Gentile direttore,
fortunatamente Orfeo, Milone, Demarco, gli altri responsabili dei giornali e della pletora di tv private non hanno tra familiari, amici e conoscenti pazienti psichiatrici. Forse questo spiega la disattenzione che mostrano verso la salute mentale, un argomento doloroso e segreto, ma che riguarda un numero sorprendente di cittadini, e che si impone all'attenzione solo in presenza di sofferenze e di morti troppo spesso annunciate.
Perciò lei non sa, come la maggior parte della popolazione, che i pazienti psichiatrici napoletani e le loro famiglie subiscono, mai come in questo periodo, un arretramento e una regressione grave delle pratiche terapeutiche a loro dovute dalla legge, dalla civiltà di un popolo e dal comune buon senso.
Questa opinione non è solo mia, ma è condivisa da un gran numero di pazienti, familiari e operatori della salute mentale cittadina, come testimonia l'appello che da mesi è ospitato dal sito dell'Associazione italiana psichiatri (www.aipsimed.org), e rilanciato dall'Assise di palazzo Marigliano, che non ha precedenti nella storia della psichiatria napoletana, firmato da scrittori come Erri De Luca, magistrati come Magda Cristiano e Giulio Cataldi, ricercatori come Enrico de Notaris, intellettuali come Gerardo Marotta, Sergio Piro e il presidente della Fondazione Premio Napoli Silvio Perrella.
In questo contesto, l'Unità operativa di salute mentale di Monte di Dio, già estremamente sacrificata per uomini e mezzi, che ha in carico 2300 pazienti, sarà sfrattata tra undici mesi dalla sede che occupa da circa trent'anni, senza sapere allo stato attuale la sua prossima destinazione.
In compenso ha appreso dal quotidiano "Cronache di Napoli" del 28 dicembre scorso che la sede che le era stata assegnata, una palazzina di viale Fornelli alle Rampe Brancaccio, ceduta dal comune di Napoli alla Asl Na 1 per le esigenze riabilitative e terapeutiche dei sofferenti psichici di San Ferdinando, Chiaia e Posillipo, per motivi oscuri sarebbe ritornata nella disponibilità del Comune di Napoli che avrebbe intenzione di trasformarla in un albergo prestigioso e panoramico.
Questa storia non trova spazio nelle cronache cittadine, malgrado esista già un inquietante precedente riguardante un'altra Unità operativa di salute mentale, quella del Vomero, trasferita da San Martino a via Pietravalle a Chiaiano, fuori dal suo territorio di competenza, nonostante la normativa nazionale e regionale preveda la territorialità forte dei servizi di salute mentale. Questa decisione ha provocato un calo vistoso dell'affluenza degli utenti, che ha determinato il trasferimento di numerosi psichiatri all'ospedale Monaldi, per una evidente sopraggiunta inutilità degli stessi.
E perché la salute mentale non trova spazio? Vivendo di stipendio e non potendomi permettere alcuna spesa legale devo concludere che questo avviene per ovvi motivi, affidandomi al notorio acume dei suoi lettori. Per questo e altri intuibili motivi le scrivo questa lettera, allegando per intero il già citato appello e l'articolo di " Cronache di Napoli" a firma di Carlo Russo.
Tuttavia mi sembra che nessuno possa negare che il federalismo sanitario della Repubblica innestato in una società semifeudale come quella campana abbia prodotto lo smembramento di quei vaghi spazi di agibilità democratica all'interno delle aziende sanitarie, oscurando la sofferenza psichica in ragione inversa alla sua visibilità mediatica.
Analogamente al dramma della spazzatura, la lottizzazione medica in Italia, definitivamente dissociata dalle capacità professionali, consuma risorse inimmaginabili e insostituibili, deformando le catene decisionali custodite da professionisti dell'omertà e difese da opachi e invalicabili muri di gomma.
La saluto e la ringrazio.
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