Deontologia ignota
a Lissner e a Fabris

SONO IMPROVVISAMENTE diventati afoni i vertici del teatro San Carlo, il sovrintendente Stéphane Lissner e Dinko Fabris, “responsabile scientifico” del “dipartimento di ricerca, editoria e comunicazione. A loro due Iustitia ha chiesto un’opinione sul fatto che La7 mettesse in onda interviste a Lissner realizzate dalla giornalista Rossana Russo che è in organico al teatro San Carlo come responsabile della “comunicazione creativa e strategica e relazioni con la stampa”.

Lissner ha fatto sapere attraverso la sua gentile segretaria Maria Vittoria Vallone che “il sovrintendente non intende rilasciare dichiarazioni”. E forse questa risposta spiega anche perché il sessantottenne parigino Lissner si trova bene a

Dinko Fabris e Salvo Nastasi (*)

Napoli: in Francia i media non gli consentirebbero una replica al tempo stesso pavida e arrogante. Anche Dinko Fabris, sessantatré anni, natali baresi come Salvo Nastasi per quattro anni potente commissario straordinario del San Carlo, grande esperto del Barocco napoletano e meridionale ma non altrettanto addentro alle questioni del giornalismo, sceglie la linea del silenzio e lascia sul fronte della cornetta telefonica Giovanna Tinaro che all’ufficio stampa si occupa dell’archivio.
Forse è allora necessario ricordare ai due musicologi che il doppio incarico di addetto stampa e giornalista è vietato dal codice etico e dall’articolo 44 del contratto nazionale di lavoro. Per la precisione secondo il terzo comma dell’articolo 44 “i testi elaborati dai giornalisti collaboratori dipendenti da uffici stampa o di pubbliche relazioni devono essere pubblicati facendo seguire alla firma l’indicazione dell’organizzazione cui l’autore del testo è addetto quando trattino di argomenti riferiti all’attività principale dell’interessato”.
Nonostante le indicazioni siano chiare la deontologia è poco conosciuta e pochissimo frequentata. E non se ne occupano come dovrebbero neanche gli Ordini e i consigli di disciplina, eppure i loro interventi sarebbero indispensabili nei casi di giornalisti distratti o menefreghisti.
Napoletana, cinquantuno anni a luglio, da ventiquattro professionista, Rossana Russo conosce codici e contratti anche perché è stata per nove anni consigliere dell’Ordine campano. Nel 2012 si pronunciò con grande durezza sul caso di Caterina Balivo, pubblicista e testimonial di varie campagne pubblicitarie: “le regole vanno rispettate, il giornalista non

Caterina Balivo e Rossana Russo

può fare pubblicità.
Pare continui la sua attività di testimonial e quindi la questione dovrà ora essere risolta in modo definitivo
”. Nel 2019 ha tenuto un corso di sei mesi all’università Suor Orsola Benincasa intrattenendo tra l’altro gli studenti su “il

giornalista e il comunicatore, due mondi che si incontrano”. E lei da un anno si sta particolarmente impegnando per favorire 'l'incontro'.
La deontologia, dicevamo, è poco conosciuta e pochissimo frequentata. Sorprende perciò, e dispiace, che su questo versante non batta un colpo neanche il direttore del tg de La7 Enrico Mentana, di solito tempestivo e puntuto sulle questioni etiche. Interpellato per più giorni da Iustitia ha lasciato il suo silenzio alla segretaria Roberta: “ho girato la sua domanda al direttore che non ha fatto alcun commento”.


(*) Da www.dagospia.com