del Mattino l’Edime, con la consueta ruvidezza, replica con sette righe che meritano di essere riportate per intero: “La Società Editrice non ritiene opportuno rispondere al comunicato del Cdr, che non rappresenta la realtà aziendale. Ritiene solo evidenziare che non esistono al Mattino organici redazionali concordati, né è abitudine procedere a contratti a termine per sostituzioni ferie”. Insomma, pesci in faccia.
Il comitato di redazione ingoia in silenzio; dopo quindici giorni, finalmente, arriva per la redazione l’annuncio liberatorio: sciopero. Un annuncio, fa notare un cronista ex componente del cdr, in perfetta sintonia e sincronia con i dodici giorni di sciopero annunciati per l’autunno dalla Federazione della stampa.


Paolo Barbuto e Chiara Graziani

Una sintonia dettata anche dalle posizioni di Caltagirone, tra i leader dell’ala dura della Federazione editori, che da un anno e mezzo non fa muovere di un passo la trattativa per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro.
Va anche ricordato che ai primi di febbraio il segretario generale della Fnsi Paolo Serventi Longhi, a Napoli con il presidente Franco

Siddi, attaccò con durezza i dirigenti dell’Edime per la multa di tre ore di lavoro inflitta alla cronista Chiara Graziani per “aver violato l’obbligo di obbedienza”, un obbligo, disse Serventi ”non previsto da nessuna legge e da nessun contratto”.
La vicenda non ha avuto poi sviluppi sul versante sindacale non per responsabilità della Fnsi, ma per il silenzio dell’Associazione napoletana della stampa e per la scelta, di fatto, della redazione e del cdr allora in carica (Paolo Barbuto, Maurizio Cerino, Enzo Ciaccio) di lasciare la Graziani sola con il suo avvocato.