Nuova terna per il rosso
profondo dell'Assostampa

SI RIUNISCE IL 10 settembre il direttivo dell’Associazione napoletana della stampa. Inutile leggere l’ordine del giorno; l’emergenza è il profondo rosso che da molti anni colora i bilanci del sindacato partenopeo. Ai debiti già consistenti si è aggiunto il macigno della sentenza della corte d’appello di Napoli che ha condannato l’Assostampa a pagare al Comune di Napoli per canoni non versati, differenze canoni e rivalutazione oltre tre milioni di euro.

Pur essendo la sentenza della corte d’appello provvisoriamente esecutiva, tutto, per ora, si è risolto in una doppia infruttuosa visita degli ufficiali giudiziari, che si sono limitati a registrare la presenza di sei computer. Per avere un’idea del disastro accumulato in


Vittorio Dell'Uva, Domenico Ferrara e Francesco Romanetti

decenni di pessima gestione è sufficiente dire che, a fronte di debiti a sette cifre, le entrate del sindacato in un anno non raggiungono i 400mila euro; 372mila nel 2004, 378mila euro nel 2005, 380mila nel 2006.
Prima di esaminare nel dettaglio i debiti, vediamo chi dei debiti si dovrà occupare. Dalle elezioni di maggio è uscito un direttivo spaccato; cinque i consiglieri, tutti professionisti, eletti dalla maggioranza che da decenni controlla il sindacato: Enzo Colimoro, Gianni Ambrosino (il primo segretario, il secondo presidente uscenti), Maurizio Cerino, Filiberto Passananti e il consigliere pensionato Domenico Ferrara; sei i consiglieri della lista d’opposizione, che fa riferimento al nuovo presidente dell’Ordine campano Ottavio Lucarelli: Lucia Licciardi, Pasquale De Simone, Gianni Colucci, Carmen Fimiani (che nel ballottaggio ha battuto Cristiano Tarsia) e i pubblicisti Domenico Castellano e Mauro Fellico.
Dopo avere conquistato la maggioranza, la lista di Lucarelli ha eletto alle cariche di presidente e tesoriere due degli sconfitti: Colimoro (con otto preferenze, tre sono andate a Ambrosino) e Passananti (con otto voti, mentre uno a testa hanno ricevuto Cerino, Licciardi e Fellico, ineleggibile); la segreteria se la sono disputata due del gruppo vincente, che al voto si è diviso: Colucci ha avuto la meglio per sei a cinque su Lucia Licciardi, che nel


Franco Mancusi, Franco Maresca e Carlo Verna

tentativo di accaparrarsi la poltrona ha chiesto e ottenuto i voti di Ferrara e Ambrosino.
Un guazzabuglio che conferma soltanto l’accordo sottobanco siglato prima del voto da Lucarelli e Colimoro, che se ne è giovato molto perché pur schierato nella

squadra sconfitta è risultato di gran lunga il primo eletto: con 441 preferenze su 606 votanti ha raccolto il 73 per cento, ben oltre il 62 per cento incassato da Lucarelli, trionfatore all’Ordine regionale.
Del resto gli accordi sottobanco non costituiscono una novità per la corrente di Lucarelli, che nel 2001, quando era guidata da Carlo Verna e Franco Mancusi, decise di puntare tutte le sue fiches sull’Ordine, lasciando campo libero all’allora presidente dell’Assostampa Franco Maresca, rinunciando persino a presentare una propria lista. Ma l’accordo si rivelò un clamoroso flop con Mancusi e Verna fuori dall’Assostampa (erano consiglieri uscenti) e battuti all’Ordine.
Per l’elezione del tesoriere c’è stato un tentativo, subito abortito di eleggere Mauro Fellico, poi qualcuno ha letto lo statuto della Napoletana e si è accorto che le cariche sono riservate ai giornalisti professionisti.
“Alla presidenza – è il commento polemico di Gianni Ambrosino – non poteva che essere eletto Colimoro, da sei anni segretario del sindacato. Per non avere

presenze ingombranti intorno a sé, Lucarelli ha schierato all’Assostampa una squadra con professionisti giovani o senza esperienza, rinunciando a


Magda Cristiano, Giuseppe Marziale e Pietro Rocco di Torrepadula
candidature che avrebbero avuto un peso diverso, come Vittorio Dell’Uva e Francesco Romanetti. Si è trovato così ad avere la maggioranza, ma non un candidato presidente spendibile”.
Passiamo ai debiti. Accantonando per ora i tre milioni dovuti al Comune, in attesa della pronuncia definitiva della Cassazione, rimangono aperti tre fronti: il pagamento delle retribuzioni arretrate e il trattamento di fine rapporto agli ex dipendenti e gli scoperti nei confronti dell’Ordine regionale e della Federazione della stampa. Tra le uscite consistenti per un piccolo bilancio vanno annotate le spese legali, che in questi anni sono state di diverse decine di migliaia di euro. Basta ricordare la condanna a pagare oltre quattromila euro agli avvocati Roberto Fabbri e Giuseppe Marziale inflitta nel luglio 2002 dal giudice del tribunale di Napoli Magda Cristiano; due anni prima il sindacato era stato citato in giudizio da una pattuglia di giornalisti (tra i firmatari Patrizia Capua, Domenico Ferrara, Antonio Fiore, Enzo Palmesano e persino Ottavio Lucarelli e Carlo Verna) per chiedere il rispetto dello statuto della Napoletana che fissa in due anni e non in tre il mandato del


Mauro Fellico, Carmen Fimiani e Lucia Licciardi

consiglio direttivo. Indicazione che viene regolarmente disattesa da oltre venti anni e che anche il nuovo direttivo appare intenzionato a disattendere se si guarda il comunicato sull’elezione di Colimoro alla presidenza, aperto dall’intestazione

“Associazione napoletana della stampa per il triennio 2007-2010”. O basta ricordare l’assegno da seimila euro staccato nella scorsa primavera all’avvocato Pietro Rocco di Torrepadula per preparare il ricorso in Cassazione, che va ad aggiungersi alle parcelle già pagate per i primi due gradi di giudizio.
Passiamo ai dipendenti. L’Assostampa sta continuando a pagare a ex dipendenti ratei di retribuzioni e del trattamento di fine rapporto, le cui somme non sono mai state accantonate. Con lo sfratto del circolo della stampa dalla Casina del boschetto, nel novembre 1999, la Napoletana ne ha ereditato l’organico, ma neanche una lira delle molte centinaia di milioni incassati per il fitto del circolo: di quel fiume di soldi non si è più trovata traccia (lo scrive Alessandro Cocchiara, giudice estensore della sentenza d’appello) e nessuno sembra interessato a sapere in quali tasche sono finiti. Ma forse la curiosità diventerà attuale nel caso la Cassazione dovesse confermare la condanna a pagare i tre milioni di euro. Intanto negli anni diversi impiegati sono stati interamente liquidati, mentre sono ancora creditori: Giuseppe

Acerra, Vincenzo Caccamo e Enzo Iacovelli. L’ultima rata dovrebbe essere pagata nel dicembre 2011 per un ammontare complessivo di 90mila euro.
La Napoletana ha oggi in organico tre dipendenti: Donatella Pappalardo, diventata negli anni l’unica in grado di districarsi tra le carte delle gestioni caotiche del sindacato, e anche dell’Ordine;


Giuseppe Acerra e Paola Spinelli

Paola Spinelli, che si occupa di Inpgi e Casagit; Bruno Izzo, factotum e autista; viene infine utilizzato, da precario, il figlio di Izzo, Vincenzo.
C’è poi il consistente scoperto nei confronti dell’Ordine regionale, un ente pubblico che non può permettersi di prestare soldi, ma a Napoli quasi tutto è possibile. Nel bilancio dell’Ordine è annotato un credito di 106mila, cifra negli ultimi mesi ridotta con il versamento di tre assegni da cinquemila, seimila e quattordicimila euro e la rinuncia all’incasso della quota annuale 19mila euro che l’Assostampa riceve dall’Ordine campano per la fornitura di una serie di servizi (collaborazione alla segreteria, dattilografia, fattorino, pulizia e locali da adibire ad archivio).
La convenzione tra Ordine e sindacato, stipulata nel ’93, è stata rinnovata nel 2002; da allora non è stata più rivista, né c’è stato un adeguamento economico. Lo scoperto è quindi oggi di poco superiore ai 61mila euro.
Il debito di minor importo, ma di maggior danno di immagine, è lo scoperto con la Federazione della stampa per il versamento delle quote degli iscritti, che si trascina dal secolo scorso. Puntualmente, nelle riunioni del consiglio Fnsi che si tengono alla vigilia di congressi nazionali, si alza il rappresentante di qualche associazione e chiede di non ammettere i delegati della Campania al congresso perché non paga le quote. La clamorosa punizione radica ancora di più all’interno della categoria l’immagine di un giornalismo campano precario e pezzente e anche un po’ mariuolo, per i dati ballerini sugli iscritti per ognuno


Donatella Pappalardo e Bruno Izzo

dei quali va versata una quota alla Federazione; poi una soluzione si trova e così la Napoletana non ha saltato né il congresso di Montesilvano, né quello di Saint Vincent.
Nonostante su questo fronte si sia speso a fondo Silvio Bruno Geria, tesoriere dal 2001 al

giugno scorso, Napoli deve a Roma ancora le quote del 1996 e 1997. Nel novembre 2001, promotori Geria per l’Assostampa e Giovanni Rossi per la Fnsi, venne sottoscritto un accordo per cui la Casagit, la cassa di assistenza sanitaria dei giornalisti, girava direttamente alla Federazione il 40 per cento della somma che annualmente versa come contributo alla Napoletana: nel 2001 il debito superava i 170milioni di lire, al 31 dicembre 2006 era stato ridotto a 17.789,15 euro. Nel maggio scorso Colimoro, allora segretario dell’Assostampa, ha rinnovato a Roma l’accordo con la Federazione alzando dal 40 al 60 per cento il prelievo automatico dalla quota Casagit. Insomma per fronteggiare i debiti vengono via via ridotte o azzerate le voci delle entrate. Problema serio, anche perché su settemila iscritti all’Ordine campano, soltanto duemila versano anche la quota al sindacato, per la precisione 2042, con una rapporto di quasi uno a tre tra professionisti e pubblicisti: 550 i primi, 1492 i secondi.
“Se i pubblicisti dovessero decidere in blocco – commenta un consigliere – che i servizi del sindacato non servono e non rinnovare l’iscrizione, l’associazione dovrebbero chiudere: nel 2005 i professionisti hanno versato

30mila euro, i pubblicisti più di 110mila”.
Come già evidenziato, il numero dei professionisti iscritti spesso cambia: al 31 dicembre 2006 ne sono stati dichiarati alla Federazione 550; nella tornata elettorale di maggio hanno votato in 606 su 750 aventi diritto


Gianni Ambrosino, Silvio Bruno Geria e Giovanni Rossi

(duecento in più in meno di cinque mesi); chissà quanti saranno alle elezioni per i delegati al XXV congresso della Fnsi che si tiene nella tarantina Castellaneta Marina dal 26 al 30 novembre.
Ultima notazione. Iustitia pubblica il bilancio 2004 perché, dicono al sindacato, i bilanci 2005 e 2006 non sono stati ancora ‘approvati’. Lo statuto della Napoletana, al primo comma dell’articolo 7, prevede che “l’assemblea generale è convocata in via ordinaria nel gennaio di ogni anno per l’approvazione dei bilanci consuntivo e preventivo”. Quindi il consuntivo 2005 doveva essere approvato diciannove mesi fa. Ma, si sa, per chi guida il sindacato lo statuto è soltanto un optional.