I necrologi
dell'Ordine

IN ASSENZA di iniziative forti sulla crisi profonda che vive l’editoria della Campania, sui licenziamenti o sulle assunzioni lottizzate, sulle violazioni deontologiche di operatori dell’informazione, i consumatori di quotidiani vedono schierata la squadra che governa l’Ordine dei giornalisti della Campania soltanto quando sul Mattino viene pubblicato il necrologio di

qualche professionista o pubblicista scomparso. Il rito più che al giornalista scomparso serve per elencare i nomi dei nove componenti dell’Ordine e dei tre membri del collegio dei revisori con un costo per ciascun necrologio, quando il testo è asciutto, di 470 euro.


Enzo Albano e Innocenzo Militerni

Ma su una platea che, tra professionisti e pubblicistici, in Campania si  avvicina ormai ai diecimila iscritti, come vengono scelti i defunti da ricordare? Conquistano le colonne del Mattino i giornalisti che hanno dato lustro alla professione? O chi ha un amico nel consiglio? Chi ha ricoperto incarichi negli organismi di categoria? I grandi elettori ossia i portatori di pacchetti di voti? Non si sa. Il presidente dell’Ordine campano Ottavio Lucarelli, come sempre quando c’è da prendere una posizione chiara su una questione grande o piccola che sia, non sa cosa dire e se la cava con un “no comment”.
Precisa invece la risposta che arriva da Franco Abruzzo, per diciotto anni presidente dell’Ordine della Lombardia. “Per i necrologi – dichiara a Iustitia – ci sono due aspetti da tener presente: i costi elevati e l’equità. Va fatto soltanto per Montanelli? E perché non farlo per il cronista meno noto che ha speso una vita nel giornalismo con impegno e rigore? Sarebbe una sperequazione grave, visto che i necrologi si pagano con i soldi di tutti gli iscritti. Pensavo e penso che per ricordare i giornalisti scomparsi vanno utilizzati gli spazi a disposizione dell’Ordine lombardo: il sito, il periodico Tabloid e la mail mensile che il presidente invia agli iscritti. In più quando


Franco Abruzzo e Ottavio Lucarelli

guidavo l'Ordine, per ricordare giornalisti di grande prestigio, rilasciavo una dichiarazione all'Ansa e alle altre agenzie”.
Ma perché Iustitia si occupa di necrologi?
Va innanzitutto fatta una premessa: anche per Iustitia vale il ‘parce sepulto’, il rispetto

assoluto di chi è scomparso. Diverso discorso va fatto per i  vivi che, in maniera consapevole o inconsapevole, utilizzano il nome e la memoria delle persone scomparse. La puntualizzazione vale ancora di più per l’Ordine dei giornalisti, che ha soltanto due compiti istituzionali: la vigilanza attenta e inflessibile sulla deontologia professionale degli iscritti e la tenuta degli albi.
E sul fronte dell’attenzione alla legalità, della deontologia e della trasparenza una garanzia dovrebbe venire dai pubblicisti che a giugno hanno esordito nel nuovo consiglio: Enzo Albano, presidente del tribunale di Torre Annunziata, e Innocenzo Militerni, ex magistrato, ora avvocato e docente universitario. 
Il 31 agosto muore il professore Raffaele Rosario Boccia. Il primo settembre sul Mattino compare il necrologio dell’Ordine: c’è l’elenco completo, con nomi e cognomi, dei dodici componenti di consiglio e collegio revisori (non bastava un semplice “l‘Ordine dei giornalisti della Campania”?), poi il nome del defunto, “Uomo e Collega valoroso che profuse tutte le sue

energie per la professione”.
Negli anni Ottanta e Novanta Boccia è stato un protagonista della cronaca giudiziaria campana per una serie di indagini relative soprattutto al Settembrini di Poggiomarino, istituto scolastico di sua


Filippo Beatrice e Maria Teresa Rotondaro
proprietà. Qualche flash. Delle sue vicende si è occupato un nugolo di magistrati del quale forniamo un elenco certamente incompleto: Ambrogi, Beatrice, Bonadies, De Lucia, De Masellis, Esposito, Iaselli, Laudati, Mancuso, Melillo, Miller, Pennasilico, Rotondaro, Spirito. E hanno scritto tutti i giornali, a cominciare dai nazionali, come Corriere della sera e Repubblica, per passare ai quotidiani regionali e chiudere con i locali. Dal 1991 al 1998 l’agenzia Ansa ha dedicato ventitre lanci a Boccia che il 14 luglio 1994 viene citato in una durissima interrogazione parlamentare (numero 3-02662) firmata dal deputato Giuseppe Gambale.
In difesa del necrologio si schiera convinto il vice presidente dell’Ordine campano Domenico Falco. “Abbiamo ricordato Boccia – spiega – per due motivi: era il padre di Antonio, componente del consiglio direttivo dell’Assostampa, e credo che per tutti valga il diritto all’oblìo”. Ma quali sono i limiti del diritto all’oblìo in un tempo e in una realtà che esige invece uno sforzo straordinario e consapevole di memoria?
Per avere una risposta può essere utile recuperare anche soltanto un dato tra le centinaia delle complesse vicende del titolare del Settembrini, nella cui rete di rapporti rimasero impigliati ministri della Pubblica istruzione, provveditori,


Domenico Falco, Salvatore Maffei e Vittorio Sbordone

dirigenti ministeriali e decine di docenti.
Quando dalle indagini della magistratura emerse che tra le migliaia di studenti provenienti da ogni parte d’Italia e anche dall’estero che avevano conseguito il diploma nel suo istituto c’erano la maestra Rosetta Cutolo,

promossa con sessanta sessantesimi, e il ragioniere Ernesto Bardellino, fratello del boss Antonio, la notizia venne pubblicata con grande rilievo da tutti i quotidiani italiani. Boccia reagì alla campagna di stampa querelando il giornalista Salvatore Maffei in cinque città: a Bologna per gli articoli del Resto del Carlino, a Firenze (La Nazione), a Bari (La Gazzetta del Mezzogiorno), a Palerno (Giornale di Sicilia) e a Napoli (Il Giornale di Napoli). Maffei chiese e ottenne dal procuratore della Repubblica Vittorio Sbordone la riunione dei cinque procedimenti, che poi vennero archiviati.