Tgr, niente dirette
Il budget è esaurito

SE IL SINDACATO di base della redazione Rai della Campania, che in un gergo incomprensibile per i cittadini normali si chiama: comitato di redazione (Luigi Carbone, Fabio Forlano, Rino Genovese), scrive di una situazione grave e insostenibile, c'è da ascoltarlo. Al netto di tutte le critiche che immancabili piovono su mamma Rai per i tanti episodi di sprechi cui negli anni ci ha abituato, non mettere più nelle condizioni di lavorare adeguatamente una redazione del servizio pubblico di informazione per mancanza di risorse è una deriva inaccettabile che l'azienda Rai non può giustificare con l'austerity e i risparmi necessari,

perché con tutte le critiche costruttive che anche Iustitia ha mosso nei confronti dei giornalisti della sede di Napoli, è innegabile che questi operatori dell'informazione svolgano un ruolo fondamentale per l'opinione pubblica campana. Una premessa: i cittadini per finanziare il servizio pubblico radiotelevisivo pagano un canone di 100 euro sulla bolletta elettrica, c'è un contratto di servizio tra lo stato e la Rai,

Carlo Fuortes

società per azioni a capitale pubblico, per utilizzare i soldi dei cittadini per fare informazione, con particolare attenzione alle notizie che provengono dai territori. Nel contratto è scritto proprio così. È appunto questo il ruolo delle redazioni regionali.
Ma allora com'è possibile che proprio queste redazioni siano arrivate letteralmente alla canna del gas? Ricostruiamo quanto denunciato dal sindacato: "Nelle ultime settimane è diventato impossibile lavorare, non vengono assegnate troupe per girare i servizi. Quando ci troviamo di fronte a emergenze come l’ultima dello sbarco di migranti a Salerno la soluzione individuata è appoggiarsi, per realizzare le dirette, alla telecamera di cui è dotato un collega di un'altra redazione Rai, con il risultato mortificante per il giornalista della Tgr Campania di dover sottostare alle esigenze del collega dell’altra testata e non poter svolgere adeguatamente il proprio lavoro, soluzione già messa in pratica perfino a Ischia nei giorni di massima emergenza frana (sotto gli occhi del mondo intero, ndr), con risultati inevitabilmente scadenti e penalizzanti per la professionalità dei giornalisti della redazione Rai Campania. Tutto questo viene spiegato con l’esaurimento del budget annuale della redazione". Insomma, da questo documento dei rappresentanti della redazione scopriamo due cose: che 43 giornalisti

Marinella Soldi

pagati dalla Rai sono costretti a usare come ospiti i mezzi per realizzare immagini e dirette di un'altra redazione della Rai, spesso, ci dicono, provenienti da Roma, e che ormai per le ristrettezze del budget almeno sino a fine 2022 i giornalisti non escono più con le troupe, che è l'équipe alla base del lavoro del giornalismo televisivo. Quindi, ormai, nella redazione Rai Campania: o si lavora in condominio con altri

giornalisti venuti da fuori, chiedendo una sorta di cortesia aziendale, o, nei casi maggiormente agli onori delle cronache, come l'emergenza Ischia, si utilizzano le poche risorse interne messe a disposizione dal Centro di produzione televisiva di Napoli, guidato da Antonio Parlati, oppure, nella maggior parte dei fatti di cronaca che accadono copiosi, si rimane al calduccio della redazione e si scrivono articolesse al computer della propria scrivania, montate con immagini di repertorio, senza poter mettere il naso fuori dalla porta di via Marconi.
Una situazione paradossale sulla quale chi dovrebbe parlare, anche a voce alta, tace: innanzitutto il direttore della Testata giornalistica regionale Alessandro Casarin, varesino di Somma Lombarda che compirà sessantacinque anni il prossimo 30 settembre, considerato in quota Lega, da molto tempo concentrato a captare le volontà dei politici vincitori sul nuovo assetto delle direzioni dei tg e delle reti Rai; il vice direttore della Tgr per il Mezzogiorno peninsulare Roberto Gueli, nato a Palermo nel 1968, da un anno presidente dell’Ordine della Sicilia; il redattore capo centrale della sede di Fuorigrotta Oreste Lo Pomo, potentino di sessantatré anni.
Sembra una commedia degli orrori e degli inganni, ma, dopo aver verificato, le cose stanno rovinosamente così. Come è stato possibile?
La Rai è un'azienda pubblica oggi governata da manager (presidente Marinella Soldi, amministratore delegato Carlo Fuortes), sempre però

nominati dalla politica, che nel gestire l'azienda non tengono in alcun conto le esigenze di chi lavora ma hanno come obiettivo la quadratura dei bilanci perché la politica (in questo caso il governo di Mario Draghi) l'ha assegnato come mandato categorico per risparmiare su un carrozzone con un bilancio annuale di più di un miliardo e mezzo di euro e 13 mila dipendenti. E che cosa si sono inventati questi boiardi

Alessandro Casarin
di stato che spediti al vertice dell'azienda guadagnano (per il limite messo dal governo di Matteo Renzi ai dirigenti pubblici) "solo" 240 mila euro di stipendio di soldi pubblici l'anno? Che le redazioni regionali, che un tempo avevano gli operatori interni per le esigenze della insostituibile narrazione per immagini oggi debbano ricorrere all'outsorcing, cioè a società di appalto esterne che dopo aver stipulato una convenzione con la Rai offrono in service queste prestazioni. Dopo di che questi scienziati del management in salsa Rai hanno imposto una soglia massima di risorse cui attingere per girare queste immagini, un fantomatico budget, un nodo scorsoio che stringe alla gola i giornalisti delle testate regionali che stanno affogando. L'uomo della strada penserà che questo budget è anche munifico ed è giusto che ci sia perché questi giornalisti Rai sono degli spreconi. Stavolta non è così, gli sperperi in Rai sono parecchi e più avanti ne accenneremo, ma non in questo caso.
Con poco più di 500mila euro l'anno, senza più troupe interne ma solo appalti, i fatti di cronaca che accadono nella regione, le continue emergenze, due anni di pandemia, Procida Capitale della cultura, l'ordinaria amministrazione per far funzionare un prodotto televisivo telegiornale, che si fa 365 giorni l'anno soprattutto con le immagini dei
Oreste Lo Pomo

fatti, queste risorse sono insufficienti.
Un'altra spiegazione dei sindacalisti partenopei fa capire il disastro di un'organizzazione aziendale schizofrenica e penalizzante soprattutto per chi, come le redazioni regionali, non ha nessuna difesa nei palazzi del potere romano e nel potente e romacentrico sindacato dei giornalisti Rai, diretto dal segretario Usigrai Daniele Macheda. "Sono stati nel 2022 migliaia i servizi e

i collegamenti in diretta per le rubriche e le testate nazionali (realizzate con i mezzi e i giornalisti della sede di Napoli, ndr)". Perché, paradosso nel paradosso, tutto l'universo Rai: reti, testate, rubriche, radio, programmi informativi, utilizza a piene mani i redattori della Campania, ma per una bislacca disposizione aziendale nessuno sostiene o almeno condivide i costi delle immagini in quota parte con la sede di Napoli. Facendo schizzare i costi e contribuendo a far sforare il budget assegnato alla Rai campana. Il mainstream è che dopo la soppressione della edizione della notte del tg regionale il budget asfittico sia l'arma letale del potere romano per cancellare le redazioni territoriali, sulle quali - al di là del bilancino sui servizi della politica- la stessa politica non ha alcuna influenza, perché non gli interessa. Infatti, storicamente, gli attachés e le fiancées (fidanzate, ndr) dei politici approdano: o nelle ovattate stanze di Viale Mazzini o vengono riprotetti senza concorso nei programmi delle reti, Rai Uno, Rai Due, Rai Tre, come programmisti registi, autori, partite Iva, conduttori. Ovviamente, questi programmi delle reti hanno risorse senza fondo (così come i telegiornali nazionali) e possono permettersi uomini e mezzi che le sedi regionali neanche si sognano. Anche se poi, sulle grandi emergenze, queste privilegiate

redazioni romane si appoggiano alle redazioni regionali, senza condividere i costi delle immagini. Insomma, una lenta eutanasia per le redazioni dei territori. Quello che la casalinga di Voghera con la sua saggezza popolare non riesce proprio a capire è il minuetto reverenziale delle autorità di vigilanza che non si peritano di interrompere questo scialo di soldi pubblici.
Eppure, di scandali Rai raccontati anche

Daniele Macheda
dai giornaloni ce ne sono a bizzeffe: l'attuale ad (Carlo Fuortes, ndr), che si è intestato la missione di raddrizzare i conti, si tiene a disposizione decine di direttori, quasi tutti non dei ruoli giornalistici, che nei vari spoils system che si sono succeduti nelle governance Rai non hanno più ottenuto incarichi perché caduti politicamente in disgrazia. Secondo i sindacati ogni anno si spendono 60 milioni di euro in affitti di immobili in un'azienda che possiede sedi di proprietà in tutt'Italia e cinque enormi insediamenti a Roma: Saxa Rubra, Teulada, Asiago, Salario e Mazzini. A cosa servono tutti questi appartamenti affittati sul libero mercato? E poi, ancora: le famose agenzie di vip management che intermediano i contratti delle star ingaggiati dalla Rai mercanteggiano cachet stratosferici e ottengono aggi stellari da questi contratti. Perché queste star non vengono scritturate direttamente da viale Mazzini magari impiegando le centinaia di funzionari che si occupano delle risorse artistiche e ottenendo così enormi risparmi per i bilanci aziendali? Il ricorso continuo agli appalti mortifica le risorse interne e fa spendere un sacco di soldi. Anche inchieste giudiziarie hanno dato conto che alcune società appaltanti per la Rai erano gestite da personaggi molto vicini a uomini politici di primo piano. Perché non si valorizzano le risorse
Mario Draghi

interne? Nell'organigramma Rai si contano 313 tra dirigenti e direttori, più del doppio di Mediaset. Migliaia i funzionari amministrativi e tecnici. Più che una tragedia sembra una farsa. A quasi metà mandato di questa governance Rai ancora non è stato presentato un piano industriale e un piano complessivo sull'informazione, che rimane ferma a un modello ormai obsoleto e imbolsito. L'informazione on

line rispetto ai competitors più smart sconta un ritardo decennale.
Ci sarebbe materiale anche per la magistratura penale, ma la Rai sembra godere da sempre di un'immunità di stato. "Speriamo in una palingenesi ma ora temiamo una Casamicciola", spiega un vecchio cronista di via Marconi che ne ha viste tante e che sotto Natale, con la più toccante sensibilità per la tragedia ischitana, non poteva non parafrasare l'eduardiano "Natale in casa Cupiello".

Citizen Kane