Caltagirone subisce
una nuova sconfitta

IL 5 OTTOBRE la corte d’appello di Roma, sezione lavoro (presidente Daniela Blasutto, giudici a latere Francescopaolo Panariello e Giovanni Pascarella), ha dichiarato inammissibile la richiesta di sospendere l’efficacia esecutiva della sentenza che ha annullato il licenziamento della giornalista

Barbara Nardacchione e ne ha deciso la reintegrazione nell’organico del Messaggero, riconoscendole un risarcimento di 260mila euro.
La giornalista napoletana incassa così la terza vittoria giudiziaria contro il gruppo guidato da Francesco Gaetano Caltagiorne: la prima risale al febbraio 2004 quando il giudice del tribunale di Roma Daniela Bracci ha riconosciuto le mansioni di giornalista alla Nardacchione che dal 2000 al 2002 ha lavorato con contratto di metalmeccanico alla redazione di


Francesco Gaetano Caltagirone

Caltanet, il portale del Gruppo Caltagirone, guidata da Gino Cavallo, redattore capo in prestito dal Mattino; la seconda vittoria è di giugno quando il giudice Paola Giovene di Girasole l’ha reintegrata al Messaggero che nel 2007 ha incorporato per fusione Caltanet.
Ora il Messaggero spa, la società ammiraglia del Gruppo Caltagirone, difesa in giudizio dall’avvocato Patrizia Mittiga Zandri, che a distanza di oltre quattro mesi dalla sentenza non ha ancora sganciato un euro, dovrebbe pagare. Il match comunque non è finito e le chance di rivincita del gruppo Caltagirone sono affidate alle quarantotto pagine del ricorso in appello che verrà discusso il 4 ottobre 2010 davanti al collegio che si è pronunciato sulla


Gino Cavallo

richiesta di sospensiva dell'esecuzione.
Intanto l’avvocato Marino Maffei, che con il legale romano Giuseppe Nobile assiste Barbara Nardacchione, ha impugnato il licenziamento firmato il 7 luglio dal presidente del Messaggero spa Albino Majore. Ed è anche ironico l’avvocato Maffei nella comunicazione indirizzata al Messaggero. “La mia assistita – scrive il legale – ha appreso “con un certo stupore di essere stata reintegrata (quando???) nel posto di lavoro in seguito alla sentenza del tribunale di Roma”. E

aggiunge: “Come ulteriore motivo di illegittimità del vostro atto di recesso, la mia assistita deduce e vi comunica il suo stato di gravidanza al quarto mese”.