Altri tre bocciati
del Suor Orsola

IL MASTER DI giornalismo del Suor Orsola Benincasa registra altri tre caduti agli esami per diventare professionista. Il 28 ottobre a Roma si sono presentati in sette per il terzo assalto, dopo le bocciature rimediate a febbraio e ad aprile, ma soltanto quattro hanno superato l’ostacolo.
Dei ventotto iscritti al master 2011-2013, costato 13mila euro, nella sessione di febbraio 2014 hanno conquistato il tesserino di professionista in quattordici, il 50 per cento, una percentuale disastrosa che fa del Suor Orsola la peggiore delle quattordici scuole d’Italia. Se la percentuale verrà confermata nel biennio in corso, con quota d’iscrizione lievitata a 14mila quattrocento euro, il master

Lucio D'Alessandro, Paolo Mieli, Antonio Polito e Pietro Scott Jovane

perderà la convenzione con l’Ordine nazionale, che nello scorso marzo ha fissato un quadro di indirizzi molto preciso per le scuole, e dovrà chiudere.
In occasione del convegno ‘Dove va l’editoria?’ tenuto al Suor Orsola il 2 dicembre, moderato dal direttore del Corriere del Mezzogiorno Antonio Polito con la partecipazione dell’ex numero uno del Corriere della sera Paolo Mieli e dell’amministratore delegato di Rcs Pietro Scott Jovane, Iustitia ha incontrato i vertici del master, il direttore della scuola Paolo Mieli e il rettore del Suor Orsola Lucio D’Alessandro per chiedere se non si sentissero, almeno in parte, responsabili della débâcle agli esami. Le risposte sono state evanescenti, giustificatorie, imbarazzanti.
Cominciamo da Mieli, direttore della scuola dalla fondazione, che dopo dodici anni rimane una presenza fantasma e un corpo estraneo. Alla domanda sulla bocciatura dei candidati risponde parlando della grande severità del master napoletano. Chiarito che le bocciature non erano state decise dai docenti del Suor Orsola, ma riguardavano gli allievi del master agli esami, ha detto che non ne sapeva niente; del resto ad appena dieci mesi dalla strage agli esami non c’era stato ancora il tempo di informarlo dei risultati. Ha però chiesto notizie sulle bocciature dei bienni precedenti. C’è da aggiungere un dettaglio: il convegno si svolgeva nella ‘sala degli Angeli’, lo spazio di rappresentanza dell’istituto universitario, ma Mieli dopo dodici anni di direzione, non sa ancora dove si trova e ha avuto bisogno di una guida.
Una struttura rigorosa avrebbe già fatto un bilancio del suo contributo per capire quanto Mieli ha dato e quanto ha intascato fino ad oggi. Qui no, perché come specchietto per le allodole funziona.
E veniamo a un altro punto dolente: i soldi. Nel sito del master non c’è traccia del bilancio, le richieste di dati rimangono senza risposta, il rettore, supportato

Marco Demarco e Giuseppe Verdi (*)

dai suoi attendenti, si limita a dire che l’operazione è in perdita. Facciamo due conti: i 29 allievi del master in corso hanno pagato 14mila quattrocento euro per un incasso di 417mila seicento euro. Una somma considerevole dal momento che c’è da

pagare soltanto giornalisti pensionati o, nella gran parte dei casi, occupati in altre aziende editoriali. Vediamo i componenti dello staff del master: il pensionato Rai Pierluigi Camilli, coordinatore del laboratorio di giornalismo televisivo; Marco Demarco, ex direttore del Corriere del Mezzogiorno, in pensione da febbraio, da un mese direttore delle testate della scuola; ben cinque tutor: il ‘coordinatore scientifico’ Arturo Lando e i coordinatori della redazione Alfredo D’Agnese, Carla Mannelli, Alessandra Origo, il giornalista Rai Guido Pocobelli Ragosta. L’elenco dei docenti e delle materie di insegnamento prima era in rete, oggi non c’è più. E sulla trasparenza dei conti e dei  professori è forse necessario un intervento dell’Ordine nazionale perché le scuole non sono nate come business chiusi o privati.
Passiamo alle risposte del rettore. Sulla responsabilità per le bocciature l’incipit è sorprendente: “noi abbiamo fatto un buon lavoro”. Poi corregge il tiro e individua tre cause. La prima: anche ai bravi può capitare di non superare un esame e cita il caso di Giuseppe Verdi non ammesso al conservatorio di Milano. È però difficile immaginare quattordici Verdi tra i respinti dello scorso febbraio.
La seconda causa: “forse abbiamo spostato gli allievi troppo in avanti concentrando il lavoro sulle nuove tecnologie, una scelta che li ha messi in difficoltà davanti a un esame di tipo tradizionale. Ma stiamo rimediando facendo sostenere ogni settimana le prove che dovranno affrontare agli esami”.
La terza: “i ragazzi arrivano da una scuola completamente scassata e hanno livelli di preparazione molto modesti”. C’è però un dettaglio che D’Alessandro trascura: per essere ammessi al master gli aspiranti giornalisti devono avere una laurea e sostenere un esame che, se non si limita a verificare

che l’assegno per l’iscrizione sia coperto, dovrebbe consentire al Suor Orsola di non iscrivere chi ha vuoti non colmabili.
Passiamo alla seconda e ultima

Alfredo D'Agnese e Arturo Lando

domanda. Tutti gli allievi che non hanno superato l’esame neanche alla terza prova per la legge istituiva dell’Ordine dovranno ripetere i diciotto mesi di praticantato. Su questo punto il presidente dell’Ordine nazionale è stato chiarissimo e ha anche ricordato che la decisione è di competenza dell’Ordine regionale. Poiché sono tanti i ripetenti, se qualcuno di loro chiede la restituzione delle quote o almeno la possibilità di rifare gratis il praticantato le che fa?. “È un problema che fino ad oggi non mi sono posto. E del resto chi va da un chirurgo non gli chiede certezze sull’intervento”.


(*) Da www.wikipedia.org