Scuola di giornalismo,
deciderà Tommasetti

TOCCHERÀ AL NUOVO rettore dell’università di Fisciano Aurelio Tommasetti, che si insedia il primo novembre, decidere se seppellire la scuola di giornalismo o cercare di farla tornare in vita.
Nata nel novembre del 2006 per iniziativa dei docenti Emilio D’Agostino e Annibale Elia, la scuola si è giovata della presenza forte di Biagio Agnes, direttore generale della Rai dal 1982 al 1990, scomparso nel maggio 2011, che aveva l’incarico di direttore responsabile, mentre il coordinamento dei corsi era affidato a Giuseppe Blasi, fino al 2003 capo dei servizi giornalistici

della Rai partenopea. Dopo tre bienni, nel 2012 il corso non è partito: la convenzione con l’Ordine nazionale dei giornalisti stabilisce che ai corsi devono partecipare venticinque iscritti, ma le domande di partecipazione alla selezione si sono fermate a


Emilio D'Agostino e Annibale Elia

venti. Improbabile che il bando venga riproposto a breve, mentre c’è ottimismo per una ripartenza nell’autunno 2014. E sarà una ripartenza che più che guardare al giornalismo di oggi, si concentrerà sul giornalismo di domani.
“L’impostazione del nuovo biennio – annuncia Annibale Elia, direttore del dipartimento di Scienze politiche, sociali e della comunicazione dell’università di Fisciano -  si muoverà lungo tre assi. Il primo è superare la centralità degli strumenti di carta per formare operatori in grado di scrivere per tutti i formati, privilegiando gli elettronici. Il secondo è insistere sui dati e sulle statistiche, fornendo ai nuovi giornalisti gli strumenti per nuotare nel mare di numeri e di notizie che la rete mette a disposizione, e inquadrare geograficamente l’argomento che si sta trattando (a giugno il Mattino on line ha piazzato Singapore in Cina, vicino Pechino, ndr); passeremo così dall’approssimazione al rigore. Il terzo è stimolare l’inchiesta, quindi un approfondimento documentato e articolato sui temi affrontati”.
Per Elia è necessario infine un altro pilastro: “alle spalle dei tre assi c’è il punto fermo della conoscenza professionale della lingua inglese, meglio se arricchita da una seconda lingua, in modo da preparare giornalisti in grado di lavorare in qualsiasi parte del mondo. Una scuola così organizzata ci consentirà di passare dal giornalista-artigiano al giornalista-ingegnere del web”.