Manette ai giornalisti,
si decide in primavera

NELLA PROSSIMA primavera la Corte costituzionale dovrebbe pronunciarsi sulle norme che prevedono la galera per i giornalisti condannati per diffamazione. La questione è stata sollevata con una ordinanza del 9 aprile inviata alla Consulta dal giudice della seconda sezione penale del tribunale di Salerno Giovanni Rossi.
Al magistrato l’eccezione di legittimità costituzionale è stata presentata dall’avvocato Giancarlo Visone, legale del Sindacato dei giornalisti campani, che assiste Pasquale Napolitano ex collaboratore del Roma a giudizio per diffamazione aggravata insieme al direttore della testata.
Per percorrere 250 chilometri, da Salerno a Roma, l’ordinanza ha impiegato molti mesi e questi ritardi sono una costante dei tribunali italiani, nonostante i grandi progressi tecnologici registrati negli ultimi

anni. Basti pensare al processo telematico e alla posta elettronica certificata. Senza contare che le norme che regolano l’attività della Corte costituzionale prevedeno che, qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla

Pasquale Napolitano e Giancarlo Visone

risoluzione della questione di legittimità costituzionale o il giudice non ritenga la questione sollevata manifestamente infondata, “l’autorità giurisdizionale dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso”.
Per ‘controllare’ i tempi delle ordinanze il Sindacato dei cronisti romani, con il suo presidente Pierluigi Roesler Franz, ha realizzato un’indagine certosina sugli atti arrivati a palazzo della Consulta dall’agosto 2018 all’agosto 2019 e i dati emersi sono davvero preoccupanti.
Sulla base dei ritardi emersi Roesler Franz chiede al presidente della Corte costituzionale Giorgio Lattanzi di sollecitare interventi immediati del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, del Consiglio superiore della magistratura, del primo presidente e del procuratore generale della Cassazione. Il presidente dei cronisti romani elenca una lunga serie di casi. Citiamo soltanto due esempi. Un’ordinanza inviata dal giudice unico del tribunale di Rossano il 6 febbraio 2008 ha impiegato undici anni e quattro mesi per arrivare a Roma. Un’altra spedita dalla Commissione tributaria provinciale di Genova il primo aprile del 2009 è arrivata dopo dieci anni e due mesi.
Al confronto i molti mesi che sono stati necessari per l’ordinanza di Salerno potrebbe sembrare poca cosa. Non è così. Infatti l’arrivo in ritardo non ha consentito di calendarizzare per l’autunno la questione 'manette' e, poiché il presidente Giorgio Lattanzi il 9 dicembre conclude i suoi nove anni alla Corte e bisognerà attendere l’elezione del suo successore, se ne parlerà quindi nella prossima primavera.
Ma non basta. “Nell’inchiesta - scrive Roesler Franz - è emerso che ci sono cancellerie di tribunali che confondono addirittura la Corte costituzionale che ha sede a Roma in piazza del Quirinale 41 con la Corte di cassazione che ha sede sempre a Roma ma al ‘Palazzaccio’ di piazza Cavour”. E la cancelleria ‘distratta’ pare sia proprio quella di Salerno. Se così dovesse essere sarebbe opportuno che il responsabile del tribunale chiarisse come è accaduto lo scambio di indirizzi.