Tgr, Sant’Elia
lo stakanovista

A prima vista sembra una buona notizia: Edoardo Sant’Elia, giornalista della sede napoletana della Rai dal 1988, collaboratore fisso e poi redattore, sta producendo servizi con un ritmo a lui sconosciuto. Dal 9 giugno al 18 luglio ha firmato quattordici servizi, uno ogni tre giorni, una produzione straordinaria che di solito gli basta per incassare il lauto stipendio Rai per tre, quattro e a volte anche sei mesi. Mettiamo da parte il periodo di inattività pressoché totale a cavallo dell’emergenza Covid

19 e prendiamo un semestre a caso, dal settembre 2018 al febbraio 2019: i servizi sono stati in tutto 31, con una media di cinque al mese e punte di tre o addirittura di uno. Non si capisce allora perché i capi che si sono succeduti alla guida

Ernesto Mazzetti e Edoardo Sant’Elia

della redazione di via Marconi, da Ernesto Mazzetti che lo ha assunto nell’agosto del 1988 a Giuseppe Blasi, da Massimo Milone ad Antonello Perillo in carica dal febbraio 2013, gli hanno consentito un trentennio di 'semiattività' che è costato qualche milione di euro di stipendi a viale Mazzini.
Rimane da chiedersi come mai ora Sant’Elia sta lavorando con un ritmo quasi ‘normale’. Alla sede di Fuorigrotta non sanno dare spiegazioni. L’unica novità recente è la pubblicazione a fine maggio di un corsivo di Iustitia che ripercorre la carriera aziendale del figlio dell’ex procuratore della Repubblica di Napoli Alfredo Sant’Elia. Nel testo si evidenzia che in Rai tutto è possibile, ancora di più a Napoli, ma se un dirigente dell’azienda avesse esaminato con attenzione il curriculum del redattore che si autodefinisce “saggista e poeta” ma non giornalista avrebbe potuto avviare iniziative drastiche nei confronti dell’interessato e di Perillo.