A volte ritornano. A volte non se ne sono mai andati. A volte fanno gli indiani. A volte qualche “amico” li chiama per “assicurare la coerenza del programma di Governo e la pianificazione strategica dei ministeri”. Adesso “il ministro e amico Gianfranco Rotondi mi ha chiamato per aiutare la riforma del bilancio pubblico”.
E così Paolo Cirino Pomicino (che firma con lo pseudonimo Geronimo i libri che ha scritto e gli articoli pubblicati da varie testate) dopo anni di noia nella Riserva rientra nell'area di governo, pur se da un ingresso laterale, come presidente di un organismo chiamato a fare da collante e controllore tra le decisioni del governo e la loro effettiva applicazione da parte dei singoli ministeri.
“Non prendo soldi - chiarisce il capo apache - è stata questa la condizione che ho posto per accettare l’incarico”. E l’amico Gianfranco ha accettato, forse a malincuore, di non pagarlo “perché la libertà non ha prezzo”,  sottolinea Geronimo (nome che, nella lingua Chiricahua, significa colui che sbadiglia. E finisce per addormentarsi: forse perciò il ministro La Russa ha chiamato Geronimo il figlio). E che la libertà non abbia prezzo lo sanno bene Francesco De Lorenzo, Giulio Di Donato e la buonanima di Antonio Gava.
Il Corriere della Sera intervistò Pomicino nel 2007 e in quella circostanza ‘o ministro disse: “La corruzione è sempre stata la compagna di strada dell’uomo”
(condanna patteggiata di due mesi per i fondi neri Eni). Il giornale di Paolo Mieli riporta la notizia della nomina il 13 ottobre nell’inserto Economia con un articolo di Sergio Rizzo. Due giorni dopo la notizia viene data anche ai lettori del Corriere del Mezzogiorno, che dedica un’intervista di mezza pagina ("Pomicino darà i voti ai ministeri"), firmata da Gimmo Cuomo, a Geronimo. Il quale torna, in qualche modo, sul sentiero di guerra. Ma a colui che sbadiglia, riportano le cronache di fine ‘800, non fu mai consentito di far ritorno nella terra degli avi.

Masino Pavese