Papere e papaveri
di Josef K. Byte
VALORI

Uno degli incubi ricorrenti, ai tempi della guerra fredda, riguardava la possibilità che qualcuno premesse per sbaglio il fatale "bottone" che avrebbe innescato il disastro nucleare. La storia propone nuovi orrori, e ne ridimensiona altri, riducendoli al rango di burla: con lo sviluppo tecnologico, nelle redazioni l'incubo è che qualcuno prema un tasto sbagliato sul computer.
Il 10 febbraio il Mattino dedica nelle pagine Primo piano un articolo, firmato da Almerico Di Meglio, al messaggio del capo dello Stato sulla tragedia delle foibe. L'attacco è di quelli che, in America, porterebbero all'impeachment del presidente: "Il messaggio del capo dello Stato al 'governatore' del Lazio Francesco Storace sintetizza il sentimento della stragrande maggioranza degli italiani: 'La 'Giornata dei valori nazionali', sanzioni a chi non ricicla e seleziona la spazzatura alla
Regione Lazio'". È impazzito Carlo Azeglio Ciampi? Cosa c'entrano le foibe e l'immondizia? La raccolta differenziata, per quanto utile, è addirittura un "valore nazionale"?
A quel punto, Di Meglio si incavola. È chiaro che quelle righe sono finite

Mario Orfeo, Elio Scribani e Cristiano Tarsia
lì per sbaglio: qualcuno ha premuto il fatale bottone. Il sistema informatico del Mattino consente di verificare chi sia intervenuto sul pezzo: è il responsabile dei redattori capo Antonello Velardi, cui, non a caso, nessuno affiderebbe la valigetta con i codici nucleari. Uno dei componenti del comitato di redazione, Elio Scribani, affigge allora in bacheca una lettera a titolo personale, in cui stigmatizza che si metta mano ai pezzi dei colleghi, soprattutto, aggiungiamo noi, se il risultato è un pasticcio così imbarazzante. Un altro membro del cdr, Cristiano Tarsia, si dissocia dalla lettera scrivendone un'altra lunga il doppio; Velardi intanto accusa Scribani di killeraggio ai suoi danni; Scribani, offeso, annuncia di volersi rivolgere ai probiviri dell'Associazione napoletana della stampa. Nel quotidiano diretto da Mario Orfeo, come vedete, si respira una bella aria. Qualcuno rimpiange persino gli anni di piombo. Non fraintendeteci: quello delle vecchie tipografie di una volta.
 
CURIOSITÀ

La prima pagina dell'edizione napoletana di Repubblica dell'undici febbraio ha cinque titoli. Due commenti (dell'economista Ugo Marani e dell'assessore Maria Fortuna Incostante) e tre notizie: "Licenziamenti, dilaga la protesta"; "Bimba rapita dalla banda dell'elemosina"; e, con la


Maria Fortuna Incostante, Ugo Marani e Rocco Papa

testatina "La curiosità", "L'orologio del Real Albergo dei Poveri riappare dopo 56 anni. Ha già 5 ore di ritardo / Presentato come un evento ieri mattina. Nel pomeriggio segnava però le 11.25". La sapida nota, scritta, ma non firmata, da una
cronista di costume, ironizza sul malfunzionamento dello storico orologio. "Il ripristino, affidato al maestro orologiaio Salvatore Ricci, è costato all'amministrazione comunale circa 10mila euro… l'opera era stata annunciata con giusto orgoglio… 'Stiamo lavorando per il recupero totale dell'Albergo dei Poveri', ha sottolineato il vicesindaco Rocco Papa". Poi la stoccata: "Sarà per dare tempo al tempo, ma ieri l'orologio non funzionava. Alle diciassette (ora in cui l'abbiamo fotografato) il tocco è stato regolare, ma le lancette segnavano le undici e venticinque minuti". Immaginiamo la soddisfazione del maestro Ricci, innanzitutto, e anche quella del sindaco Rosa Russo Iervolino e del suo vice Papa: perché l'orologio andava benissimo, trattandosi di un tipo a lancetta unica. Bastava fermarsi a guardarlo altri cinque minuti per capire come funziona. Il giorno dopo, va in pagina la rettifica: relegata a
pagina sette, sempre con la testatina "La curiosità" (sarebbe stata più giusta "La toppata"), e in realtà, più che una rettifica, è uno scaricabarile: "Per conoscere l'ora bisogna far riferimento solo alla lancetta lunga, non alla sua 'coda' che sembra invece la lancetta dei minuti (casomai delle ore, ma è chiaro che ormai sono completamente nel pallone, ndr). Facile cadere in errore, come è successo a noi e a decine di lettori che ci hanno segnalato un 'guasto' che non c'è". Colpa,
Repubblica Napoli dell'undici e del 12 febbraio
quindi, anche dei lettori, mentre il merito del piccolo scoop era solo del giornale. Un po' come quei tifosi che, a seconda dei risultati della squadra del cuore, dicono "abbiamo vinto" o "hanno perso".

 
ONDA SU ONDA

Basta, non se ne può più delle discriminazioni delle grandi metropoli nei confronti della sana provincia. Abbiamo dunque salutato con entusiasmo l'articolo (un centro pagina a sette colonne) comparso sul Corriere del Mezzogiorno del 6 gennaio, a firma Pierpaolo Basso. Il titolo, "Alba, mamma di Tremonti, poetessa con radici e cuori sanniti", per un attimo ci era sembrato esso stesso poesia, con quell'immagine dell'alba madre dei tramonti: ma poi abbiamo capito che si trattava di Alba Terigi,


Giulio Tremonti e Pasquale Viespoli

mamma del ministro dell'Economia Giulio Tremonti, che anche se da decenni vive a Sondrio rivendica con orgoglio le proprie origini beneventane. Esprime soddisfazione il sottosegretario al Welfare Pasquale Viespoli, di Alleanza Nazionale, che è di quelle terre: "Questa testimonianza può essere utile per far emergere le
capacità di una zona, a torto definita, da alcuni assessori, 'interna'". Maledetti assessori di sinistra, che con il loro materialismo non sanno sognare di fronte alle suggestive mareggiate che si infrangono nel porto di Benevento: altro che zona "interna", il Sannio, terra di poetesse, marinai e sottosegretari.
 
MAESTRI

Nel gergo giornalistico, si prende una bucatura quando non si dà una notizia importante che tutti gli altri danno. Né vale tentare di recuperare il giorno dopo: in questo mestiere, la tempestività è fondamentale. Ma forse ci dev'essere stata una rivoluzione delle regole che ci è sfuggita. Il
13 gennaio giornali e tg raccontano del primo incontro che Paolo Mieli ha avuto con gli studenti del master di giornalismo del Suor Orsola Benincasa, l'istituto universitario di cui è rettore Francesco De Sanctis. Di quel master, organizzato
Paolo Mieli e, in prima fila a destra, Lucio D'Alessandro
dalla facoltà di Lettere, di cui è preside Lucio D'Alessandro, Mieli è direttore: e poiché i corsi, che per gli studenti hanno un costo biennale di 12mila euro, sono cominciati giusto tre mesi prima, il 14 ottobre, capite bene che se un docente così autorevole si fa vedere dopo un trimestre, perché i giornalisti dovrebbero preoccuparsi di essere precisi? Due settimane prima, sul Corriere del Mezzogiorno, Mieli aveva così definito i giornalisti napoletani: "col senso del rigore, ricchi d'estro e di vivacità" (e diceva "per me Napoli è la città di Matilde Serao, di Giovanni Ansaldo", nati l'una nel 1857 e l'altro nel 1895: che incoraggiamento per le giovani generazioni). Usando quei tre termini pensava forse proprio ai colleghi del Cormezz, che il 10 dicembre si erano occupati, nelle pagine degli spettacoli curate da Antonio Sacco e Mirella Armiero, del film di Maurizio Fiume "e io ti seguo", "liberamente ispirato" all'omicidio di Giancarlo Siani e presentato agli Incontri del cinema di Sorrento. A corredo del pezzo di Antonio Valente,


Francesco De Sanctis, Antonio Cecchi e Yari Gugliucci

due foto: le didascalie, "Il regista Maurizio Fiume" e "Yuri Gagliucci, interprete di 'e io ti seguo'". Entrambe le immagini, però, si riferiscono a un cortometraggio che Fiume dedicò, alla stessa vicenda, tredici anni fa; e infatti l'attore
che si vede non è Yari Gugliucci, e nemmeno il fantomatico Yuri Gagliucci, bensì Antonio Cecchi. Siamo d'accordo con Mieli: rigore, estro e vivacità. Soprattutto estro e vivacità.
 
FINANCHE

In un trafiletto non firmato che ha la veste grafica di una breve notizia e lo spirito di un risentito commento, il 25 gennaio, nelle pagine di cronaca del Mattino, curate da Claudio Scamardella, si parla del film di Fiume su Siani, proiettato il giorno prima per le scuole al teatro Trianon di
Napoli, su iniziativa di una struttura della Provincia di Napoli, il Centro per l'educazione alla legalità, coordinato dalla professoressa Anna La Rocca con il giornalista Vincenzo Iurillo. Il risentimento, di cui alla fine della proiezione si è fatto
Maurizio Cerino, Amato Lamberti e Claudio Scamardella
sonoramente interprete il cronista del Mattino Maurizio Cerino, nasce da come, nel film, viene descritto l'ambiente del quotidiano di via Chiatamone, con alcuni personaggi ai limiti della collusione con chi ispirò il delitto. Ce n'è per il presidente della Provincia Amato Lamberti: "quando ha sottolineato che 'Siani non era neanche giornalista', ignorando che il collega, corrispondente contrattualizzato da Torre Annunziata, era iscritto all'Ordine nazionale della categoria"; forse Lamberti intendeva solo dire che Siani non era professionista, ma pubblicista; o che era un "abusivo", perché all'epoca del delitto il "corrispondente contrattualizzato da Torre Annunziata" lavorava, non contrattualizzato come redattore, in cronaca di Napoli. E naturalmente


Maurizio Fiume, Vincenzo Iurillo e Anna La Rocca

ce n'è per il regista, "che ha finanche detto di aver conosciuto Siani dieci anni fa". Un semplice lapsus, come quello dell'anonimo estensore del trafiletto, che chiosa: "…mentre Giancarlo venne ucciso il 25 settembre 1985, più di diciotto anni fa". Ma
era il 23 settembre quando fu assassinato, non il 25: e come suona male, questo errore, in chi fa le pulci agli altri, atteggiandosi a vestale della memoria di Siani, e forse anche della propria.