L'Assostampa denuncia
i vertici del Mattino spa

CONTINUA AD ARRICCHIRSI il palmarès di vertenze giudiziarie e di articoli 28 (la norma dello statuto dei lavoratori che sanziona le condotte antisindacali) di Francesco Gaetano Caltagirone e della sua équipe.
Il 13 novembre l’Associazione napoletana della stampa, presieduta da Gianni Ambrosino, ha denunciato alla magistratura per comportamento antisindacale

i vertici del Mattino (il presidente del Mattino spa Albino Majore, il direttore generale Massimo Garzilli, il responsabile del personale Raffaele del Noce) perché non riconoscono ai redattori la corta, cioè il giorno di riposo, nelle settimane in cui ci sono stati gli scioperi.
Il ricorso dell’Assostampa, presentato dall’avvocato Lucio

Francesco Caltagirone e Paolo Serventi Longhi

Giacomardo (il Mattino è assistito dall'avvocato Marcello De Luca Tamajo), è stato notificato il 18 e verrà discusso il 30 novembre, alle 13,30, davanti al giudice Fabrizio Amendola, napoletano, quarantatre anni, da quindici in magistratura.
Nel ricorso viene innanzitutto chiarito il difficile momento dei giornalisti italiani impegnati in un durissimo confronto con gli editori, che da oltre seicento giorni rifiutano nei fatti di avviare le trattative per rinnovare il contratto di lavoro. In questa situazione incandescente i dirigenti del Mattino hanno sottratto dalla busta paga di settembre e di ottobre un terzo giorno di lavoro per gli scioperi del 29 e 30 settembre e del 5 e 6 ottobre, o in alternativa hanno costretto chi ha scioperato a utilizzare un giorno di ferie. Una decisione inaccettabile perché, è scritto nel ricorso, “la partecipazione agli scioperi non può e non deve conoscere ostacoli, in particolare da parte del datore di lavoro, attesa la rilevanza costituzionale di tale diritto”. Invece con questa mossa “illegittima” l’azienda ottiene il doppio risultato di rendere più onerosi gli scioperi già fatti e


Gianni Ambrosino e Massimo Garzilli

pone i redattori nella condizione di dover valutare con ancora maggiore attenzione la partecipazione agli scioperi già annunciati dalla Fnsi.
Ma, continua l'avvocato della Napoletana, il comportamento del Mattino lede “in maniera illegittima, ed è cosa ancor più grave, i diritti sindacali e le prerogative della organizzazione sindacale ricorrente

(l’Associazione napoletana della stampa, ndr), la quale, soprattutto in vista degli scioperi futuri dovrà chiarire ai singoli giornalisti che il sacrificio economico da sopportare non sarà corrispondente ai soli giorni di sciopero ma, per una errata ed ingiustificabile applicazione del contratto di lavoro, sarà maggiore e comprensivo anche del giorno di riposo settimanale, con gravissimo rischio di veder ridotte il numero delle adesioni allo sciopero.
Pertanto, il comportamento posto in essere dalla Società convenuta (il Mattino, ndr) deve considerarsi oltre che contra - legem anche palesemente discriminatorio e antisindacale nei confronti dell’Associazione sindacale ricorrente (l’Assostampa, ndr), con violazione dei più elementari diritti al proselitismo ed all’azione sindacale in genere, nonché tale da impedire, oggettivamente, la libera informazione ed il confronto tra tutti gli appartenenti alla comunità di lavoro ed idoneo, tra l’altro, a predeterminare arbitrariamente

la stessa platea di aderenti allo sciopero, atteso che chi non è disposto a ‘perdere’ un giorno dal monte ferie e/o permessi e, ancor più, vedersi sottrarre una ulteriore giornata di retribuzione, è ‘costretto’ a non aderire allo sciopero per evitare i descritti danni economici”.
A conferma delle loro tesi i dirigenti del sindacato citano una


Raffaele Del Noce e Francesco Romanetti

sentenza del 2004 del tribunale del lavoro di Bologna, nella quale viene chiarito che la cosiddetta settimana corta “è semplicemente un’articolazione del rapporto di lavoro e non un beneficio che matura progressivamente in forza delle giornate lavorative svolte”, sottolineando che, in relazione a assenze per l’espletamento di incarichi sindacali, “l’assenza del dipendente per tali motivi è pattiziamente equiparata alla presenza a tutti gli effetti, e solo la norma contrattuale può prevedere deroghe a tale principio”. Il tribunale di Bologna ha quindi definitivamente sgombrato il campo da ogni possibile equivoco, ribadendo che, come appare naturale dalla semplice lettura del contratto, il diritto alla settimana corta prescinde dal numero dei giorni lavorati, trovando quale unica eccezione il periodo di ferie effettivamente godute.
Sulla stessa linea il parere che, in varie occasioni, ha fornito Giancarlo Tartaglia, direttore della Federazione nazionale della stampa, per rintuzzare


Enzo Ciaccio e Enzo Colimoro

le forzature di alcuni editori.
C’è poi un elemento, sottolineato con forza nel ricorso, che evidenzia la volontà di colpire in particolare i redattori del Mattino, considerato ventre molle del gruppo Caltagirone (gli altri quotidiani controllati sono Messaggero, Gazzettino, Corriere Adriatico e Quotidiano di Puglia) e quindi campo di battaglia ideale

per sperimentare nuovi assalti contro giornalisti e sindacato: “nell’ambito del Gruppo Editoriale, facente capo allo stesso editore (Caltagirone), ed in particolare per quanto attiene il quotidiano di Roma “Il Messaggero”, tale anomala interpretazione del contratto e, di conseguenza, il descritto comportamento antisindacale, non ha avuto luogo, risultando pacifico il riconoscimento in favore dei giornalisti addetti a quel quotidiano –  per gli stessi giorni di sciopero osservati dai giornalisti de “Il Mattino” ! – del normale riposo settimanale (cosiddetta corta), come maturato nella settimana lavorativa interessata dagli stessi scioperi”.
Pertanto, sostiene il legale dell’Assostampa, il comportamento dei dirigenti del Mattino viola anche il “principio di parità di trattamento, tenuto conto che i giornalisti del Messaggero che aderiscono allo sciopero, pur rientrando nell’ambito dello stesso Gruppo Editoriale, hanno maggiori possibilità di

svolgere l’attività sindacale e contribuire alle azioni di lotta sindacale rispetto ai colleghi del Mattino”.
Il ricorso si chiude con le richieste indirizzate dall’Assostampa al giudice Amendola: “dichiarare antisindacale, discriminatorio e contra - legem il comportamento


Giancarlo Tartaglia e Federico Pirro

posto in essere dalla Spa Il Mattino”; di conseguenza ordinarle “di revocare immediatamente le disposizioni ed i comportamenti adottati in occasione degli scioperi indetti dalla Fnsi per i giorni 29 e 30 settembre nonché 5 e 6 ottobre 2006, nell’ambito delle trattative per il rinnovo del contratto di lavoro, e di astenersi per il futuro da analoghe iniziative volte a condizionare la libera partecipazione dei giornalisti agli scioperi e/o alle manifestazioni sindacali, attesa la particolare importanza di dette astensioni nell'ambito della trattativa per il rinnovo del contratto di lavoro”; inoltre “condannare la Spa Il Mattino a pubblicare, sui quotidiani Il Mattino, La Repubblica edizione Napoli, Corriere del Mezzogiorno e Roma, copia e/o estratto dell’emanando decreto ex articolo 28 della legge 300 del 1970 del Giudice Unico del Lavoro di Napoli, attesa l’efficacia riparatoria e di reintegrazione degli effetti in ordine al proselitismo sindacale di tale pubblicazione” e “condannare la Spa Il Mattino al pagamento delle spese processuali”.
Per il giudizio il sindacato ha schierato cinque testimoni: il segretario generale e


Roberto Guido e Felice Salvati

il direttore della Fnsi, Paolo Serventi Longhi e Giancarlo Tartaglia; il segretario della Napoletana, Enzo Colimoro; i giornalisti del Mattino Enzo Ciaccio e Francesco Romanetti, che con Ambrosino compongono il comitato di redazione.
L’editore siculo-romano Caltagirone e il suo staff hanno già incassato in Puglia due denunce

per attività antisindacale; una si è conclusa con la condanna definitiva dell’editore, mentre la seconda venne lasciata cadere perché era venuto meno il motivo dell’azione sindacale.
Il primo 28 scattò al momento dell’acquisizione del Quotidiano di Lecce da parte del gruppo Caltagirone attraverso l’Alfa Editoriale, che prese la testata, ma nel passaggio tra le dimissioni e le riassunzioni dei giornalisti ne lasciò fuori otto; tra questi Roberto Guido, vice presidente vicario del sindacato regionale. L’Assostampa pugliese, allora presieduta da Federico Pirro, si rivolse alla magistratura e il 30 marzo 2002 il giudice del tribunale di Lecce Ada Colluto condannò l’Alfa Editoriale per “attività antisindacale”. Il secondo 28 (al vertice del sindacato regionale c’era l’attuale presidente, Felice Salvati) venne presentato quando il Quotidiano aprì una redazione a Bari dove intendeva ‘deportare’ gli otto indesiderabili; il sindacato si aggiudicò il primo round, l’Alfa il secondo, ma non ci fu tempo per l’appello perché la

sede di Bari venne chiusa.
Su Roma, per il Messaggero e per Caltanet, il portale del Gruppo Caltagirone, il sindacato non ha mai presentato denunce per attività antisindacale, ma ha dovuto minacciarle spesso. “Per il Messaggero - ricorda Silvia Garambois, dal 2001 segretaria di Stampa romana – in giudizio abbiamo fatto due interventi ad


Corrado Giustiniani e Fabio Morabito
adiuvandum per contrastare i trasferimenti coatti di Fabio Morabito (cdr in carica con Corrado Giustiniani e Fiorella Iannucci, ndr) e Umberto La Rocca. A Caltanet il 28 era tecnicamente impossibile perché i redattori erano assunti con contratto da metalmeccanici, ma hanno tutti ottenuto dal magistrato del lavoro il riconoscimento dello status di giornalisti. Vista però la crescente aggressività sindacale degli uomini di Caltagirone è necessario fare due passi in avanti: il coordinamento dei comitati di redazione dei cinque quotidiani del gruppo è di fatto nato agli Stati generali di metà novembre; nell’ultima giunta della Fnsi ho proposto, d'intesa con Ambrosino, di organizzare in tempi brevi a Napoli una manifestazione sul Gruppo Caltagirone, che sarà anche il battesimo del coordinamento tra le Associazioni della stampa veneta, marchigiana, pugliese, napoletana e romana”.