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        | La Rai taglia i budgetdelle troupe per i tgr
 
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        | SE I TELESPETTATORI che  pagano il canone, anche se adesso il governo Meloni-Salvini-Tajani lo ha  ridotto a 70 euro l'anno, sapessero che il carrozzone Rai ormai fa fatica anche  a garantire le telecamere, le cosiddette troupe in appalto, che necessariamente  seguono i giornalisti televisivi per girare le immagini e registrare  interviste, forse andrebbero sotto le sedi della Rai con  i forconi. Tutto quello che riguarda la Rai è lo specchio del Paese, ma quello  che sta accadendo negli ultimi anni è una realtà che supera la fantasia.Il 23 ottobre con una mail riservata ai 43 giornalisti in organico il responsabile della redazione Rai  Campania, Oreste Lo Pomo, intima:  "Visti i report aggiornati vi  confermo che si rende necessaria e  urgente
 
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            |  una stretta sulle società d’appalto (le troupe, ndr) da oggi e fino a fine anno per poter rientrare  nel budget assegnatoci". La redazione non ci sta e il comitato di redazione, Luigi Carbone, Rino
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                | Alfredo Mantovano e Giorgia Meloni |  |  |  
        | Genovese, Fabio Forlano,  convoca un'assemblea per il giorno 27 ottobre che si conclude con un documento di protesta. "Le risorse assegnate  al telegiornale della Campania sono assolutamente insufficienti. La quantità di  notizie trattate quotidianamente e, spesso, il loro grado di complessità  richiedono un accurato approfondimento. La vastità geografica della regione, la  rilevanza mediatica di quanto accade a Napoli: dalla cronaca, alla cultura,  allo sport, rendono la Tgr Campania un riferimento anche per le testate  nazionali con richieste alla redazione di centinaia di servizi ogni anno,  collegamenti televisivi e radiofonici, fattori che impongono una concreta  revisione del budget per consentire ai giornalisti di poter svolgere il loro  lavoro correttamente, esercitando compiutamente la missione di servizio  pubblico nell’interesse dei cittadini e del loro diritto a essere informati.  L’assemblea si riserva di valutare forme di mobilitazione". Ovviamente nessuna redazione arriverà allo sciopero per questo, ma   almeno a parole i giornalisti  Rai si arrabbiano perché ogni anno più o  meno intorno al 2 novembre non c'è solo l'usanza di andare al cimitero a  visitare i defunti ma anche di ridurre al lumicino gli operatori esterni.
 Risultato? Oltre 40 giornalisti sono alla canna del gas, possono uscire poco  dalla redazione,  esclusivamente per seguire  ministri, sottosegretari, autorità varie, che vagano per la regione in cerca di  una tribuna. Oltre i pochi "fortunati" che fanno da  reggimicrofono al politico di turno e la obbligatoria copertura del fatto di  cronaca più importante del giorno, tutti gli altri sono accucciati in redazione  e si esercitano in mirabolanti articolesse che vengono poi montate su immagini  di archivio oppure su video di scarsissima qualità recapitati dall'esterno da  uffici stampa, forze dell'ordine, e chi più ne ha più ne metta.
 Il livello qualitativo delle immagini dei servizi messi in onda dal  tg Rai della Campania è imbarazzante, ma l'importante per l'azienda è  far quadrare i conti, se infatti risparmi sulle immagini puoi largheggiare sul  cachet dell'artista raccomandato, della trasmissione politicizzata o sugli  stipendi stratosferici di manager assunti dai potenti di turno.
 Negli ultimi anni per rimpinguare l'organico delle redazioni regionali sono  stati assunti con concorso decine di giornalisti, ma che fanno se
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                | Guido Crosetto e Matteo Piantedosi |  | sono rinchiusi  in redazione? Un tempo la Rai come la Bbc inglese aveva nel suo organico gli  operatori delle immagini per assecondare le necessità dell'informazione,  |  |  
        | poi  per la sagacia di manager-scienziati  nascosti a Viale Mazzini e nominati dalla politica, gli operatori costavano  troppo e non sono stati rimpiazzati una volta andati in pensione, così che la  produzione delle immagini è stata esternalizzata. Per le redazioni regionali  questi manager-scienziati hanno stabilito dei rigorosi tetti di spesa annuali  per i costi dell'informazione. Ma solo per l'informazione regionale, perché i  telegiornali nazionali e molti programmi di infotainment questo nodo scorsoio  non se lo vedono stringere intorno al collo, sono esentati, sforano secondo le  esigenze del tamburo quotidiano. Non sia mai la corazzata Tg1 non riuscisse a  inseguire l'ultimo dei peones del parlamento, allora sì che  scoppierebbe la levata di scudi del Palazzo. Per non  parlare degli sprechi. Quando la presidente del consiglio Giorgia Meloni è andata a Caivano dopo le  orribili violenze alle due cuginette, inaugurando una lunga sequela di ministri  (Matteo Piantedosi, Guido Crosetto e Andrea Abodi) e sottosegretari (come Alfredo Mantovano) che hanno fatto tappa fissa nel comune a nord di Napoli, a  seguirla in ogni spostamento c’erano fino a dieci troupe complete (operatore,  fonico e giornalista) per i tg nazionali e i programmi di rete della Rai, che  chissà perché non hanno limiti di budget.
 Il paradosso che annichilisce la giustificazione di una delle tasse più odiate  dagli italiani è che proprio nel contratto di servizio tra lo Stato e la Rai  che eleva l'informazione della tv di stato appunto a servizio pubblico,  l'informazione regionale rappresenta un caposaldo da tutelare e valorizzare,  perché il racconto dai territori è fondamentale per la conoscenza, la  consapevolezza, il diritto dei cittadini a essere informati. A fronte di quasi  un miliardo di euro l'anno che la Rai percepisce dal canone e da leggi ad hoc  per il finanziamento delle sue incombenze di bilancio, le redazioni regionali  stanno annegando sotto il peso di un'austerity che ha preso di mira la risorsa  immagini, strangolando la produzione giornalistica quotidiana. Se non fosse una  tragedia per i cittadini che pagano il canone sarebbe davvero una farsa, la  buffonata di un giornalismo televisivo spacciato di qualità e di servizio e  ogni giorno apparecchiato  con immagini che risalgono al cippo a Forcella.
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        | Citizen Kane |  
        
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