Galera ai cronisti,
Conte è favorevole

IL 17 APRILE la Corte costituzionale, presieduta da Marta Cartabia, ha annunciato il rinvio delle udienze fissate per il 21 e il 22 aprile relative alle ordinanze dei tribunali di Salerno e di Bari-Modugno che ritenevano illegittimo il carcere per i giornalisti condannati per diffamazione aggravata commessa a mezzo stampa. Tre le parti costituite in giudizio: l’avvocato Giancarlo Visone del Sindacato dei giornalisti campani che assiste l’ex collaboratore del Roma Pasquale Napolitano e il direttore Antonio Sasso; per la presidenza del consiglio i legali

Maurizio Greco e Salvatore Faraci dell’Avvocatura dello Stato; l’Ordine nazionale dei giornalisti, che si è costituito nello scorso febbraio con l'avvocato Giuseppe Vitiello. E va ricordato che la questione di legittimità è partita da

Giancarlo Visone e Giuseppe Vitiello

un’iniziativa del Sugc, il sindacato dei giornalisti campani, attraverso l’avvocato Visone ed è stata accolta e girata alla Corte costituzionale con una ordinanza del 9 aprile 2019 dal giudice Giovanni Rossi, della seconda sezione penale del tribunale di Salerno.
Ma torniamo alla Consulta. La Corte aveva proposto di discutere la questione, affidata al relatore Francesco Viganò, in camera di consiglio, cioè a porte chiuse. Si è opposto l’Ordine nazionale, rendendo inevitabile il rinvio. Va detto che, almeno in questo caso, la scelta dell'Ordine è da condividere perché l’argomento che si trascina da molti anni è di tale importanza da meritare una discussione a riflettori accesi perché sui giornalisti condannati per diffamazione c’è da registrare un silenzio sorprendente. Un silenzio che ha consentito al presidente del consiglio Giuseppe Conte di schierare davanti alla Consulta addirittura due legali dell’Avvocatura per chiedere la conferma delle norme (articolo 595 del codice penale e l’articolo 13 della legge sulla stampa numero 47 dell’8 febbraio 1948) che prevedono la galera per i giornalisti.
Non è ben chiaro cosa c’è dietro la decisione dell'inquilino di Palazzo Chigi. “C’è da interrogarsi - scrive l’avvocato Andrea Di Pietro, coordinatore dell’assistenza legale gratuita dell’associazione Ossigeno per l’informazione – sul perché l’Avvocatura dello Stato abbia scelto una posizione che appare incurante non soltanto della volontà del

Pasquale Napolitano e Alessandro Sallusti

parlamento italiano, ma anche degli ultimi governi in carica, dell’opinione pubblica tutta e soprattutto dei continui richiami della Corte europea dei diritti umani”.
E Di Pietro insiste sul tribunale di Strasburgo: “sin dal 1996 (con la

sentenza Cumpana e Mazare contro Romania) la Corte europea invita gli Stati membri a rimuovere le norme che prevedono il carcere per i giornalisti perché in contrasto con l’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti umani. Successivamente ci sono state la sentenza Belpietro del 2013 e poi la sentenza Sallusti del 7 marzo 2019. Queste due ultime pronunce, ancora una volta, hanno condannato l’Italia per violazione dell’articolo 10. Nonostante l’univoca e costante giurisprudenza europea, sempre critica nei confronti delle norme italiane sul carcere per i giornalisti, il legislatore non è mai riuscito ad approvare una legge abrogativa di quelle norme”.
È giunto il momento che Conte faccia davvero chiarezza e spieghi la scelta di mandare in galera i giornalisti condannati per diffamazione.