Cesaro: diritto all'oblio
e media omissivi o silenti

È UNA SENTENZA di tanti anni fa, 2 agosto 1985, ma è una sentenza che merita di essere recuperata dagli archivi del tribunale di Napoli. Il giudice estensore apre le 157 pagine con un attacco giornalistico: “Il giorno 17 dicembre 1983 si consumava uno degli ultimi atti di quella tragedia che è la storia della Nuova Camorra Organizzata”. E dopo una ventina di pagine di

scenario e di fatti passa all’esame delle posizioni processuali dei cinquantatre imputati.
Tre pagine vengono riservate all’imputato Luigi Cesaro, allora trentatreenne. Anche in questo caso l’incipit merita di essere riportato: “Cesaro Luigi. Rende


Luigi Cesaro e Raffaele Cutolo

questo imputato superflua confessione del favoreggiamento che viene ritenuto a suo carico e che, annaspando, pretende di giustificare con l’impossibilità di sottrarsi alle pressioni dei camorristi, i quali se ne sarebbero serviti, quasi a sua insaputa, come intermediario con i vertici dell’organizzazione e come sostenitore nei momenti di difficoltà del gruppo”. E i cronisti politici che si occupano oggi del presidente della terza provincia d’Italia non possono non riconoscere in quell’annaspando di ventiquattro anni fa il Cesaro dei video su youtube e il politico che riesce a sottrarsi con le scuse più varie a tutte le tribune organizzate in campagna elettorale dalla Rai di Napoli con i candidati alla presidenza della Provincia, a cominciare da Luigi Nicolais per il centro sinistra e Tommaso Sodano per la sinistra.
Il giudice estensore continua: “Ma un sereno e serio esame delle risultanze processuali porta chiaramente ed intendere che l’aiuto fu costante nel tempo, e più che spontaneo, e che la sbandierata condizione di agiatezza economica lo rese prodigo di favori solo per il desiderio di farsi degli amici ‘bravi’ ad abbattere quegli ostacoli che, com’è intuitivo, potevano presentarsi lungo il corso dell’attività d’impresa, risolvendosi i detti favori in un accrescimento delle reputazione sociale per la sicurezza che scaturiva dall’avere alle spalle


Luigi Nicolais e Tommaso Sodano

così qualificati protetti per proteggersi”.
Cita ancora il giudice “il piacere di incontrare donna Rosetta Cutolo in casa di una sua inquilina (di Cesaro, ndr), la moglie di Antonio Cuomo (uno dei fedelissimi di Raffaele Cutolo, ndr)” e la lettera di Rosetta Cutolo

consegnata di persona dal futuro presidente della Provincia di Napoli a Pasquale Scotti, altro uomo di fiducia di Cutolo; l’estensore aggiunge che “fare un elenco di nomi di camorristi con i quali Cesaro ha trattato e contrattato di buona voglia è cosa lunga e ci si riporta ai nominativi che compaiono di rinvio a giudizio, facendo presente che in un solo giorno favorì i contatti di ben trenta di loro, mettendo a disposizione la casa e la sua persona”; e conclude: “affermata la penale responsabilità di Cesaro Luigi per il delitto ascrittogli (favoreggiamento pluriaggravato, ndr), irroga il tribunale la pena di anni cinque di reclusione”, cui “segue la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque”. La sentenza (il dispositivo è del 10 maggio 1985) viene emessa dalla prima sezione penale del tribunale di Napoli, presieduta da Adriano D’Ottavio, con a latere Giovanni Giacalone e estensore Teresa Casoria, nel 1980 pubblico ministero del processo Cutolo e oggi presidente della nona sezione penale del tribunale di Napoli (completano il collegio Maria Pia Gualtieri e Francesca Pandolfi) che si occupa di Calciopoli. Nel 1986 la condanna verrà mutata dalla corte d’appello in assoluzione per insufficienza di prove, assoluzione poi

confermata dalla Corte di cassazione.
A distanza di quasi venticinque anni ha senso politico parlare della condanna di Luigi Cesaro a cinque anni di reclusione e dell’assoluzione per insufficienza di prove? Iustitia ha girato la domanda a Luigi De


Antonio Cuomo e Rosetta Cutolo

Magistris, napoletano, quarantadue anni, magistrato dal '94, alla procura di Napoli dal 1998 al 2002, poi alla procura di Catanzaro, che nella primavera scorsa si è dimesso dalla magistratura ed è stato eletto parlamentare europeo nelle liste dell’Italia dei valori, la formazione guidata da Antonio Di Pietro.
“C’è un filo rosso – risponde De Magistris – che lega la sentenza del 1985 alle indagini in corso sul presidente della Provincia di Napoli, passando attraverso altre inchieste che hanno interessato Luigi Cesaro. Di alcune che toccavano la rete dell’usura (con il coinvolgimento di Cesaro e di alcuni suoi familiari), uomini della camorra e funzionari di banca mi sono occupato direttamente tra il 1999 e il 2000, quando ero sostituto alla sezione criminalità economica della procura di Napoli. Ed è un filo rosso che fa emergere rapporti duraturi nel tempo, con il ripetersi di fatti gravissimi. Allargando l’orizzonte, mi pare che la camorra stia cercando un salto di qualità, allineandosi alle strategie da tempo adottate dalla ‘ndrangheta e poi dalla mafia. Non si accontenta più del politico di riferimento, ma punta a una presenza diretta sulla scena pubblica, ottenuta grazie a confini sempre più sfumati tra esponenti politici, area grigia del mondo delle professioni e uomini dei clan. In ogni caso, stringendo l’obiettivo sulla vicenda Cesaro, siamo di fronte a episodi così allarmanti che non ha senso parlare di diritto all’oblio, ma c’è anzi il dovere di tirare fuori notizie, inchieste e sentenze e di farle


Maria Pia Gualtieri e Francesca Pandolfi

conoscere all’opinione pubblica”.
Non sembrano dello stesso avviso i direttori dei principali media napoletani che, in campagna elettorale e dopo l’insediamento a piazza Matteotti, hanno deciso di non occuparsi delle vicende giudiziarie del

presidente o, peggio, di svolgere in qualche occasione il ruolo di difensore d’ufficio. “Credo che il silenzio dei giornali napoletani – spiega De Magistris – dipenda da varie cause. Si parla molto della “scomparsa dei fatti” dalle pagine dei quotidiani, una tendenza nazionale che a Napoli si aggrava. E dobbiamo anche registrare la scomparsa delle inchieste giornalistiche. Non a caso i verbali con le dichiarazioni dei pentiti e le sentenze su Cesaro le tira fuori L’espresso. C’è poi da un lato il sostegno di poteri economici alla ricerca di affari facili e dall’altra la debolezza del centro sinistra che rende timidi i giornali napoletani che a quell’area fanno riferimento. Basti pensare che, nonostante la buona volontà di Nicolais, Cesaro non ha avuto avversari veri, grazie anche a uno strapotere economico che ha dato sin dall’inizio la certezza di una gara senza storia. Ultimo, ma non meno importante: c’è da registrare una insensibilità alla questioni etiche che tocca tutti, giornalisti inclusi, una insensibilità che ha consentito di candidare nel silenzio generalizzato personaggi con una storia ricca di ombre come Luigi Cesaro”.