Con Sant’Elia va via
l’ultimo amanuense

IL 23 GENNAIO ha compiuto sessantasette anni ed è andato in pensione il giornalista della sede Rai di Napoli Edoardo Sant’Elia. Di sicuro nessuno, o quasi, tra i telespettatori si è accorto del vuoto perché sono davvero pochi i servizi prodotti in trentadue anni a via Marconi.
Sugli esordi giornalistici di Sant’Elia è a questo punto necessaria una lunga citazione del numero dell’ottobre del 1993 del mensile cartaceo Iustitia, organo napoletano della Rete, il movimento guidato a livello

nazionale da Leoluca Orlando.
Nel 1986 Sant’Elia (Alfredo, procuratore della Repubblica di Napoli, ndr) ha un cruccio: - scrive il mensile che ha come direttore responsabile Aldo

Aldo Civico e Alfredo Sant'Elia

Civicoil figlio Edoardo ha più di trent’anni ma non ancora un mestiere. È procuratore legale e sogna di fare il giornalista. Con una pratica veloce l’Ordine della Campania il 12 febbraio ’87 lo iscrive all’albo dei pubblicisti. Per l’iscrizione la legge sull’Ordine richiede due anni di attività. Nella documentazione presentata da Sant’Elia il primo anno è coperto da articoli senza firma, pubblicati dal Mattino. E Pasquale Nonno certifica che si tratta di servizi scritti da Sant’Elia”.
Conquistato lo status di giornalista si procede con la seconda fase. “Passano tre mesi - continua il mensile cartaceo - e negli stessi giorni (siamo nel maggio del1988, ndr) il Mattino e la Rai offrono un contratto a Edoardo Sant'Elia. Un terzo contratto arriva subito dopo da Itinerario, il mensile di Paolo Cirino Pomicino. A questa pioggia di contratti si aggiunge nel dicembre ’88 la consulenza da quattordici milioni di lire che l’assessore provinciale all’Ecologia Raffaele Perrone Capano affida al neo giornalista. Ma è alla Rai lottizzata che Sant’Elia fa più strada: prima un doppio contratto di collaborazione, poi il 21 marzo 1990 l’assunzione a tempo pieno. Forse non è un caso che il primo licenziato del Mattino diretto da Sergio Zavoli sia stato proprio Edoardo Sant’Elia”.
Messo al sicuro lo stipendio si scava una nicchia e si tiene fuori da tutti gli incarichi. Dopo Ernesto Mazzetti, il capo redattore che lo ha assunto come collaboratore nell’agosto del 1988, i tre direttori che ha avuto dal 1990 a oggi, Giuseppe Blasi, Massimo Milone e Antonello Perillo, hanno fatto qualche timido tentativo per inserirlo nei meccanismi di lavoro della redazione con risultati molto modesti. Il giovane assunto ha

Giuseppe Blasi e Massimo Milone

sempre cercato di scansare anche gli incarichi più elementari della cronaca riuscendoci molto spesso. Chi ha lavorato a stretto contatto con Sant’Elia lo descrive “pieno di sé, vanaglorioso,

irritante nel suo quasi ostentare l’ignoranza in materia di tecnologia con il rifiuto di usare il computer; ha sempre scritto i suoi pezzi a mano”.
Con poca redazione e ancora meno lavoro si dedica ad attività culturali, a riviste e a libri, e a cinquanta anni prende anche una seconda laurea, in Filosofia. Di sé scrive “come saggista ha approfondito in una ottica filosofica-narrativa la storia delle idee e i rapporti fra i linguaggi, partecipando e promuovendo convegni e scuole di alta formazione”. Campa con i soldi della Rai ma non si presenta come “giornalista” ma come “saggista e poeta”.
È del resto giusto che non si definisca giornalista perché ben conosce il 'lavoro' che ha svolto. Prendiamo un semestre a caso prima del Covid: dal settembre 2018 al febbraio 2019 ha firmato 31 servizi, con una media di cinque al mese, e un solo servizio nell’intero mese di novembre pagato diverse migliaia di euro.
Una carriera, se così la vogliamo chiamare, che è costata al servizio pubblico molte centinaia di migliaia di euro e che nel corso dei decenni Iustitia ha ripetutamente denunciato. Eppure non c’è stata nessuna iniziativa dei responsabili e neanche degli ufficiali della redazione. Sono soldi pubblici e allora chi se ne importa.