Le difficoltà per il giornalista di accedere a determinati documenti in possesso di uffici pubblici deriva non tanto dalla disciplina sulla protezione dei dati personali, quanto dalla normativa sull'accesso ai documenti amministrativi, che laddove il documento non è segreto impone comunque di valutare l'eventuale necessità di tutelare la riservatezza di un terzo, ma prima ancora prescrive (non solo al giornalista) che chi richiede il documento debba dimostrare la necessità di disporne per la tutela di un interesse giuridicamente rilevante e concreto. Vi sono al riguardo alcune aperture della giurisprudenza amministrativa che ritiene legittimato all'accesso anche chi intende esercitare al riguardo il diritto di cronaca (cfr. anche Cons. di Stato n. 570/1996 e Cons. di Stato n. 99/1998), ma il punto non è pacifico. Il giornalista può quindi chiedere di acquisire le informazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni utilizzando gli strumenti previsti dall'ordinamento giuridico: presentando istanza in conformità a quanto previsto dalla legge 241 o da leggi speciali o, più semplicemente, consultando albi, elenchi ecc. quando la legge ha previsto un siffatto regime di pubblicità.
In tale ottica, e fatte salve le valutazioni che seguiranno in ordine alla loro possibile diffusione, il giornalista potrà ad esempio chiedere di acquisire o venire legittimamente a conoscenza delle informazioni concernenti:

  • l'ammontare complessivo dei dati reddituali dei contribuenti, presso i comuni;
  • le situazioni patrimoniali di coloro che ricoprono determinate cariche pubbliche o di rilievo pubblico per le quali è spesso previsto un regime di pubblicità;
  • analogamente, le classi stipendiali, le indennità e gli altri emolumenti di carattere generale corrisposti da concessionari pubblici;
  • le pubblicazioni matrimoniali affisse all'albo comunale;
  • notizie relative ad alcuni nati e ad alcuni deceduti (possono essere rivolte specifiche domande all'ufficiale di stato civile, ma non si ha ad esempio diritto a ricevere un elenco giornaliero);
  • gli esiti scolastici e concorsuali per i quali l'ordinamento prevede spesso un regime di pubblicità;
  • i dati contenuti negli albi professionali;
  • i dati contenuti nelle deliberazioni degli enti locali (per esempio anche mediante l'accesso alle sedute consiliari degli organi collegiali e la relativa ripresa televisiva);
  • la situazione patrimoniale delle società e, in generale, i dati pubblici presso le camere di commercio.

Questo per quanto riguarda l'acquisizione delle informazioni. Rimane poi affidata alla responsabilità del giornalista l'utilizzazione lecita del dato raccolto e quindi la sua diffusione secondo i parametri dell'essenzialità rispetto al fatto d'interesse pubblico narrato, della correttezza, della pertinenza e della non eccedenza, avuto altresì riguardo alla natura del dato medesimo. Il giornalista dovrà valutare, ad esempio, l'eventualità di non diffondere in certi casi taluni dati relativi agli esiti scolastici, sebbene pubblici, in ragione dell'opportunità di tutelare gli interessati (minori e non) dagli effetti negativi che può determinare un'eccessiva risonanza data al loro risultato.
La legge sulla privacy e lo stesso Codice entrato in vigore il 1° gennaio scorso non hanno poi "abrogato" i noti limiti generali al diritto di cronaca che la giurisprudenza ordinaria, da diversi anni, considera stabilizzati.
Un'utile novità potrà tra l'altro derivare dall'adozione del decreto del Ministro dell'interno relativo alla legittima comunicazione e diffusione di informazioni da parte di forze di polizia, ad esempio in caso di incidenti, eventi tragici, calamità, ecc. (art. 57, comma 1, lett. e), del Codice privacy).