spesso sottovalutato che non consente ai 15 giudici costituzionali di esaminare un'ordinanza della magistratura finché non si completano tutti gli adempimenti previsti dall'art. 23 della legge n. 87 del 1953. Ciò infatti impedisce ad un'ordinanza di essere registrata nella cancelleria della Consulta e anche di essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Insomma, per un'incuria sostanzialmente burocratica, queste ordinanze finiscono per lungo tempo come se non fossero mai esistite in una sorta di "limbo" o "terra di nessuno" senza che se ne sappia più nulla e soprattutto senza che la Corte Costituzionale possa decidere nulla.
Di fronte ad una palese violazione di legge, come questa, il Presidente della Corte Costituzionale - anche a seguito di notizie riportate da giornali, radio, tv, internet e agenzie di stampa o su segnalazione di articoli che descrivessero l'inefficienza o comunque l'incuria di alcuni uffici giudiziari almeno su questioni come queste - dovrebbe quindi sollecitare il Ministro della Giustizia, il Consiglio Superiore della Magistratura, il Primo Presidente della Cassazione e il Procuratore Generale della Cassazione ad emanare al più presto una circolare a tutti gli uffici giudiziari affinché le cancellerie e le segreterie interessate sotto il controllo degli stessi giudici che abbiano sollevato eccezioni di incostituzionalità provvedano con precedenza assoluta al rigoroso rispetto dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, utilizzando per le notifiche anche la PEC per accelerare al massimo i tempi, come avviene da tempo nel processo telematico (vedere sentenza Corte Costituzionale n. 75 del 2019), avvertendo, però, espressamente che i trasgressori potranno essere passibili di procedimenti disciplinari. Ciò in quanto con le attuali tecnologie tutti questi adempimenti previsti dalla legge si potrebbero definire anche in un solo giorno.
Nell'inchiesta è, tra l'altro, emerso che vi siano cancellerie di tribunali e segreterie di commissioni tributarie che non sappiano neppure a chi vanno inviati gli atti oppure confondano addirittura la Corte Costituzionale che ha sede a Roma in piazza del Quirinale 41 con la Corte Suprema di Cassazione che ha sede sempre a Roma, ma al "Palazzaccio" di piazza Cavour. E non sono neppure mancati rilievi e ‘tirate d'orecchie’ da parte della Consulta, come emerge dalla recente ordinanza n. 140 del 6 giugno 2019, redatta dal giudice costituzionale Luca Antonini, in cui si sottolinea che "le questioni sollevate in conseguenza di un anomalo ritardo nella trasmissione dell’ordinanza di rimessione da parte della segreteria della Commissione rimettente giungono (dopo oltre quattro anni) allo scrutinio di questa Corte". E vi è stato anche il caso emblematico di un'ordinanza (la n. 156 del 2018) inviata l'8 novembre 2017 dal Consiglio di Stato in sede consultiva che é stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 44 del 7 novembre 2018.