Al Mattino è vincente
la tenacia di De Blasio

DOPO NOVE MESI di cassa integrazione, il due luglio Gianni De Blasio ha ripreso servizio alla redazione di Benevento del Mattino; un rientro ‘obbligato’ per l’azienda che altrimenti, durante lo stato di crisi, non avrebbe potuto far partire i contratti a termine (Davide Cerbone, Marilù Musto e Antonio Pisani) per coprire i vuoti che si sono creati a Napoli in cronaca.
Nato a Petare, sobborgo di Caracas, capitale del Venezuela, da genitori emigrati da Ceppaloni, sessant’anni il prossimo ottobre, professionista dal

1985, residenza a Ceppaloni, De Blasio fa parte del pacchetto di dieci unità da prepensionare durante i dodici mesi dello stato di crisi (8 ottobre 2012 – 7 ottobre 2013). Sono tutti già in pensione (Bruno Abbisogno, Teresa Bartoli, Nico De


Nico De Vincentiis e Enrico Marra

Vincentiis, Carla Di Napoli, Paola Di Pace, Annibale Discepolo, Toni Iavarone, Titti Marrone e Raffaele Schiavone), tranne De Blasio, determinato a rimanere al lavoro fino al raggiungimento del tetto dei contributi, dal momento che il prepensionamento è su base volontaria.
Per un uscente che resiste, ci sono due redattori decisi ad andare via: il capo della redazione sannita Lello Venezia e la cronista Daniela De Crescenzo, che già nello scorso autunno incontrarono Albino Majore, presidente e amministratore del Mattino spa, per dichiarare la loro disponibilità a lasciare il giornale. Ed entrambi compiono i cinquantotto anni prima della scadenza dello stato di crisi: Venezia il primo settembre, la seconda il due ottobre.
“In realtà – chiarisce De Blasio a Iustitia – io non ho nessuna intenzione di avviare un conflitto con l’azienda. Devo soltanto accertare che l’Inps mi accrediti i quindici anni da insegnante con i quali raggiungo quarantuno anni di contributi, così potrei andare in pensione senza utilizzare lo scivolo dello stato di crisi”. In questo modo si libererebbe una casella nell’elenco dei prepensionamenti che prevede sei esuberi su Napoli, uno su Avellino, uno su Salerno, tutti colpi messi a segno, e due su Benevento, dove è uscito soltanto


Bruno Abbisogno e Raffaele Schiavone

De Vincentiis, che, come l’ex capo della redazione sannita Enrico Marra pensionato un anno fa, ha mantenuto con il giornale un rapporto di collaborazione. “Con la situazione che si è creata – osserva Lello Venezia – potrei tranquillamente andare in pensione perché

vivere ad Avellino e lavorare a Benevento ha un costo alto non soltanto sul versante economico, che è per intero a mio carico. Non capisco la chiusura dell’azienda, ma mi amareggia soprattutto il silenzio del comitato di redazione (ne fanno parte Marisa La Penna, Riccardo Marassi, Adolfo Pappalardo, mentre il rappresentante delle sedi distaccate, dopo le dimissioni di Claudio Coluzzi, è Fulvio Scarlata che lavora a Napoli, ndr). Forse per il cdr chi sta per uscire dal giornale non va più considerato un redattore”.
I dirigenti del Mattino per ora tacciono, anche perché l’edizione di Benevento è la cenerentola del giornale e va avanti a colpi di soluzioni provvisorie. Oggi l’organico è formato dal capo servizio Venezia, che ogni giorno arriva da Avellino, da De Blasio e dal napoletano Cristiano Tarsia, segretario dell’Assostampa, traferito nell’ottobre 2012 con l’impegno dell’allora direttore Virman Cusenza di un rientro a via Chiatamone dopo un anno.

L’intera provincia di Benevento vale circa settemila copie di venduto quotidiano: il Mattino galleggia sotto le duemila copie, Il Sannio, che esce in tandem con Il Giornale della


Marisa La Penna e Cristiano Tarsia

famiglia Berlusconi, è sulle 1200, mentre il quotidiano irpino Ottopagine, da un anno sbarcato nel capoluogo sannita, è sulle mille copie.
Ma i piccoli cercano iniziative e promozioni per allargare la loro fettina di mercato; ad esempio, Ottopagine a chi presenta quindici bollini d’acquisto del quotidiano regala la maglia giallorossa del Benevento calcio presieduto dall’imprenditore del settore eolico Oreste Vigorito che è anche editore del giornale o con il bollino si può prendere un caffè a 50 centesimi. Il Mattino invece è fermo, anzi imbocca strade autolesionistiche: a Benevento il giornale si vende a un euro e venti centesimi, mentre, e non si sa perché, ad Avellino e Caserta costa ottanta centesimi.