Diffusione di fotografie
a) Immagini di minori
Le disposizioni che tutelano la riservatezza dei minori si fondano sul presupposto che la pubblicità dei loro fatti di vita possa arrecare danno alla loro personalità. Questo rischio può non sussistere quando il servizio giornalistico dà positivo risalto a qualità del minore e/o al contesto familiare in cui si sta formando. Pertanto può ritenersi lecita, ad esempio, salvo casi assai particolari, la diffusione di immagini che ritraggono un minore in momenti di svago e di gioco. Resta comunque fermo l'obbligo per il giornalista di acquisire l'immagine stessa correttamente, senza inganno e in un quadro di trasparenza, nonché di valutare, volta per volta, eventuali richieste di opposizione da parte del minore o dei suoi familiari.
Tali principi trovano naturalmente applicazione anche con riferimento alle immagini che ritraggono personaggi noti insieme ai loro figli, ad esempio nel contesto di un servizio che voglia testimoniare il rapporto positivo tra gli stessi.
Anche in tale ambito è comunque affidata al giornalista una prima valutazione in ordine al rischio che tale spettacolarizzazione possa incidere negativamente sul minore e sulla sua famiglia. Si dovrà in ogni caso evitare che la diffusione di tale tipo di dati assuma carattere sistematico: è infatti evidente la differenza che esiste fra la raccolta occasionale dell'immagine delle persone che in un dato momento si trovano in un luogo pubblico ed invece la ripresa sistematica di tale situazione.
Analoghe considerazioni in ordine alla liceità della diffusione possono essere formulate con riferimento alle immagini di neonati. Esse infatti si caratterizzano per avere una più ridotta valenza identificativa.
b) Fotografie relative a soggetti ripresi in luoghi pubblici
Di regola, le immagini che ritraggono persone in luoghi pubblici possono essere pubblicate, anche senza il consenso dell'interessato, purché non siano lesive della dignità e del decoro della persona. Come il Garante ha precisato nelle sue pronunce, il fotografo è comunque tenuto a rendere palese la propria identità e attività di fotografo e ad astenersi dal ricorrere ad artifici e pressioni indebite per perseguire i propri scopi.
Anche qui il giornalista deve comunque compiere una valutazione caso per caso, dovendo egli tenere presente il contesto del servizio giornalistico e l'oggetto della notizia.
Ad esempio, la pubblicazione dell'immagine di una signora anziana, chiaramente identificabile, ripresa al mercato con la spesa, può ritenersi non pertinente rispetto ad un articolo sulla solitudine degli anziani, oltre che lesiva della dignità dell'interessata. Diverso il giudizio potrebbe essere se la stessa foto fosse posta, per esempio, a corredo di un articolo sulla longevità.
Inoltre, nel documentare con fotografie fatti di cronaca che avvengono in luoghi pubblici, il giornalista e/o il fotografo sono chiamati a valutare anche quale tipo di inquadratura scegliere, astenendosi dal focalizzare l'immagine su singole persone o dettagli personali se la diffusione di tali dati risulta non pertinente e eccedente rispetto alle finalità dell'articolo.
c) Fotografie degli arrestati e degli indagati
Le foto segnaletiche: anche se esposte nel corso di conferenze stampa tenute dalle forze dell'ordine o comunque acquisite lecitamente, tali fotografie non possono essere diffuse se non in vista del perseguimento delle specifiche finalità per le quali sono state originariamente raccolte (accertamento, prevenzione e repressione dei reati). Inoltre, anche nell'ipotesi di evidente e indiscutibile "necessità di giustizia o di polizia" alla diffusione di queste immagini, "il diritto alla riservatezza ed alla tutela della dignità personale va sempre tenuto nella massima considerazione". Tali principi - più volte ricordati dal Garante - trovano conferma in diverse circolari emanate dalle forze di polizia, oltre ad essere richiamati, con riferimento alla generalità dei dati personali, nell'art. 25, comma 2 del Codice privacy.
Le immagini che documentano operazioni di arresto: tali immagini non possono essere diffuse quando siano lesive della dignità dell'interessato. Questo principio - che è alla base dei limiti già previsti dall'ordinamento relativamente alla diffusione di immagini che ritraggono persone in manette o sottoposte ad altro mezzo di coercizione fisica (si veda anche l'art. 8 del Codice deontologico) - deve guidare il giornalista nella decisione sulla diffusione di altre immagini collegate ad operazioni di arresto.